Alcuni aggiornamenti relativi a Windows 11 possono creare problemi al nostro computer e farlo andare in crash, vediamo quali.
Alcuni possessori di computer Lenovo, si sono lamentati del fatto che da dopo l’installazione di alcuni aggiornamenti in Windows 11, il computer cominciasse a fare le bizze. Nello specifico il pc andava in crash, un problema abbastanza grave.
Di fatto il computer va in blu screen ogni pochi minuti, indipendentemente da quello che si sta facendo, rendendo di fatto impossibile svolgere il proprio lavoro. Anche aggiornando tutti i driver, rimuovendo qualsiasi periferica USB, il problema sembra non risolversi. Perché?
Una periferica che da problemi
Il problema è abbastanza frequente su alcuni notebook di Lenovo ed è dovuto a un driver particolare: l’Intel Management Firmware. L’Intel Management Engine serve in ambito aziendale a favorire le operazioni di gestione dei singoli pc da remoto; è un componente incluso in ogni chipset Intel recente, e in ambito Windows per poter utilizzare questa tecnologia occorre installare un driver apposito, fornito a corredo della scheda madre insieme agli altri driver.
Questo driver tende infatti a mandare il computer in crash molto frequentemente rendendolo inutilizzabile. Per nostra fortuna esiste però una soluzione, anche abbastanza semplice per ovviare a questa situazione di disagio. Bisogna andare su Gestione Dispositivi digitando sulla barra della ricerca e a questo punto appariranno tutte le periferiche connesse al nostro pc (vedi figura), anche quelle più “sconosciute”. Cerchiamo la voce Intel Management Engine, che dovrebbe essere evidenziata da un punto esclamativo, proprio a indicarci che presenta delle problematiche da risolvere.
Periferica malfunzionante. Basta disabilitare l’Intel Management Engine Firmware per evitare i ripetuti crash dei notebook Lenovo con i recenti aggiornamenti di Windows 11.
Selezioniamo questa periferica, clicchiamoci sopra con il tasto destro e disabilitiamola. Successivamente, disinstalliamola. Riavviamo il computer e a questo punto dovrebbe funzionare tutto come prima e i crash saranno eliminati.
La casa di Redmond ha lanciato PC Manager, un’applicazione volta al miglioramento delle prestazioni del PC attraverso pulizia del disco rigido e ottimizzazione dei processi. Scopriamola.
Quante volte ci sarà capitato di utilizzare programmi come CCleaner per migliorare un po’ le prestazioni del nostro Personal Computer? Chiunque lo abbia fatto sarà felice di sapere che Microsoft ha ufficialmente rilasciato un programma creato appositamente per soddisfare tale richiesta. PC Manager, dopo diversi mesi di rodaggio all’interno del mercato cinese, è ufficialmente arrivato anche in occidente in lingua inglese.
Durante il corso degli anni, innumerevoli sono state le applicazioni e i programmi votati all’ottimizzazione delle risorse in ambiente Windows: dalla pulizia del registro di sistema alla deframmentazione del disco, passando poi per la pulizia dei file temporanei o per l’eliminazione del bloatware, cioè dei programmi inutili spesso installati dai produttori. Tutto per usare al meglio le risorse del nostro PC. L’arrivo di PC manager rappresenta un’interessante prima volta per Microsoft, che mai si era approcciata al problema con uno strumento omnicomprensivo.
Per mesi l’applicazione Pc Manager è risultata accessibile esclusivamente agli utenti del mercato cinese e solo recentemente è diventata disponibile anche per gli utenti anglofoni all’interno della pagina pcmanager-en.microsoft.com. Secondo dei report, l’app sarebbe già disponibile sul Microsoft Store in forma invisibile per gli utenti normali, il tutto in attesa del lancio ufficiale.
Cento vie
Un grande vantaggio di PC Manager è il suo essere particolarmente intuitivo da utilizzare. Una volta avviata l’applicazione, l’interfaccia offre all’utente diverse possibilità di azione, comodamente separate in due categorie diverse: Cleanup (ottimizzazione delle risorse) e Security (sicurezza informatica). In entrambi i casi abbiamo dei pulsanti che permettono di avviare processi di ottimizzazione: da una parte abbiamo Boost che elimina i file temporanei e chiude i processi non indispensabili che occupano RAM; dall’altra, invece, troviamo Scan che avvia una scansione di Windows Defender alla ricerca di malware da eliminare.
PC Manager è compatibile con Windows 10 e 11 e permette di effettuare le operazioni di ottimizzazione con qualche clic. Secondo alcuni detrattori si tratterebbe di un programma eccessivamente semplificato per svolgere funzioni come quelle di ottimizzazione; tuttavia, risulta davvero difficile capire quale possa essere il problema se uno strumento immediato e facile da usare permette di effettuare ottimizzazione di base del nostro computer.
Scarichiamo e utilizziamo Pc Manager
1 Dalla pagina Web di Microsoft PC Manager, pcmanager-en.microsoft.com, facciamo clic su Download per scaricare i 4 MB di eseguibile dell’applicativo, che per ora è disponibile solo in lingua inglese.
2 Avviamo l’eseguibile, mettiamo la spunta sul riquadro al fianco di “I accept end user license and privacy agreements” e clicchiamo su lnstall. Come indica la finestra, il tool è ancora in versione beta, non definitiva.
3 Per migliorare rapidamente le prestazioni del PC, con PC Manager aperto, facciamo clic sul pulsante Boost presente nella pagina principale della scheda Cleanup. Questo comando applica tutti i miglioramenti in un colpo solo.
4 Cliccando su Health Check, Storage Managero Process Management accediamo ai singoli strumenti per la gestione dello spazio di archiviazione, dei processi in esecuzione o dei file da eliminare.
5 Facciamo clic su Security nella parte bassa della finestra per cambiarne il contenuto. Facciamo clic su Scan per attivare una scansione con Windows Defender e cercare di isolare e risolvere problemi di sicurezza.
6 Facendo clic sull’ingranaggio nella parte alta dello schermo accederemo alle impostazioni. Qui decidiamo se attivare gli aggiornamenti automatici dell’app o il suo avvio automatico all’accensione del computer.
Documenti personali, foto di famiglia e file privati sono in ostaggio di un computer che non ne vuole sapere di avviarsi? Niente panico! Ecco redo rescue, il tool che recupera facilmente tutti i tuoi dati preziosi tramite una pen drive.
Secondo un sondaggio effettuato da Backblaze a inizio 2022, il 30% degli utenti di computer non ha mai effettuato un backup. La cifra è davvero impressionante, soprattutto se si considera il fatto che la quantità di possibili cause di perdita di dati è costantemente in aumento.
La rottura di un disco rigido, nonostante molti pensino sia l’evento peggiore che possa capitare, non è di certo una cosa frequente. L’affidabilità, sia dei dischi rigidi che degli SSD, ormai è talmente elevata che è molto più probabile un guasto ad altri componenti, la vendita o la dismissione del computer per obsolescenza, che non la rottura di un disco.
