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15 giugno 2022: la fine di Internet Explorer

Il 15 giugno 2022 sarà la fine di Internet Explorer. Daremo ufficialmente l’addio allo storico browser, e difficilmente ci saranno appassionati discorsi di commiato. Questo perché di fatto la vita del browser Microsoft è stata talmente lunga che le nuove generazioni nemmeno lo conoscono, mentre chi ha vissuto le prime fasi di questa epopea se ne dimentica ben volentieri. Eppure era questo il browser più utilizzato in assoluto a livello globale. Imposto dalla sua presenza dominante su Windows e da una spregiudicata presenza di “Compatibile con Internet Explorer” che lo rendeva una scelta obbligata.

Di fatto Il browser di Microsoft, un pezzo importante della storia di Internet, non riceverà più aggiornamenti e sarà messo in pensione.

Sarà abbandonato da Microsoft, la società che lo aveva sviluppato oltre 25 anni fa per il proprio sistema operativo Windows. Molte cose sono cambiate nel frattempo. L’avvento di Firefox, sentenze antitrust, la cavalcata di Chrome, fino alla nuova direzione intrapresa da Microsoft. Oggi, 25 anni dopo, Internet Explorer è utilizzato nell’1,68% dei casi a livello globale (0,99% in Italia).

Internet Explorer

Problemi di compatibilità

A causa delle numerose incompatibilità con le pagine web più moderne, Internet Explorer era diventato sempre meno rilevante e utilizzato dagli utenti.

Già nel 2019 Microsoft aveva preannunciato in modo chiaro le proprie intenzioni. Essendo giunto alla fine del proprio percorso, Internet Explorer sarebbe stato abbandonato in tempi brevi per lasciare definitivamente il posto al nuovo Microsoft Edge (basato su Chromium).

Si stima che oggi sia impiegato da meno dell’1% di chi naviga online. Rimane tuttavia ancora utilizzato in alcune aziende rimaste con vecchie versioni di Windows per problemi di compatibilità con i loro software.

A chi si trova in queste condizioni, Microsoft consiglia da tempo di utilizzare la modalità “Internet Explorer” disponibile in Edge. Questa modalità simula alcune funzionalità del browser destinato a essere ritirato tra circa un anno. La modalità sarà mantenuta almeno fino al 2029, offrendo alle aziende il tempo necessario per aggiornare i loro sistemi. Dal 15 giugno 2022 il browser non sarà più supportato e Microsoft impegnerà le proprie risorse soltanto su Edge.

problemi compatibilià IE

Edge

Un pezzo di IE rimarrà nel cuore di Edge grazie ad una modalità che assicura la retro compatibilità con i siti più datati. Questo aspetto di salvaguardia apprezzabile perché permetterà l’accesso ad informazioni di lunga data che rappresentano la memoria storica del Web.

Per indurre gli utenti a passare a Edge, lo scorso anno Microsoft aveva messo limitazioni all’utilizzo di Internet Explorer per accedere al suo servizio Teams e ora ha in programma qualcosa di analogo per la versione online di Office.

A partire dal 17 agosto di quest’anno, inoltre, Internet Explorer non sarà più indicato come compatibile per l’utilizzo di vari servizi Microsoft come OneDrive per salvare i file online e Outlook per la posta elettronica.

Edge

Explorer è stato per molti versi l’icona massima del Web degli anni ’90, ma fin dagli anni successivi ha lasciato dietro di sé uno strascico di brutti ricordi legati a impossibili compatibilità, pericolose falle zero-day, patch continue, navigazione lenta.

A travolgerlo sono state tutte le innovazioni che hanno affrontato i problemi che IE si portava appresso. Riversandoli purtroppo su milioni di navigatori in tutto il mondo. Ancora un anno su questa Terra, poi sarà soltanto un ricordo, un’icona, un artefatto di un’epoca ormai ampiamente superata.

Edge è disponibile su Windows dal 2015 e visto già all’epoca come un primo segnale della scelta di Microsoft di andare oltre Internet Explorer, definito in questi anni dalla stessa azienda come una “soluzione di compatibilità” più che un browser vero e proprio per l’uso quotidiano. Edge ha comunque faticato a ritagliarsi uno spazio in un mercato piuttosto affollato e dominato da Google con il suo Chrome.

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Come scoprire se le email inviate vengono lette

Ecco una breve guida dove spiegheremo come scoprire se vengono lette o meno le email inviate.