Molto più subdoli e frequenti sono, invece, i malware. Tra questi grande pericolosità hanno i ransomware, che si installano sul computer criptando silenziosamente tutti i documenti rendendoli così illeggibili, a meno di non conoscere la chiave con la quale sono stati codificati. Purtroppo per avere questa chiave o si tenta un attacco brute force senza alcuna certezza di riuscita, oppure si paga per farsela mandare dai criminali che gestiscono il malware e, anche in questo caso, non ci sono certezze che questi mantengano la parola. Ma i malware non sono l’unica causa di perdita di dati: grande rilevanza hanno anche le “distrazioni”. Può capitare, ad esempio, di cancellare dei file o delle cartelle per errore e non accorgersene subito rendendo inutile ogni tentativo di recupero dei file.
Cosa possiamo fare per evitare disastri con i nostri file importanti? Semplice: un backup. La realizzazione di un backup del disco rigido non sempre è facile: per fortuna possiamo utilizzare uno strumento potente e semplice da utilizzare: Redo Rescue. Grazie al fatto che Redo Rescue è contenuto su un sistema basato su Linux totalmente indipendente dal sistema presente sul nostro computer, potremo recuperare i file presenti sul nostro disco rigido anche quando il sistema operativo si rifiuta di avviarsi per un qualunque motivo.
Prossimamente vedremo come utilizzare Redo Rescue per effettuare un backup completo del sistema, così da poterlo ripristinare in un qualunque momento. Non solo: vedremo anche come con Redo Rescue sia possibile salvare file e cartelle su un disco esterno. Quest’opzione è importante perché permette di non perdere documenti anche quando il sistema non si avvia più.
Ovviamente Redo Rescue dopo averci messo in grado di salvare tutto con un backup, permette anche di fare la cosa opposta, ovvero ripristinare in pochi clic un backup per riportare in vita un computer in panne. Ovviamente, condizione indispensabile affinché tutto ritorni a funzionare correttamente è che il disco rigido non abbia problemi hardware. In questo caso, infatti, l’unica soluzione è la sostituzione del disco rigido prima di effettuare il ripristino. Ma vediamo come recuperare i nostri dati più importanti in caso di PC bloccato e come effettuare una copia di backup del nostro sistema.
Per creare una chiavetta USB avviabile che permetta l’uso di Redo Rescue ci serviamo del tool Rufus. Vediamo la procedura.
1) Muoviamo i primi passi Preleviamo sia Redo Rescue che il tool Rufus e copiamoli in una cartella del nostro disco rigido. Colleghiamo una chiavetta USB da almeno 32GB al computer e avviamo Rufus con un doppio clic sull’eseguibile.
2) Selezioniamo l’unità da usare All’avvio il programma seleziona automaticamente la prima unità USB disponibile, nel nostro caso E: Se non dovesse essere quella giusta possiamo selezionarne una diversa cliccando sulla freccia in fondo alla casella di selezione Dispositivo/unità.
3) Scegliamo la ISO Clicchiamo sulla casella Seleziona e sfogliamo alla ricerca dell’immagine di Redo Rescue. Dopo averla trovata, selezioniamola, clicchiamo su Apri per caricarla nel programma, che la analizzerà velocemente e imposterà automaticamente l’etichetta e il tipo di file system da utilizzare.
4) Pronti alla scrittura! A questo punto siamo pronti per creare la chiavetta avviabile con Redo Rescue. Clicchiamo sul pulsante Avvia in fondo alla schermata; riceveremo un alert che ci informerà del fatto che una volta creata la chiavetta questa potrà essere utilizzata per contenere ulteriori file. Clicchiamo su Ok per proseguire.
Se il nostro computer non ne vuole proprio sapere di avviarsi, con Redo Rescue possiamo far partire il sistema in una particolare modalità operativa e recuperare i nostri dati più importanti. Vediamo come procedere.
1) Troviamo il disco con i dati… Inseriamo la chiavetta sulla quale abbiamo caricato Redo Rescue e avviamo il computer. Una volta che la Redo si è caricata dovremo “montare” il disco sul quale sono contenuti i dati da copiare, per cui clicchiamo sull’icona a forma di ingranaggio in basso a sinistra per aprire il menu. Nella lista di applicazioni a destra facciamo un doppio clic su Disks per avviarla.
2)… e montiamolo nel sistema Avviata l’utility Disks ci troveremo di fronte una finestra con tutti i dischi presenti sul nostro computer. Nella colonna di sinistra clicchiamo sul disco sul quale sono presenti i dati da copiare. Solitamente l’unità C: è la prima in alto. Spostiamoci poi nella finestra al centro, selezioniamo la partizione sulla quale sono presenti i dati e clicchiamo sull’icona a forma di “play” per montarla nel sistema.
3) Apriamo il file manager… Clicchiamo sul link presente dopo la scritta Mounted at, portiamoci nuovamente nel menu della Redo Rescue e stavolta avviamo l’utility File manager. Portiamoci nella casella degli indirizzi, eliminiamo il contenuto e con Ctrl+V incolliamo il link copiato al passo precedente, quindi premiamo OK per aprire la partizione precedentemente montata.
4)… e copiamo i dati Avviamo una seconda volta File Manager, selezioniamo file e cartelle da copiare, clicchiamo su di esse e trasciniamole nella seconda istanza di File Manager per copiarle nella root della chiavetta USB dalla quale abbiamo avviato il sistema. Quando avremo ultimato le operazioni di copia potremo arrestare il sistema cliccando sull’icona in basso a sinistra.
Redo Rescue è una straordinaria utility che viene però eseguita su sistema Linux, e questo può creare dei problemi all’utente. Il fatto è che Linux non è un sistema operativo user friendly come Windows e per questo, nonostante permetta di fare cose straordinarie, a volte rende complicate anche delle semplici operazioni. Ad esempio, mentre quasi tutte le moderne distribuzioni Linux, compresa quella che fornisce la base per poter avviare Redo Rescue, permettono di utilizzare chiavette o dischi USB immediatamente dopo che questi sono stati collegati alla porta del computer, lo stesso non si può dire per i dischi rigidi non removibili.
Questi ultimi, per poter essere utilizzati hanno bisogno di essere “presentati” al sistema, che dovrà riconoscerli come memorie di massa e consentire l’accesso in lettura e scrittura a essi. Quest’operazione si chiama “mount” (montaggio). In passato l’operazione di mounting era prettamente manuale: da una finestra terminale si digitava una serie di comandi creando un Punto di mount all’interno della cartella di sistema Media. Questi comandi servivano per comunicare al sistema il nome del disco e le partizioni in esso presenti e alle quali si voleva accedere. Le moderne distribuzioni Linux, invece, permettono di utilizzare un sistema decisamente più semplice: l’utility Disks, come visto nel Macropasso B.
Uno dei principali vantaggi di Redo Rescue è quello di poter creare un’immagine dell’intero sistema che, all’occorrenza, può essere ripristinata in pochi clic.
1) Scegliamo cosa salvare Clicchiamo sul pulsante Backup, poi scegliamo il disco del quale effettuare una copia completa. Solitamente in presenza di più dischi rigidi, troveremo selezionato il disco principale, ovvero quello sul quale è presente il sistema operativo. Clicchiamo Next per proseguire e selezioniamo le partizioni delle quali effettuare il backup.
2) Teniamo tutto! Solitamente il disco principale ne contiene almeno due, ma possono essere anche molte di più perché di solito il produttore crea automaticamente delle partizioni di recupero e supporto dalle quali è possibile reinstallare il sistema operativo (posto che il disco rigido non si danneggi irreparabilmente). Di default troveremo tutte le partizioni selezionate; lasciamo così e proseguiamo con Next.
3) Dove salvare la copia? Scegliamo adesso il disco sul quale effettuare la copia (ovviamente deve avere spazio disponibile a sufficienza) e proseguiamo con Next per scegliere la cartella nella quale memorizzare il backup. Clicchiamo su Select per aprire il file manager sul disco scelto, poi clicchiamo sull’icona a forma di cartella con il “+” in alto a destra e inseriamo “Backup” come nome per la cartella che stiamo creando. Un clic su Create finalizzerà il processo.
4) Avviamo il backup dell’intero sistema Clicchiamo infine sul pulsante OK in basso a destra per selezionare la cartella. Clicchiamo su Next per proseguire e inseriamo un commento al backup, ad esempio “Backup completo del 20/11/2022” e clicchiamo su Next per proseguire. Al termine del backup basterà cliccare sul pulsante OK che appare e poi su Exit per ultimare l’operazione.
La nuova versione del tool aggiunge alcune interessanti novità a partire dal sistema basato su Debian 10 a 64 bit; include il supporto UEFI Secure Boot e un nuovo e stupendo tema per il bootloader basato sul GRUB con layout dinamico. Redo Rescue funziona con macchine virtuali e reali e permette di ripristinare i vecchi backup creati con la versione 1.0.
Tutte le volte che il PC inizia a manifestare rallentamenti vistosi o blocchi accidentali continui, è preferibile procedere a un ripristino del backup creato al Macropasso precedente. Vediamo come fare.
1) Scegliamo il disco con il backup Dal menu principale della Redo Rescue clicchiamo su Restore per avviare la procedura di ripristino. Nella schermata successiva dovremo selezionare il disco sul quale sono contenuti i file di backup. Clicchiamo quindi sulla freccia accanto alla casella Local Disk e scegliamolo, quindi clicchiamo su Next.
2) Selezioniamo il backup Dopo qualche istante durante il quale il sistema leggerà il contenuto del disco scelto, apparirà una nuova schermata dalla quale scegliere il backup da ripristinare. Clicchiamo sul pulsante Select per far apparire il file manager e da qui sfogliamo il disco fino a selezionare il backup desiderato. Premiamo Ok per proseguire, poi Next.
3) Individuiamo la destinazione… Nella schermata successiva dovremo scegliere il disco sul quale effettuare il ripristino. Clicchiamo quindi sulla freccia in fondo alla casella di selezione Target poi sul disco scelto e infine proseguiamo con un clic su Next. Ci verrà chiesto quali partizioni ripristinare. Se il sistema non si avviava conviene effettuare un ripristino totale, quindi clicchiamo direttamente su Next.
4)… e attendiamo la fine Rispondiamo con un clic sul pulsante Yes, I’m sure! alla richiesta di conferma per l’operazione e attendiamo pazientemente il completamento. La percentuale di completamento verrà evidenziata nella barra colorata in alto, mentre in basso vedremo l’avanzamento per file. Al termine un clic del mouse su Ok e poi su Exit ci consentirà di chiudere la procedura.
Quando si avvia il tool Rufus e si sceglie il file ISO da inserire nell’unità USB che si vuole rendere avviabile (pulsante Seleziona a destra del menu a tendina Selezione boot), il tool si fa carico di impostare automaticamente il file system (menu File system) sulla base del contenuto dell’immagine utilizzata. La selezione dello Schema partizione (MBR o GPT) è importante perché selezionando GPT la chiavetta avviabile non potrà essere utilizzata sui dispositivi più vecchi dotati di vecchi BIOS (non UEFI per intenderci).
Rufus è uno dei pochi tool che permette di creare unità USB avviabili compatibili sia con i vecchi BIOS che con i sistemi più moderni facenti uso di UEFI (Unified Extensible Firmware Interface: il successore del tradizionale BIOS che si trova sui nuovi personal computer). Selezionando la voce GPT, nel menu a tendina Sistema destinazione l’unica voce che apparirà sarà UEFI; diversamente, optando per MBR, verrà mostrato BIOS o UEFI CSM.
Syncthing è un software che ci aiuta a non perdere i file importanti come le foto dello smartphone. È disponibile per numerosi sistemi operativi e può collegare tra loro più dispositivi.
Accedi ai tuoi file ovunque senza regalare dati ai big del web
In un mondo in cui la maggior parte dei documenti più importanti e le fotografie sono in formato digitale diventa sempre più rilevante se non essenziale tenerne una copia di riserva. In caso contrario rischiamo di perdere, per esempio, le foto scattate con lo smartphone in vacanza oppure le garanzie degli oggetti acquistati online.
Dobbiamo inoltre sottolineare che dispositivi come lo smartphone o il disco fisso si possono guastare senza alcun preavviso, con l’utente che spesso si giustifica con la frase “Funzionava fino a un istante fa!”.
Possibili soluzioni
Esistono due tecniche differenti per mettere al sicuro i dati: la sincronizzazione e il salvataggio (backup). Nel primo caso si crea una seconda cartella che conterrà esattamente gli stessi file di quella originale, mentre nel secondo si memorizzano le informazioni su un dispositivo remoto scegliendo se mantenere anche le versioni meno recenti dei documenti. Il principale vantaggio della sincronizzazione consiste nella possibilità di utilizzare immediatamente i file di riserva mentre con il salvataggio è possibile risparmiare spazio comprimendo i dati. In entrambi i casi è importante far intervenire automaticamente il programma all’insorgere di determinate circostanze oppure a orari prestabiliti, per esempio quando non siamo al computer. Scegliendo il salvataggio manuale è infatti facile dimenticarsene oppure attivarlo solo saltuariamente.
Funzione indispensabile Ci è tornata utile tante volte, in caso di cancellazioni o modifiche accidentali: la gestione delle versioni dei file è davvero top.
Tra i software gratuiti per la sincronizzazione scaricabili da Internet abbiamo testato Syncthing, soluzione che offre numerosi vantaggi, primo tra tutti la possibilità di lavorare sia tramite LAN che Internet e di essere utilizzata su diverse piattaforme, Windows e Android compresi. Tra le altre caratteristiche salienti ricordiamo che tutte le comunicazioni sono crittografate per impedire intercettazioni da parte di malintenzionati e ogni dispositivo è protetto contro utilizzi illeciti. Da non sottovalutare che Syncthing non richiede di configurare opportunamente il router o di conoscere l’indirizzo IP di ogni computer, ma basta leggere semplicemente l’identificativo assegnato automaticamente dal programma a ogni dispositivo. Ricordiamo inoltre che si tratta di software Open Source con il codice sorgente disponibile qui.