  • Rechiamoci sulla pagina del Chrome WebStore dedicata a MailTrack (http://bit.ly/chromemailtrack), clicchiamo sul pulsante Aggiungi e su quello Aggiungi estensione. Nella nuova scheda che si apre, premiamo sul pulsante per eseguire l’accesso all’account Google.
mailtrack
  • Tutte le email inviate a partire da questo momento saranno contrassegnate dal simbolo di una doppia spunta. Una spunta grigia e una verde indica “messaggio ricevuto”, mentre entrambe le spunte verdi indicano “messaggio aperto”.
gmail email lette
  • Unitamente alla visualizzazione delle spunte, a conferma dell’avvenuta lettura di un messaggio di posta elettronica riceveremo anche un’email da parte di MailTrack. Questa ci dirà che i destinatari hanno letto il messaggio inviato, con data e orario al seguito.
scoprire se le email inviate vengono lette

Sapere se un’email è stata letta con Gmail da mobile

Per questa funzione, puoi rivolgerti ad alcune app che sono davvero intuitive. Si possono usare gratuitamente per brevi periodi di prova o per periodi di tempo illimitati, ma con funzioni limitate. Ecco tutto in dettaglio.

email tracking android

Una delle migliori app che puoi utilizzare per sapere se un’email inviata con Gmail è stata effettivamente letta è Track – Email Tracking. Questo è un client di posta mobile disponibile per Android e iOS che integra una comoda feature che consente proprio di fare ciò. L’app è utilizzabile gratuitamente per 7 giorni. Al termine della trial, per continuare a utilizzare le funzioni di tracciamento dei messaggi, è necessario sottoscrivere uno dei piani d’abbonamento fra quelli disponibili, a partire da 19,99 dollari al mese.

Dopo aver installato e avviato Track sul tuo device, pigia sul bottone Activate track for free! situato al centro dello schermo, accedi al tuo account Google per collegare il client a Gmail e consenti all’app di accedere alle informazioni relative alla tua posta elettronica pigiando sul bottone Consenti. Dopodiché pigia sul bottone giallo Send test email to yourself se vuoi fare una prova inviando un’email a te stesso. Oppure pigia sul bottone Activate auto-tracking per attivare il monitoraggio automatico dei messaggi.

Per inviare un messaggio, fai tap sull’icona della matita situata in basso a destra per creare un nuovo messaggio e, nel modulo che compare, digita l’indirizzo email del destinatario dell’email che vuoi tracciare e pigia sul pulsante verde Prepare Tracked Email: a questo punto si aprirà in modo automatico il client predefinito sul tuo device dal quale puoi comporre il messaggio e inoltrarlo pigiando sul pulsante Invia. Una volta avrai composto e inviato l’email al destinatario, non appena questi la leggerà visualizzerai la dicitura READ in corrispondenza del messaggio inviato (nell’app di Track) e riceverai anche un’email di conferma in merito all’avvenuta lettura.

Mail Tracker (iOS)

mail tracker ios

Se usi un iPhone o un iPad, ti consiglio di provare anche Mail Tracker, un’app che imprime un watermark alle email inviate informando i destinatari delle stesse che sono tracciate, ma che in compenso può essere usata gratuitamente. Per rimuovere il watermark e per usufruire delle feature avanzate messe a disposizione dall’app, è necessario acquistare la sua versione completa, che costa 10,99 euro.

Dopo aver installato e avviato Mail Tracker sul tuo device, pigia sul pulsante Next per quattro volte di fila, premi poi sulla voce Consenti per abilitare le notifiche provenienti dall’app, fai tap sul bottone (+) collocato in alto a sinistra, digita nell’apposito campo di testo l’oggetto del messaggio che vuoi inviare e poi sul bottone Done.

A questo punto, si aprirà l’app Mail, il client installato “di serie” su iOS: non devi fare altro che pigiare prima sul campo di testo Cc: Ccn: Da:, poi sul campo di testo Da:selezionare l’account Gmail da utilizzare e, non appena sei pronto, inviare il messaggio pigiando sul pulsante Invia.

Non appena il destinatario leggerà il messaggio, riceverai una notifica sul tuo device e visualizzarai la dicitura Read Once (letto una volta) sotto l’oggetto del messaggio inviato (sempre dall’app di Mail Tracker).

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Problemi con Internet? Dieci consigli utili

Oggi parleremo di come affrontare una delle situazioni più comuni tra gli utenti: ripristino della rete. Internet nelle nostre case è ormai fondamentale quanto la stessa energie elettrica. La connessione ci permette infatti di lavorare in smart working, di seguire la didattica a distanza, guardare contenuti video tramite piattaforme di streaming, gaming, etc. Tuttavia, a casa come in ufficio, può capitare che Internet si blocchi, apparentemente senza un motivo.

I motivi possono essere tra i più disparati ed a volte addirittura nascosti (le limitazioni dei device, ad esempio, hanno portato in molti casi Google Meet al blocco durante le lezioni, ma quello che sembrava un problema di connettività era in realtà una mera lacuna legata ai requisiti hardware).

Tra le prime soluzioni che ci vengono in mente c’è sicuramente spegnere e riaccendere. Questa opzione è infatti immediata e perentoria, che può mettere in atto chiunque senza saper leggere né scrivere. Spesso e volentieri questa non risolve affatto, benché spegnere e riaccendere possa aiutare a ripristinare una situazione pregressa o a mettere da parte un qualche evento intervenuto ad ostacolo della connessione.

Problemi con Internet? 10 consigli utili

Abbiamo quindi stilato dieci consigli utili da tenere in considerazione quando si hanno problemi con Internet e non è facile comprendere e risolvere la causa del problema. Teniamo sempre a mente che la casistica è talmente ampia da non poter essere espletata certo in un decalogo di consigli. Tuttavia tra questi spunti è molto probabile che possa scaturire quello che porterà al ripristino della propria connettività.

10 consigli per ripristinare Internet

10 consigli per ripristinare la connessione
  1. Spegnere e riaccendere il router
    Soluzione ovvia ma non da scartare. Un problema di linea, ovvero di comunicazione con il proprio ISP (Internet Service Provider), potrebbe infatti essere la causa del malfunzionamento. Consigliamo allora di riavviare il router premendone il pulsante d’accensione e riaccendendolo dopo qualche minuto. Un ulteriore tentativo consiste nel disconnettere il dispositivo dall’alimentazione staccando la spina e riattaccandola dopo 2-3 minuti. Se al riavvio si notano problemi nell’accensione delle spie si può consultare il manuale del modem per valutare se vi siano guasti e, quindi, acquistarne uno nuovo o chiedere, qualora si rientrasse nei termini, accesso ad una riparazione in garanzia.
  2. Controllare la connessione con altri device
    Per stabilire la causa del malfunzionamento, si può provare a connettersi e navigare sia da un computer che da uno smartphone o tablet. Se la connessione non funziona per entrambi i dispositivi è molto probabile che il problema sia da attribuire al router o al fornitore della linea Internet. Se invece funziona solo con uno dei device è più probabile che il problema risieda nel dispositivo stesso. A questo punto si può tentare come prima cosa di riavviarlo.
  3. Controllare la ricezione del Wi-Fi
    Se la connessione risulta essere più forte nelle immediate vicinanze del router ma più debole o assente poco distante, prima di tutto si può tentare di cambiare la posizione del router. In secondo luogo è possibile installare degli amplificatori Wi-Fi per aumentare la portata del segnale.
  4. Verificare che la scheda di rete funzioni e sia aggiornata
    Per capire se il problema dipenda dal dispositivo si può verificare lo stato e il funzionamento della scheda di rete. Generalmente, questa operazione può essere fatta dalle impostazioni del computer, dove è possibile disattivarla e riattivarla. Nella gestione dispositivi di Windows si può inoltre verificare la presenza di nuovi driver della scheda e installare un aggiornamento. Allo stesso modo, su dispositivi Mac, tramite la funzione Aggiornamento Software si può verificare se siano disponibili correzioni per il sistema operativo. Qualora la scheda di rete fosse rotta o vecchia, una soluzione rapida potrebbe essere quella di acquistarne una nuova esterna che migliori la ricezione del wi-fi da parte del computer.
  5. Eseguire diagnosi della rete
    Sui sistemi Windows e Mac ci sono funzioni per eseguire una semplice diagnostica della rete che ricerchi e corregga autonomamente eventuali errori. Su Windows è sufficiente cliccare con il tasto destro del mouse sull’icona della connessione e poi sulla voce “Risoluzione dei problemi”. Su computer Mac si deve invece tenere premuto il tasto Opzione per poi cliccare sull’icona di stato del Wi-Fi nella barra del menù e scegliere l’opzione “Apri Diagnosi wireless”.
  6. Utilizzare un cavo ethernet o modificare il canale Wi-Fi del router
    Un ulteriore esperimento da fare per valutare se la rete funzioni correttamente è quello di collegare il router al computer direttamente con un cavo ethernet. Se così la connessione migliora o riprende a funzionare è molto probabile che ci siano problemi con la scheda di rete Wi-Fi oppure che vi siano interferenze nel segnale. In quest’ultimo caso, è possibile tentare di modificare il canale Wi-Fi del router. Per farlo è sufficiente inserire nella barra degli indirizzi del browser l’indirizzo IP del router, che solitamente corrisponde a 192.168.1.1. Accedere poi con le credenziali al menù di configurazione del dispositivo (nome utente e password si trovano o nella scatola d’acquisto o, tradizionalmente, per default corrispondono ad “admin” e “password”). Nelle impostazioni sarà a questo punto sufficiente cambiare il canale radio della banda di frequenza a 2.4 GHz (scegliendone uno tra 1, 6 e 11) e/o il canale radio della banda di frequenza a 5 GHz.
  7. Speed test
    Se tutto funziona a livello hardware, suggeriamo di verificare l’esatta velocità di connessione a Internet effettuando uno speed test, in grado di restituire sia la velocità di download che quella di upload. Più queste velocità sono alte, migliori sono le performance della rete.
  8. Cambiare i DNS
    Scegliere i migliori server DNS permette di semplificare la navigazione e aumentare la velocità. Tra i migliori disponibili, consigliamo di aggiungere nelle impostazioni del browser (nella sezione DNS) i seguenti codici: 8.8.8.8 e/o 8.8.8.1 che corrispondono ai DNS di Google.
  9. Svuotare la cache DNS
    Per ottimizzare i tempi di risoluzione dei DNS, i sistemi operativi come Windows e MacOS compilano su una piccola memoria gli indirizzi già visitati e quelli già risolti. Questa memoria è detta cache DNS. Sia per ragioni di sicurezza informatica che di risoluzione di problemi di navigazione può essere utile svuotare la cache DNS, ovvero cancellare i dati memorizzati.
  10. Capire se il router è adatto alle proprie necessità
    A esigenze diverse corrispondono dispositivi (e prezzi) differenti. Ad esempio per una casa in cui diverse persone in contemporanea si connettono saturando la linea e provocando di conseguenza continui cali di prestazioni. In questi casi potrebbe essere quindi opportuno valutare l’acquisto di un modem di fascia alta.
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FragAttack: Tutto il WiFi è vulnerabile? (dal 1997)