Non tutti i file vengono persi
Poiché Syncthing riporta automaticamente tutte le modifiche effettuate sulle due cartelle collegate, può accadere che eliminando per errore un file nella prima perdiamo anche la copia presente nella seconda. Per questa ragione Syncthing è in grado di conservare anche i file cancellati o le diverse versioni degli stessi. Questa funzione Offre quattro possibilità: Controllo Versione con Cestino. Controllo Versione Semplice. Controllo Versione e Controllo Versione Esterno. Nel primo caso i file rimossi o sostituiti li troveremo in una cartella che può essere svuotata dopo un determinato numero di giorni.
Con “Controllo Versione Semplice” vengono trasferiti in una cartella predefinita e ne vengono tenute un determinato numero di versioni. Se per esempio, impostiamo quest’ultimo valore su 5 e modifichiamo un file 10 volte troveremo solo le ultime 5 versioni. Scegliendo “Controllo Versione Cadenzato” si definisce per quanti giorni tenere una versione mentre con “Controllo Versione Esterno” rimandiamo la verifica a dei comandi specifici.
Un aiuto
Uno dei problemi che si possono incontrare utilizzando software Open Source riguarda la soluzione di eventuali problemi. Con Syncthing tutto diventa più facile poiché esiste un forum dedicato a questo software, lo troviamo all’indirizzo web https://forum.syncthing.net. Raggiungendo queste pagine entriamo in contatto con la comunità che segue il progetto ed è quindi facile trovare una risposta ai propri interrogativi oppure chiedere un aiuto ai partecipanti.
In inglese, ma … Grazie al traduttore di Chrome possiamo leggere i messaggi nella nostra lingua. Dovremo però scrivere i nostri post in inglese, ma possiamo affidarci a Google Translate, translate.google.com
L’interfaccia è in inglese ma con il traduttore automatico di Chrome è possibile averla in italiano. Ricordiamo, inoltre, che è possibile consultare la documentazione di questo prodotto all’indirizzo https://docs.syncthing.net/.
Il contributo della comunità
Syncthing è un’applicazione gestita tramite riga di comando, eseguita in background nella classica ma fastidiosa finestra nera, in cui vedremo scorrere le varie istruzioni. Possiede però anche una semplice interfaccia utente integrata, basata su HTML e JavaScript da sfruttare con più facilità da un browser Web. Poiché si tratta di una soluzione Open Source è possibile trovare numerose utility gratuite scritte dagli appassionati che aggiungono interessanti funzionalità a Syncthing.
Basta andare alla pagina https://docs.syncthing.net/users/contrib.html per avere un elenco di integrazioni, componenti aggiuntivi e pacchetti creati dalla community. Tra i tool disponibili ricordiamo SyncTrayzor e sync-macos, due utility che trasformano Syncthing in un’applicazione in stile Windows e macOS, applicazione che è possibile lanciare automaticamente all’avvio del sistema operativo.
Syncthing non ha bisogno di indirizzi IP o di configurazioni avanzate ed è disponibile per i sistemi operativi più importanti. Possiamo installare Syncthing anche su una Raspberry Pi che ha consumi energetici ridotti.
Installazione sotto Windows
Per prima cosa dobbiamo andare all’indirizzo Web https://syncthing.net/downloads/ per scaricare la versione desiderata. Troviamo quella per i sistemi operativi più diffusi tra cui Windows, macOS e Linux. Ricordiamo che è necessario installare Syncthing anche sul computer remoto.
Estraiamo il contenuto del file scaricato in una cartella a nostra scelta. per esempio “C:\syncthing”, e facciamo doppio clic sull’eseguibile syncthing.exe che comparirà nella stessa. Se appare il box PC protetto da Windows bisogna cliccare su Ulteriori informazioni e poi su Esegui comunque.
A questo punto vengono eseguite automaticamente le operazioni necessarie all’installazione tramite riga di comando nella classica finestra con sfondo nero e viene quindi aperto il menu per la gestione di Syncthing all’interno del browser predefinito.
Prima di effettuare qualsiasi operazione è preferibile inserire il nome utente e la password di autenticazione per evitare che chiunque possa accedere al software. Scegliamo quindi impostazioni, poi la scheda Interfaccia Grafica Utente e inseriamo Utente/Password dell’interfaccia Grafica.
Installazione su Android
Per prima cosa apriamo il Play Stare dello smartphone e cerchiamo l’app Syncthing. Ora dobbiamo scegliere Installa e attendere che venga scaricata e attivata sul dispositivo. Facciamo tap quindi Apri e leggiamo l’introduzione che illustra le potenzialità offerte dall’app.
Poiché questa app deve accedere alla memoria dello smartphone è necessario concederne l’autorizzazione. Possiamo inoltre accordare l’uso del GPS interno per gestire la sincronizzazione in funzione delle reti wireless a cui è collegato e disattivare l’ottimizzazione della batteria poiché potrebbe interrompere la sincronizzazione.
A questo punto viene aperta la finestra principale che mostra le cartelle condivise. Di base troveremo quella Camera che contiene le immagini riprese con la fotocamera dello smartphone. Per evitare errori, questa cartella viene condivisa in modalità “Inviare soltanto” con i file protetti dalle modifiche apportate su altri dispositivi.
Come per la versione per PC, per prima cosa dobbiamo connettere il computer remoto. Selezioniamo la scheda DISPOSITIVI e quindi il simbolo +. Nella finestra che appare premiamo sulla piccola icona che mostra un QR Code di fianco alla scritta ID Dispositivo in modo da leggere (o meglio, inquadrare con la fotocamera del telefono) il QR Code generato dal computer remoto quando si attiva “Mostra ID”.
Dopo aver collegato il dispositivo remoto al nostro smartphone torniamo nella scheda CARTELLE, scegliamo quella denominata “Camera” e attiviamo la condivisione con il computer appena collegato (INTEL). Quest’ultimo ci chiederà automaticamente se vogliamo aggiungerla tra quelle condivise. Scegliamo Aggiungi.
Ora le due cartelle verranno sincronizzate automaticamente. E sempre possibile decidere la posizione della cartella del PC che conterrà le foto presenti in quella DCIM dello smartphone. Anche con Android è possibile attivare Controllo Versione File.
Configuriamo il nostro cloud
Terminata l’installazione bisogna richiamare il software digitando http://localhost:8384/ nel browser e collegare i dispositivi con i file da sincronizzare. La pagina che compare riporta sul lato sinistro le cartelle condivise e sul destro le informazioni sui dispositivi coinvolti.
Per prima cosa dobbiamo connettere il PC remoto. Selezioniamo Aggiungi dispositivo Remoto (su cui abbiamo installato Syncthing come suggerito prima) e inseriamo nella scheda Generale il codice che viene mostrato sul computer remoto scegliendo la voce Azioni/Mostra ID.
Passiamo ora alla scheda Aggiungi dispositivo/Condivisione e mettiamo il segno di spunta su Cartella predefinita sotto la scritta Cartelle non condivise, scritta tradotta in modo errato da quella originale in inglese (“Share folders With Device”). Premiamo quindi Salva. Ripetiamo questi due ultimi passi anche sul computer remoto.
A questo punto i due dispositivi condividono una directory vuota. Per sapere dove si trova questa cartella basta fare clic su Cartella predefinita del PC locale e controllare il percorso riportato di fianco alla scritta Percorso Cartella. Nel nostro caso “C:\Utenti\sagra\Sync”.
Ora la cartella locale conterrà sempre i medesimi file di quella remota e viceversa. Per sincronizzare altre cartelle basta scegliere +Aggiungi Cartella, inserirne il relativo percorso e nella scheda Condivisione mettere un segno di spunta sui dispositivi che condividono questa cartella (nel nostro caso Asus e Smartphone).
Poiché quando si cancella un file l’operazione viene eseguita automaticamente su entrambi i computer è possibile eliminare per errore un documento. Fortunatamente Syncthing offre l’opzione Controllo versione file utile per salvare anche le vecchie versioni dei file. Per attivare questa funzionalità basta fare clic sulla cartella desiderata, scegliere Modifica e andare nella scheda Controllo Versione File.
Una funzione già presente da tempo in Office Mobile sbarca finalmente anche in Excel per computer: la possibilità di acquisire e raccogliere direttamente i dati a partire dalle immagini. Ecco come funziona.
Le immagini, e soprattutto le fotografie, stanno guadagnando sempre più importanza nel mondo dei computer e nelle nostre vite. Grazie anche agli smartphone, oggi spesso ci troviamo a usare le fotografie anche al posto dei promemoria o degli appunti.
Fotografare una locandina, un volantino o una tabella è abbastanza comune e per questo gli sviluppatori di Excel hanno messo a punto già da tempo nella versione mobile del programma uno strumento in grado di acquisire dati dalle immagini. Oggi questo strumento arriva anche in Excel per desktop, dove possiamo farne un uso leggermente diverso ma non per questo meno efficace.
Al momento lo strumento incluso in Excel per desktop non offre, come invece la controparte mobile, un processo per raddrizzare le immagini prima di cercare di leggere i dati, quindi l’idea di usarlo come pseudo-scanner non è proprio quella migliore. Tuttavia ci sono decine di possibili applicazioni. Immaginiamo per esempio, tutto il patrimonio di informazioni mal acquisite presenti online, ma anche nei nostri dischi fissi.
File PDF acquisiti in modo errato, per esempio, ma anche informazioni che non abbiamo avuto modo di ottenere in formati diversi. Oppure fotografie di tabelle a cui abbiamo fatto un piccolo aggiustamento attraverso un programma di fotoritocco. Insomma ci sono ottimi margini per sfruttare questa funzionalità in molti modi diversi.
Si tratta di una funzione aggiunta da poco in Excel e, come sempre succede con le novità. è probabile che venga migliorata in futuro. Ma già oggi fa un ottimo lavoro. In questa prova la redazione ha deliberatamente usato un file di scarsissima qualità, che ha richiesto numerosi aggiustamenti, ma nonostante questo il tempo richiesto per inserire i dati in una tabella è stato inferiore a quello necessario per digitarli a mano.
Abbiamo già accennato più volte in queste pagine come questa sia precisamente la filosofia dietro alle nuove funzioni dei prodotti Microsoft: farci risparmiare tempo, anche senza bisogno di raggiungere la perfezione. Nell’esempio il risparmio di tempo non è poi molto (la tabella è piuttosto piccola) ma immaginiamo cosa potrebbe succedere se, per esempio, avessimo la scansione di un vecchio foglio A4 pieno di cifre che aspetta da tempo che troviamo la voglia di riversarle in un foglio Excel.
Una nota importante: la funzionalità per raccogliere dati dalle immagini è piuttosto nuova e, come sappiamo, anche Office risponde a un sistema di aggiornamenti che non è sempre chiarissimo. Se non la troviamo ancora, proviamo a forzare un aggiornamento di Office.
1. Per raccogliere dati da immagini dobbiamo spostarci nella scheda Dati. Qui, nella zona Recupera e trasforma dati, scegliamo la voce Da immagine e poi Immagine da file.
2. Nella finestra di Esplora file che si apre possiamo scegliere l’immagine da acquisire. Come possiamo vedere il sistema supporta tutti i formati più comuni.
3. L’elaborazione richiede pochi secondi, poi si aprirà la scheda Dati da immagine: al di sopra troviamo l’immagine, al di sotto i dati che il sistema ha estratto.
4. Facendo clic su Revisione, possiamo scorrere tutte le aree che richiedono attenzione, confrontarle ed eventualmente correggerle, per poi fare clic su Accetta.
5. Quando abbiamo finito con le correzioni, clicchiamo su Inserisci dati. La piccola finestra che si apre ci ricorda che è compito nostro assicurarci della loro validità. Per confermare facciamo clic sul secondo Inserisci dati.
6. I dati vengono inseriti a partire dalla cella che era selezionata prima di avviare il processo. Come possiamo vedere il processo ha margini di miglioramento, ma la tabella ottenuta è decisamente fedele.
Scopri le mille risorse messe a disposizione da Google Chrome, software di navigazione numero uno al mondo.
Software indispensabile tra quelli che non dovrebbero mai mancare nella dotazione standard di un PC, Chrome è uno dei browser tra i più diffusi oggi disponibili in Rete. Veloce, potente ed evoluto, permette una navigazione sicura ed efficiente, la gestione multischeda e multifinestra, la navigazione in modalità anonima, la personalizzazione del layout di visualizzazione e il potenziamento delle proprie funzionalità tramite componenti aggiuntivi. Vediamo da vicino alcune delle sue più interessanti caratteristiche.
Per installare Chrome su sistemi operativi che utilizzano Windows 10/Windows 7 a 64 bit scarichiamolo da qui. Nel caso di OS Windows a 32 bit, invece, clicchiamo qui. Una volta lanciato l’eseguibile prescelto, seguiamo alcune semplici istruzioni a video per portare a termine l’installazione. Una volta lanciato l’eseguibile prescelto, seguiamo alcune semplici istruzioni a video per portare a termine l’installazione.
Per scegliere Google Chrome come browser predefinito di sistema clicchiamo su Start di Windows e successivamente su Settings. Clicchiamo Apps/ Default Apps.
Nella colonna di destra clicchiamo l’ultima icona in basso nella sezione Web Browser, quindi selezioniamo l’icona corrispondente a Google Chrome dal menu Choose an App. Chiudiamo la finestra Settings/Default Apps cliccando la X visibile in alto a destra.
Per impostare una lingua in Google Chrome, ad esempio l’italiano quando quella attivata di default è l’inglese, clicchiamo il pulsante con i tre punti verticali visibile in alto a destra nell’interfaccia principale, quindi clicchiamo Settings dal menu. Dalla colonna di sinistra scegliamo Advanced/Languages. Clicchiamo la freccina a destra della sezione Language.