Tutto il WiFi è o perlomeno sembrerebbe vulnerabile dal 1997 a causa di un nuovo bug: “FragAttack”, scoperto da una serie di ricercatori.

FragAttack: Tutto il WiFi è vulnerabile? dal 1997
“Fragmentation Attack”, abbreviato in Frag Attack si manifesterebbero su tutti i dispositivi che usano il protocollo WiFi dal 1997.

Si chiama FragAttack (da “fragmentation and aggregation attacks“) e rappresenta l’insieme delle vulnerabilità che sono state scoperte da una serie di ricercatori, uno tra tutti il belga Mathy Vanhoef, nello standard WiFi.

Si manifesterebbero su tutti i dispositivi che usano il protocollo “Wi-Fi” dal 1997 (praticamente dal suo esordio). Vulnerabilità potenzialmente gravi e tali da compromettere dati e dispositivi. Questi FragAttack sfruttano le vulnerabilità dei dispositivi collegati ad una rete Wi-Fi per attaccarli e rubare loro le informazioni archiviate.

Permetterebbero quindi a un intruso di raccogliere informazioni sul proprietario di un dispositivo all’interno del suo raggio radio Wi-Fi. Tale vulnerabilità contiene una serie di attacchi, che permettono di attaccare il Wi-Fi con più di una modalità.

La frammentazione delle stesse apre ad ulteriori scenari di pericolo, tali da poter colpire anche reti sotto protezione WPA3. I Frag Attack sfruttano il modo in cui il WiFi “rompe” e riassembla i pacchetti di rete. Sono questi i momenti in cui è possibile intervenire sul codice introducendo dei contenuti dannosi.

In pratica la falla sfrutta difetti di progettazione dello standard WiFi e in altri casi usa errori nella programmazione dei dispositivi.

Il rischio maggiore è che, attraverso un Frag Attack, si possano effettuare attacchi ransomware come quello che il gruppo DarkSide ha condotto contro l’oleodotto Colonial negli USA. A peggiorare il tutto, anche il fatto che i dispositivi sono vulnerabili anche se i protocolli di sicurezza Wi-Fi, come la password WEP o WPA, sono attivi.

Come intervenire?

Un intervento massivo di correzione sarà pertanto giocoforza necessario ed ogni utente dovrà prestare attenzione all’aggiornamento dei propri smartphone, pc, router e smart device nei mesi a venire.

Fortunatamente sono molti gli elementi che portano a contenere la pericolosità del problema. I ricercatori ritengono che il pericolo sia limitato: per compiere effettivamente l’attacco bisogna che vi sia un’interazione con l’utente, e che l’hacker operi all’interno del segnale Wi-Fi stesso. Quindi come prevenire i FragAttack? Con un casino di patch.

Tuttavia il modo più efficiente per proteggersi è utilizzare solamente siti con protocollo HTTPS e aggiornare i propri dispositivi alle versioni più recenti del firmware. Bisogna inoltre assicurarsi che il proprio router stia criptando i dati e utilizzare una password complicata.