Clicchiamo il link Add languages. Scorriamo fino a trovare Italian – Italiano, spuntiamo la casella corrispondente e clicchiamo Add. Attendiamo qualche secondo che la lingua selezionata venga caricata. Clicchiamo i tre puntini verticali visibili a destra della lingua Italian, spuntiamo la casella Display GoogleChrome in this language, clicchiamo Relaunch e il gioco è fatto.
Chrome mette a disposizione una modalità di navigazione che consente, sia pur con qualche limitazione, di navigare in Rete in maniera anonima, ossia senza lasciare traccia sul computer locale di siti visitati e pagine aperte, ma anche senza memorizzare cookie o dati inseriti nei moduli di compilazione.
Per abilitarla clicchiamo i tre puntini visibili in alto a destra nell’interfaccia, quindi clicchiamo la voce di menu Nuova finestra di navigazione in incognito. In alternativa possiamo premere la combinazione di tasti Ctrl + Maiusc + N. Una schermata e una modalità di visualizzazione apposite ci avvertono che ci troviamo in modalità Incognito.
Google Chrome permette di personalizzare alcuni aspetti relativi alla visualizzazione, come le dimensioni del carattere, il tipo di font, lo zoom delle pagine. Clicchiamo i tre puntini visibili in alto a destra nell’interfaccia, clicchiamo Impostazioni. Clicchiamo, nella colonna di sinistra, la voce Aspetto.
Per modificare il corpo-carattere clicchiamo il menu Dimensioni carattere e selezioniamo l’opzione desiderata tra quelle disponibili. Cambiamo font cliccando sul menu Personalizza caratteri, quindi selezioniamo il tipo di carattere prescelto. Per modificare lo zoom di default delle pagine quando accediamo a un sito, clicchiamo il menu Zoom delle pagine, quindi selezioniamo la percentuale che meglio si adatta alle nostre esigenze.
Google Chrome può essere arricchito di funzionalità interessanti installando componenti di terze parti chiamate Estensioni. Colleghiamoci qui. Selezioniamo, nella colonna di sinistra, la voce Estensioni.
Per installare un’estensione tra quelle disponibili clicchiamo sulla miniatura corrispondente all’estensione prescelta. Clicchiamo il pulsante Aggiungi visibile in alto a destra e successivamente su Aggiungi estensione. Qualche secondo e il gioco è fatto.
Tutto quello che scarichiamo durante la navigazione in Rete, Google Chrome lo archivia in una cartella predefinita. Per modificarla e personalizzarla procediamo nel modo seguente. Clicchiamo il pulsante con i tre puntini in alto a destra nell’interfaccia e scegliamo Impostazioni.
Nella colonna di sinistra clicchiamo la voce Avanzate e quindi Download. Nella colonna di destra clicchiamo Cambia. Selezioniamo il percorso relativo alla cartella in cui desideriamo salvare i file scaricati tramite Google Chrome, quindi clicchiamo Select Folder per completare le impostazioni.
Tutte le estensioni (funzioni extra per Chrome) possono essere gestite in una sezione specifica del programma che consente di abilitarle/disabilitarle o rimuoverle. Clicchiamo sul pulsante con i tre puntini in alto a destra e accediamo a Impostazioni; poi su Estensioni.
Per rimuovere un’estensione usiamo Rimuovi visibile nella sezione corrispondente all’estensione che desideriamo eliminare. Per abilitare/disabilitare un’estensione è sufficiente utilizzare l’interruttore visibile in corrispondenza dell’estensione. Da Dettagli possiamo visualizzare le informazioni inerenti l’estensione selezionata.
Google Chrome tiene traccia dell’attività di navigazione in una sezione denominata Cronologia, utile per aumentare la velocità prestazionale del programma e per andare a recuperare, all’occorrenza, siti e pagine visitate tempo prima e di cui non si ricorda l’indirizzo. Ma Chrome trattiene anche tutta una serie di dati, dai cookie alle password che si è deciso di memorizzare per la compilazione automatica tramite browser. Ebbene, per motivi di sicurezza e di privacy, è consigliabile eliminare periodicamente questi dati.
Per farlo clicchiamo il pulsante con i tre puntini in alto a destra nell’interfaccia, quindi clicchiamo Impostazioni. Accediamo a Cronologia, e ancora Cronologia. In alternativa possiamo premere la combinazione di tasti Ctrl + H. Dal menu di sinistra clicchiamo Cancella dati di navigazione. Nel menu Intervallo di tempo selezioniamo l’opzione Dall’Inizio e clicchiamo il pulsante Cancella Dati.
Google Chrome viene costantemente aggiornato per potenziarne le funzionalità, aumentarne la velocità di esecuzione e innanzitutto la sicurezza. Per verificare la disponibilità di un nuovo aggiornamento e procedere all’upgrade clicchiamo il pulsante con i tre puntini visibile in alto a destra nell’interfaccia. Clicchiamo su Impostazioni e, dalla colonna di sinistra, Informazioni su Chrome.
Da qui verifichiamo se il programma è aggiornato all’ultima versione disponibile, ed eventualmente procediamo all’aggiornamento cliccando il pulsante corrispondente.
Avg Driver Updater offre strumenti e funzioni che permettono di mantenere aggiornate le periferiche di sistema.
L’aggiornamento dei driver costituisce una tappa fondamentale per avere un Pc sempre in buona salute. Di contro, la presenza di uno o più driver obsoleti può causare problemi nelle prestazioni o nell’affidabilità, rischiando di compromettere l’operatività quotidiana. Questo non solo in termini di velocità, ma anche di sicurezza, considerando che un driver non aggiornato può essere vulnerabile e quindi offrire un punto di accesso a un eventuale attacco virale. Appare allora evidente quanto sia importante disporre di un software che si preoccupi di scansionare il sistema con l’obiettivo di aggiornare automaticamente i driver. Avg Driver Updater è stato progettato proprio per questo scopo. Forte di un archivio che può contare su oltre 1.300 produttori di hardware, promette la piena affidabilità.
Avg Driver Updater analizza periodicamente lo stato dell’arte e poi fornisce all’utente un resoconto dettagliato della situazione. L’installazione dell’applicativo è semplice, ed è disponibile anche una versione di prova gratuita, utile per testarne l’interfaccia e le funzioni.
Scansiona
Completata l’installazione, l’utente inizia a familiarizzare con l’interfaccia dell’applicativo, assai intuitiva. Il primo passo da compiere consiste nel fare clic su Scansiona driver per avviare il processo di verifica.
Completata l’installazione, il primo passo consiste nel fare clic su Scansiona driver per avviare il processo di verifica. Trascorsi pochi secondi si ottiene il risultato dell’analisi, con il responso che riporta il numero dei driver obsoleti individuati nel sistema, con il relativo elenco delle anomalie riscontrate. Accanto a ogni voce sono presenti una casella di selezione, un’icona per identificare la tipologia del driver (audio, Usb, sistema e così via) e il collegamento Mostra dettagli che permette di accedere a una nuova schermata popup in cui poter approfondire la versione, l’autore e la data di rilascio del driver di riferimento tra quello più aggiornato e quello che invece è installato sul sistema, allo scopo di offrire all’utente tutte le informazioni importanti. Le azioni che l’utente può compiere sono di fatto tre: aggiornare il driver corrente, ignorare l’aggiornamento o escludere il driver da eventuali nuove ricerche.