Infine, l’associazione WiFi Alliance rassicura gli utenti.

“Non ci sono prove delle vulnerabilità utilizzate contro gli utenti Wi-Fi in modo dannoso, e questi problemi sono mitigati attraverso aggiornamenti di routine del dispositivo che consentono il rilevamento di trasmissioni sospette.”

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Teams: registrazione automatica per le riunioni

In arrivo su Teams la registrazione automatica per le riunioni. Scopriamo questa nuova funzionalità insieme.

Non è ancora noto quando la nuova funzionalità verrà introdotta, se con il prossimo update, atteso entro il mese di maggio oppure più avanti. Ad ogni modo arriverà, come si legge in una conversazione sul forum riservato ai feedback degli utenti. Ad oggi gli utenti di Microsoft Teams non sono in grado di impostare il servizio affinché avvii la registrazione automatica degli incontri, a differenza di quanto avviene ormai da tempo ad esempio con il concorrente Zoom. Il gruppo di Redmond sta cercando di colmare la lacuna, come testimonia la conferma giunta in via ufficiale nei giorni scorsi.

Nota

La replica è giunta in seguito a una richiesta specifica, che riportiamo di seguito in forma tradotta.

risposta

Per ragioni legate alla tutela della privacy, continuerà ad essere mostrato un avviso come già accade.

registrazione teams riunioni

Per le registrazioni delle riunioni su Teams, in attesa della nuova caratteristica che permette di impostarla in automatico, riportiamo la guida per effettuarla manualmente.

registrazione automatica teams riunioni

I file generati sono salvati all’interno di OneDrive e SharePoint. Novità che può tornare utile a coloro che si trovano quotidianamente alle prese con meeting da remoto lavorando in smart working e alle classi ancora impegnate con le lezioni online della didattica a distanza.

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Gmail: introdotta l’etichetta “Esterni”

Dal blog ufficiale di Workspace l’annuncio di una nuova funzionalità che interessa Gmail, un’aggiunta prettamente grafica, ma potenzialmente utile per garantire una maggiore tutela delle informazioni scambiate in ambito aziendale. Google introduce così l’etichetta “Esterni” su Gmail, questa la novità presente nella suite Workspace.

Prima di parlare di Google Workspace, diamo un’occhiata a G Suite. Il servizio è partito nel 2016 come un modo per le aziende di utilizzare i servizi di Google sui propri domini, con un abbonamento mensile. Piuttosto che mantenere il proprio spazio di archiviazione di rete, il server di posta elettronica e altri vari strumenti, G Suite ha consentito alle aziende di utilizzare la suite di strumenti di collaborazione e produttività basata su cloud di Google come back-end della loro attività.

Google Workspace è un’evoluzione di G Suite. D’altronde, non è nemmeno il primo cambio di nome. Il servizio era originariamente chiamato “Google Apps per il tuo dominio”. Successivamente, è stato rinominato semplicemente “Google Apps”, prima di essere rinominato “G Suite” nel 2016.

Introdotta la nuova funzionalità all'interno della suite Workspace.

Destinatari esterni all’organizzazione

Esterni”, l’etichetta che Google ha introdotto in Gmail e l’avviso relativo alle risposte costituiscono un promemoria per gli utenti. Questa li invita a trattare i messaggi esterni con attenzione. E inoltre aiuta ad evitare la non intenzionale condivisione di informazioni confidenziali e private con destinatari esterni all’organizzazione.

Etichetta esterni introdotta in Gmail

Se proviamo a rispondere al messaggio compare un ulteriore avviso (diverso da quello mostrato in precedenza), anch’esso evidenziato da un colore che spicca all’interno dell’interfaccia, così da richiamare l’attenzione. Recita quanto segue, specificando tra le altre cose anche se il contatto non è presente nella rubrica.

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Ransomware: un antivirus non è sufficiente

Quando un antivirus non è sufficiente per questo tipo di malware, i ransomware appunto, le problematiche si fanno serie.

ransomware sono considerati le più aggressive e temibili forme di attacco informatico (malware); sicuramente è il sistema più utilizzato dai malintenzionati anche in considerazione delle conseguenze a cui può portare. La sicurezza e la gestione dei dati diventa quindi un argomento di vitale importanza. Secondo il rapporto Clusit 2021 gli attacchi ransomware sono il 67 % di tutti quelli effettuati: due su tre. Da un altro rapporto l’Italia si colloca al quarto posto in Europa per queste forme di attacco; a livello mondiale sono sempre gli Stati Uniti il paese più colpito.

dati ransomware sui paesi colpiti

Ransomware: cos’è?