Aggiorna
Il risultato dell’analisi mostra il responso del processo, con il numero dei driver analizzati e, tra questi, l’elenco dei driver obsoleti individuati sul sistema. Il pulsante Aggiorna selezionati comanda l’avvio dell’operazione di upgrade.
L’attivazione della procedura di aggiornamento, singolarmente per un singolo driver o in maniera massiva, ha luogo attraverso il pulsante Aggiorna selezionati. Parte così un processo la cui durata dipende ovviamente dalla complessità dell’operazione, legata a variabili tra cui il numero e la tipologia dei driver da aggiornare. Ciò che viene raccomandato all’utente è di seguire ogni eventuale indicazione del programma e riavviare il Pc nel corso dell’operazione solo se espressamente indicato a video. In alcuni rari casi, potrebbe capitare che il programma non riesca ad aggiornare un driver in modo corretto, e perciò mostri il messaggio Impossibile aggiornare il dispositivo. Se ciò accade, è buona norma proseguire per completare l’aggiornamento dei driver obsoleti restanti o chiudere l’operazione nel caso in cui non dovessero essercene.
Aggiorna singolarmente
L’opzione Mostra dettagli permette di approfondire le ragioni dell’obsolescenza di un determinato driver. L’applicazione informa puntualmente l’utente in merito alla versione, all’autore e alla data di rilascio di ciascuna release.
Avg lascia l’utente libero di operare, consentendo di gestire i driver singolarmente. Tra le altre azioni permesse, si segnala quella grazie alla quale si può salvare una copia di backup delle versioni precedenti del driver, da prendere in considerazione qualora fosse necessario sbloccare una eventuale situazione di stallo. Interessante anche il fatto che l’app avvisi l’utente nel caso in cui tra i driver installati ve ne fossero di vulnerabili, così definiti perché introducono potenziali porte d’ingresso per eventuali attacchi al sistema. Come appare evidente, l’aggiornamento di driver ritenuti vulnerabili ha la massima priorità per garantire la sicurezza.
Nel caso in cui dovessero invece subentrare particolari problematiche a seguito di un aggiornamento, attraverso l’opzione Risolvi subito l’applicazione attiverà un sistema di intervento che, in base al problema riscontrato, indirizzerà l’utente verso la relativa risoluzione, suggerendo di procedere al ripristino dei driver il cui aggiornamento potrebbe aver causato la criticità riscontrata.
Gestire le impostazioni
L’interfaccia del programma è dotata di una sezione Impostazioni, interna alla voce Menu, che ospita le sottosezioni Informazioni generali e Driver Updater. Nella prima trovano posto le opzioni Lingue, che consente di scegliere tra diverse alternative (compreso anche l’italiano) e Notifiche, la cui attivazione abilita l’invio di alert quando il programma rileva driver obsoleti.
Nel caso in cui si dovessero notare problemi dopo un aggiornamento, l’opzione Risolvi subito attiverà un immediato sistema di intervento. Occorrerà indicare anzitutto la tipologia di problema riscontrata dopo l’upgrade.
Ci sono anche le voci Privacy personale, dove si sceglie se condividere i dati sull’utilizzo dell’app con Avg per contribuire a migliorare la ricerca software o a fini di marketing. Risoluzione dei problemi, attraverso cui si possono salvare log degli errori, creare punti di ripristino del sistema e inviare report su eventuali arresti anomali. Ci sono poi le voci Impostazioni sviluppatore e Aggiorna Driver Updater.
In base alla tipologia di problema, AVG Driver Updater indirizzerà l’utente in modo opportuno, suggerendogli di procedere al ripristino dei driver il cui aggiornamento potrebbe aver causato la criticità riscontrata.
La prima permette di mantenere attivo il programma alla chiusura. Azione che consente alle scansioni in background e agli elementi grafici di continuare con l’operatività anche quando si chiude l’app. La seconda consente invece di scegliere tra aggiornamenti in background, controllo delle nuove versioni all’apertura con possibilità di aggiornare il programma in automatico alla chiusura o aggiornamenti manuali. Driver Updater, invece, offre un collegamento alla cartella in cui Avg Driver Updater salva le versioni precedenti dei driver.
Conclusioni
Avg Driver Updater offre all’utente un efficace strumento software di gestione dei driver. Se da un lato l’applicazione copre un vasto ventaglio di produttori e quindi di dispositivi hardware (l’azienda parla di oltre 8 milioni di driver), dall’altro la sua interfaccia semplice e intuitiva permette a chiunque di entrare subito in azione con l’esecuzione automatica delle scansioni. Inoltre, i dettagli offerti sul singolo driver garantiscono un elevato livello di informazione. La funzione di ripristino che permette di ritornare alla versione precedente di un driver, a seguito di criticità successive all’installazione di un aggiornamento, offre la concreta possibilità di sbloccare fastidiose situazioni di stallo.
Nella sezione Impostazioni sviluppatore si trova l’opzione per mantenere attiva l’app alla chiusura: l’azione consente di garantire operatività alle scansioni in background anche quando si chiude il programma.
Ma c’è anche il rovescio della medaglia, che per dovere di cronaca è giusto evidenziare. Manca per esempio uno strumento di pianificazione, che renda possibile schedulare scansioni automatiche periodiche allo scopo di monitorare lo stato dei driver. Certo, esiste l’opzione che mantiene attive le scansioni in background, ma l’esecuzione permanente non è certo la strada migliore per ottimizzare l’uso delle risorse. Rispetto alla concorrenza, manca anche una funzione di ottimizzazione delle prestazioni del Pc. Alcuni software di gestione dei driver la includono già al loro interno (pensiamo per esempio a Driver Genius o Smart Driver Updater).
L’opzione Aggiorna Driver Updater, interna al menu Impostazioni, definisce la modalità di aggiornamento del programma: si può scegliere tra aggiornamento automatico in background, controllo della disponibilità di aggiornamenti all’apertura del programma o controllo e aggiornamento manuale.
Prezzo
A questa considerazione se ne accompagna un’altra legata al prezzo del prodotto. Avg Driver Updater offre un periodo di prova gratuita pari a 30 giorni, terminati i quali l’utilizzo sarà soggetto alla sottoscrizione di un abbonamento. Il costo di licenza parte da 39,99 euro all’anno, un prezzo piuttosto elevato rispetto agli altri concorrenti. Per esempio, la licenza annuale del già citato Driver Genius costa 29,95 dollari Usa, mentre per la versione Pro di Smart Driver Updater è previsto un costo di 39,90 euro una tantum.
Non c’è niente di peggio che dare un foglio Excel in mano a colleghi o amici e vederlo tornare stravolto. Per fortuna possiamo proteggerlo con una password.