I ransomware sono dei malware, cioè dei programmi dannosi che mettono a rischio l’integrità di un sistema. Agiscono limitando l’accesso del dispositivo che infetta estorcendo denaro per la rimozione di tale limitazione. Gli effetti di un attacco ransomware portato a termine possono essere tra i più devastanti per un’azienda o un ente pubblico. Improvvisamente, non riesce più ad avere accesso ai propri dati fino al punto di vedere paralizzata l’intera attività; un vero e proprio rapimento dei dati per i quali viene chiesto un riscatto (ransom in inglese). E in più a differenza dei sequestri di persona, spesso non si effettua nessun rilascio dei dati tenuti in ostaggio. C’è sempre il dubbio che i rapitori possano usare, o abbiamo già usato i dati, per finalità losche come ad esempio altri ricatti. Oppure venduti ad altri hacker o aziende che attraverso questo sistema si assicurano un database molto ben fornito.

L’attaccante in questi casi si rivela ben strutturato. Oltre a informare immediatamente la propria vittima, mette immediatamente a disposizione tutte le istruzioni per permettergli di pagare il riscatto in moneta virtuale, magari dopo una rapida trattativa. Il sistema più utilizzato per gli attacchi ransomware resta quello delle email di phishing. Inviate solitamente sfruttando sistemi di ingegneria sociale che preventivamente carpiscono la figura del destinatario o, più probabilmente, di un suo dipendente o anche di una segretaria. Agiscono indirizzando la navigazione su siti compromessi dagli hacker o appositamente creati per indurre in errore navigatori sempre più distratti. Famosi restano i casi dei ransomware denominati Wannacry e Criptolocker che hanno fatto non pochi danni in rete.

Prevenzione e Gestione

Per un’azienda questo è il fulcro del problema “ransomware”. Problematica questa che deve essere valutata da due diverse prospettive: prima del ransomware devono essere svolte attività preventive e, dopo l’attacco, con la predisposizione di tutte le procedure a livello non solo IT, ma anche per l’informativa al Garante e ai suoi utenti, i cui dati sono esposti al rischio di essere rivenduti o utilizzati in altri modi illeciti.

È possibile difendersi anticipatamente da un malware, ma oltre al software antivirus, non si può ignorare una formazione efficace per i proprietari e i dipendenti responsabili del trattamento dei dati, in modo da avere una comprensione dell’entità del rischio e rendere consapevoli delle possibili conseguenze. Inoltre bisogna specificare che ci potrebbero essere ripercussioni anche nell’ambito disciplinare. La gestione di una fase successiva è tuttavia un lavoro che deve purtroppo essere previsto e non deve limitarsi al solo recupero dei dati.

malware

Avere un backup o possedere copie di riserva dei dati in memorie esterne sono soluzioni aziendali, ma non possono essere di utilità quando si dovrà avvisare dell’accaduto il garante e la propria clientela, con l’immaginabile crollo di reputazione. Inutile dire che si tratta solo di “piccole falle” o che gli utenti non sono esposti a rischi in rapporto ai dati. Nominativi, utenze telefoniche, mail, molto probabilmente anche iban bancari e dati di carte saranno nelle mani di hacker e malintenzionati con pochi scrupoli. 

Pagare il riscatto potrebbe non essere la soluzione, ma soltanto l’inizio di altri problemi quali nuove richieste di estorsione di denaro e l’assoluta certezza che i dati e le informazioni potrebbero essere in ogni modo usati illegittimamente e, in ogni caso, potremmo non riappropriarcene. 

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Superlega: Tweet ironico di Google

Tweet ironico di Google sul tema della Superlega, con riferimento ad alcuni club in particolare.

Annunciata in pompa magna come una rivoluzione e miseramente cancellata meno di 48 ore dopo, la Superlega verrà ricordata come uno dei più grandi flop nella storia del calcio moderno. Se i 12 club fondatori andranno incontro a sanzioni o conseguenze per il loro golpe lo stabiliranno le autorità e le federazioni competenti. Quel che è certo per il momento è che si trovano a dover fare i conti con l’irrisione e l’ironia del mondo online. Tra coloro che non hanno risparmiato una frecciatina c’è anche Google.

Se anche Google prende in giro la Superlega

Il profilo ufficiale Twitter della divisione britannica ha pubblicato un post riferito ad Arsenal, Chelsea, Liverpool, Manchester City, Manchester United e Tottenham, senza citarle in modo diretto. Sono queste le sei squadre inglesi che, in barba a UEFA e Premier League, avevano inizialmente deciso di aderire al progetto. Salvo poi ritirarsi in tutta fretta anche a causa delle proteste che si sono scatenate nei giorni scorsi nel Regno Unito. Insieme a loro, tra gli altri club artefici del ripensamento ci sono anche Barcellona, Atletico Madrid, Inter, Juventus, Milan e Real Madrid (in ordine rigorosamente alfabetico).

Il tweet in questione, dallo stile volutamente ironico e pungente, nonché inconsueto per la comunicazione del colosso di Mountain View , fa riferimento alla funzionalità di Gmail. Funzionalità questa che permette di richiamare un messaggio in seguito all’invio.

tweet superlega di Google club
Tweet ironico di google club superlega

In realtà non si annulla l’invio. Semplicemente lo si posticipa rispetto a quando si esegue il click, offrendo così all’utente la possibilità di intervenire su un intervallo di tempo.

come si presenta la schermata della funzione Gmail.
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Tab Search: La nuova funzionalità di Chrome

Una nuova funzionalità di Chrome: Tab Search, di grande utilità. Specialmente se si utilizzano più schede contemporaneamente.

Avevamo già parlato in precedenza delle nuove funzionalità di Chrome, ad esempio, come raggruppare le tab. L’aggiornamento alla versione 90 di Chrome rilasciato la scorsa settimana per qualcuno ha comportato la comparsa, nell’angolo superiore destro dell’interfaccia, di una piccola icona circolare con una freccia che punta verso il basso. Di cosa si tratta? Della funzionalità Tab Search, ossia, ricerca tra le schede.

Ricerca tra le schede

È utile soprattutto per coloro che durante le lunghe sessioni trascorse online si trovano a dover fare i conti con un gran numero di schede aperte nel browser. Di fatto permette di eseguire una ricerca per trovarne immediatamente una specifica, senza doverle passare tutte in rassegna: basta specificare una parola chiave. Non tutti possono ancora fruirne, poiché il rollout è al momento limitato a una porzione di utenti. A dire il vero un modo per attivarla in modo forzato c’è.

Bisogna passare dai flag di Chrome. Questa schermata ci permette di accedere ad una sorta di menu attraverso il quale abbiamo la possibilità di attivare o disattivare delle funzioni sperimentali. Il primo step è quello che prevede di digitare “chrome://flags/” (senza virgolette) nella barra dell’indirizzo, per poi scrivere “tab search” nel campo di ricerca. Questa schermata ci permette di accedere ad una sorta di menu attraverso il quale abbiamo la possibilità di attivare o disattivare delle funzioni sperimentali. La voce corretta comparirà in automatico. Nel caso in cui non dovesse comparire è possibile aggiungere il plug in attraverso questo link.

La lista dei plugin attivabili di Chrome.
Aggiungere il plugin manualmente.

Una volta trovata la voce attiviamola cliccando su enabled.

Attivare la funzione tab search dai flag di Chrome.

Abbiamo così attivato la nostra funzione, che ci permetterà di risparmiare tempo e di muoverci facilmente all’interno delle nostre schede.

Funzione tab search attiva.

A questo punto muoversi ed effettuare ricerche all’interno delle varie tab è un gioco da ragazzi.

Chi non vuol avere a disposizione la nuova caratteristica, ovviamente, in Enable Tab Search deve scegliere la voce Disabled; scegliendo Default.

Disabilitare la funzione tab search.
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Come fare il backup di uno smartphone Android

Se il tuo vecchio cellulare ti sta dando forfait, eccome come fare il backup del tuo smartphone Android in poche mosse!

Il tuo smartphone ti sta abbandonando e vuoi sostituirlo con uno più recente, ma sei preoccupato di trasferire tutti i dati, foto, video, account sul nuovo? Oppure vuoi semplicemente mettere al sicuro tutto quello che hai per un eventuale ripristino del tuo telefonino? Niente paura basta fare un backup android e trasferirlo sul tuo nuovo smartphone.

Preparazione del backup dello smartphone

Questa guida è dedicata principalmente al backup degli smartphone Android.

Con il dispositivo che si sta utilizzando, collegato al proprio account di Gmail, è necessario cercare la parola “backup” fra le Impostazioni per arrivare a una schermata simile a quella che si vede qui sotto. Cliccando sull’interruttore in alto si autorizza un backup periodico di tutto il telefono su Google Drive, comprese ovviamente le app installate, che da quel momento in avanti avverrà automaticamente.

Chat, contatti, foto e video: come fare il backup di uno smartphone Android e vivere felici

Sempre da questa schermata si può decidere se consentire il backup solo quando si è sotto copertura wifi (scelta consigliata), o di effettuarne uno subito. Questo magari perché si è appunto pronti per passare al nuovo smartphone. La “copia” della memoria interna del telefono andrà a occupare parte del nostro spazio su Drive. Al momento, ogni account ha a disposizione 15 Gb nel cloud di Google. E’ presente poi una pagina specifica per sapere quanti se ne stanno utilizzando ed eventualmente acquistarne ulteriori.

Il piano “base”, quello da 19,99 euro l’anno, è più che sufficiente per la maggior parte degli utilizzi non professionali.

Attenzione: questo backup memorizza tutte le app presenti sul telefono, ma non la loro posizione sulle varie schermate. Quando lo si utilizzerà per configurare un nuovo telefono, sarà poi necessario riposizionarle dove si vuole, secondo le proprie preferenze e abitudini.

Fatto questo, si è abbastanza sicuri di non perdere nulla di importante, anche nel caso della caduta accidentale di cui si diceva all’inizio.

Backup di Whatsapp e Telegram

Fanno eccezione le due app di messaggistica per eccellenza suddette, che anche in questo sono piuttosto diverse fra loro. Telegram non ha necessità di backup, ma vi “riconoscerà” quando sarete passati al vostro nuovo smartphone. Tendenzialmente non dovreste perdere nulla, mentre con Whatsapp bisogna fare il backup se volete essere sicuri di ripristinare i messaggi di tutti i vostri contatti.

La procedura è piuttosto semplice.

Dopo aver aperto Whatsapp, si clicca in sequenza su Impostazioni, Chat, Backup delle chat e si arriva a una schermata simile a quella sottostante. Possiamo effettuare un backup immediatamente, scegliere ogni quanto farlo in maniera automatica (settimanalmente è più che sufficiente), se farlo solo sotto copertura wifi oppure no e se includere anche i video.

Chat, contatti, foto e video: come fare il backup di uno smartphone Android e vivere felici

Una volta attivato, anche il backup periodico di Whatsapp su Google Drive avviene in automatico. Quando invece lo si fa manualmente (di nuovo, perché si è pronti a passare dal telefono vecchio a quello appena comprato) risulterà essere uno dei passaggi più lenti di tutta la procedura. Non è colpa dell’app o dello smartphone, ma degli operatori di telefonia italiani, che continuano a offrire velocità di upload drasticamente inferiori a quelle di download.

Rubrica, foto e video

Non di minore importanza sono la copia della rubrica, delle immagini e dei video. Anche qui, il nostro consiglio è di affidarsi a Google e usare le app Contatti  e Foto, al seguente link.

Al primo utilizzo, Contatti chiederà (o dovrebbe chiedere) il permesso di accedere al contenuto della Rubrica dello smartphone.

Memorizzerà tutti i nominativi e tutte le informazioni relative, compresi gli indirizzi di posta elettronica. Da quel momento in poi, la userete come app predefinita per il salvataggio dei numeri di telefono (selezionando Sempre, quando vi verrà chiesto), al posto di quella magari già installata. Sarete così certi non solo di non perdere più nulla, ma pure di ritrovare tutto su ogni dispositivo su cui farete accesso con il vostro account Google.

In questo caso non serve impostare alcun backup del tuo smartphone Android. Viene salvato un nuovo numero di telefono e ne viene effettuata una copia nel cloud praticamente in tempo reale.

Chat, contatti, foto e video: come fare il backup di uno smartphone Android e vivere felici

Google Foto funziona in maniera simile. Al primo utilizzo chiederà il permesso di accedere alla Galleria dello smartphone e ne memorizzerà tutto il contenuto. Da quel momento in poi, si sostituirà all’app predefinita e ogni volta che scatterete una foto o girerete un video ne verrà creata una copia nel cloud. La ritroverete non solo sul vostro prossimo telefono, ma anche su ogni dispositivo su cui farete accesso con il vostro account Google.

Nel caso di Foto, il backup va attivato, cliccando prima su Impostazioni e poi su Backup e sincronizzazione (schermata più sopra), anche decidendo come farlo e su quali elementi.

Come fare il backup dello smartphone Android

E’ sempre consigliabile procedere con i backup automatici e periodici (del telefono, delle chat, della rubrica e delle immagini) in modo da essere al riparo da qualsiasi imprevisto.

Quando invece dobbiamo sostituire il nostro smartphone, sono fondamentalmente due i passaggi da seguire:
– prima il backup manuale dell’intero smartphone Android su Google Drive (che include anche Contatti e Foto);
– poi il backup manuale delle chat di Whatsapp (che poi si può disinstallare, così da non perdere nemmeno un messaggio).

Al primo accesso al nuovo smartphone, sarà sufficiente scegliere Ripristina dal Cloud per vederselo configurato come il precedente.

È vero che ormai molti produttori hanno app dedicate per il passaggio da un telefono all’altro, ma non sempre funzionano da una marca all’altra.

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