Lavorando spesso con Microsoft Excel sicuramente avremo anche documenti importanti, su cui abbiamo investito molto tempo per sistemare le formattazioni, l’aspetto e i dati contenuti all’interno. Se questo è un documento in qualche modo ”circolante”, ci sarà già capitato di vederlo tornare indietro ”massacrato” da qualcuno che ha provato a fare modifiche con scarso successo.
Se queste situazioni non ci sono nuove, la soluzione è facile e veloce: proteggere il file Excel, magari utilizzando una password. Fortunatamente per poterlo fare non è necessario scaricare nuovi applicativi ma basta sfruttare correttamente un preciso strumento incluso nel foglio di calcolo.
Microsoft Excel include un sistema di protezione dedicato a tutti quelli che vogliono mettere al sicuro da mani troppo intraprendenti i file e i dati. Questo sistema ha il notevole vantaggio di essere ampiamente personalizzabile in base alle esigenze dell’utente. Ma soprattutto hail vantaggio di essere una funzionalità di base del pacchetto Office. Grazie a questa protezione è possibile scegliere agilmente se bloccare l’intero documento con una password o impedire soltanto la modifica.
Un’altra interessante caratteristica è la sua capacità di includere esclusivamente un foglio di lavoro invece che un altro, lasciando ampio spazio di manovra al proprietario del file per scegliere cosa può venir modificato da un utente esterno o meno.
Questa caratteristica è condivisa con tutte le applicazioni principali della suite Office ma soltanto in Excel raggiunge tali livelli di personalizzazione. Le opzioni messe a disposizione dell’utente sono tali da permettere la generazione di diverse versioni del documento, ognuna con la possibilità di modificare un singolo parametro.
Il pacchetto Office, a partire dalla sua versione 2016, utilizza un algoritmo crittografico AES a 256 bit per proteggere i file attraverso le password. Questo non significa che si tratti di un tipo di protezione ”ad alta sicurezza” (in fondo anche la password viaggia con il documento stesso), ma è più che sufficiente, nella normale vita da ufficio o casalinga, per segnalare agli altri utenti più “curiosi” che preferiamo che il file non sia modificato.
La procedura per proteggere un file Excel attraverso l’utilizzo del la crittografia e lo sblocco del file con una password è molto importante da conoscere se si utilizza Excel a un certo livello.
Questa funzione, infatti, non è tanto dedicata ai singoli utenti quanto alle organizzazioni o alle aziende che utilizzano Excel come strumento per l’elaborazione dei dati. La password verrà richiesta all’utente nel momento stesso in cui tenterà di aprire il file, sia con Excel che con un simile programma per la produzione e gestione dei fogli elettronici.
Il modo migliore per poter assicurare un alto livello di sicurezza a un file protetto da password è l’utilizzo di una chiave d’accesso robusta. Una password robusta si intende un codice alfanumerico di minimo 8 caratteri dove sono presenti lettere maiuscole, minuscole, numeri e caratteri speciali (come _, $, !, per esempio) senza alcun tipo di associazione a parole realmente esistenti. Per assicurarsi che il file protetto sia quello originale è possibile anche usare a proprio vantaggio un’altra delle funzioni di protezioni, ovvero una firma digitale. Questa firma, applicabile con un procedimento molto simile alla password, serve a garantire l’integrità della cartella di lavoro.
Windows 11 include strumenti e funzioni nascoste che potrebbero far gola a chi vuole sfruttare al massimo il nuovo sistema operativo di casa Microsoft.
Il nuovo sistema operativo di casa Microsoft, reso disponibile dal colosso di Redmond lo scorso ottobre, presenta delle novità e delle funzioni tutte da scoprire. Dopo diversi dubbi relativi ai requisiti minimi necessari per poter utilizzare correttamente il sistema operativo, tra TPM e tipologie di firmware UEFI, sempre più attenzione sta venendo data alle nuove funzioni incluse nel pacchetto.
Le caratteristiche più sbandierate da Microsoft durante il periodo di lancio sono state principalmente di carattere visivo. Windows 11 è infatti dotato di un interfaccia utente decisamente rinnovata, più vicina al design fluido di scuola Apple tra angoli e ombre smussate. Questo non significa che il resto del sistema operativo sia stato lasciato uguale a se stesso ma, anzi, diverse sono state le innovazioni e vari sono stati i nuovi strumenti consegnati all’utente.
Per questo motivo cerchiamo di scoprirne insieme quattro decisamente interessanti tra quelli presenti in Windows 11.
Fare ordine scuotendo finestre
Tra le nuove funzioni ne troviamo una perfetta per chiunque utilizzi il sistema operativo su un computer dotato di schermo con comandi touch. Attivando un interruttore nascosto sarà possibile fare ordine a schermo semplicemente scuotendo una delle finestre attive, andando a nascondere tutte le altre.
Fare ordine scuotendo finestre
Questa funzione è particolarmente indicata per tutti quei computer dotati di comandi touch poiché permette di ripristinare l’ordine a schermo senza sfruttare le scorciatoie da tastiera. Attivare questa funzione chiede all’utente di andare all’interno di una sezione delle Impostazioni e portare su On (acceso) un interruttore. Apriamo quindi Impostazioni dal menu Start.
Aprire il menu start secondario
Tutti conosciamo a menadito il funzionamento del menu Start: è letteralmente uno degli elementi più famosi di tutto quanto l’ecosistema Windows.
Aprire il menu start secondario
In Windows 11 questo menu è stato rivoluzionato dagli ingegneri di Microsoft e ora mostra all’utente un minor numero di opzioni in maniera più ordinata. Questo chiaramente ha fatto storcere non poco il naso ai puristi dei sistemi operativi Microsoft. Il nuovo menu nasconde troppe delle funzioni classiche che nelle vecchie versioni di Windows rendevano veloce e indolore l’accesso ai meccanismi interni del sistema operativo.
Fortunatamente non tutto è perduto perché è possibile utilizzare un menu secondario dotato di diversi collegamenti diretti alle funzioni appena citate. Accedere a questo menu secondario è super facile: basta fare clic con il tasto destro del mouse sopra l’icona di Start nel la barra del le applicazioni usare la scorciatoia Win + x. Così facendo sarà possibile ottenere l’accesso a una serie di collegamenti diretti a funzioni come Gestione disco, Gestione computer, Windows PowerShell, Visualizzatore eventi, Gestione dispositivi e così via.
Guadagnare rapidamente spazio su disco
Tenere installate applicazioni che non si utilizzano è il modo perfetto per andare a rallentare progressivamente le prestazioni del computer su cui è installato Windows. Il nuovo sistema operativo di Microsoft, fortunatamente, ha uno strumento integrato al suo interno che permette di ottimizzare lo spazio su disco andando a mostrare una selezione di file e applicazioni che sarebbe meglio eliminare per guadagnare punti in termini di prestazioni.
Guadagnare rapidamente spazio su disco
In passato Windows 10 e le altre edizioni del sistema operativo erano in grado di mostrare a schermo come era suddiviso lo spazio del disco rigido, mentre lo strumento per cancellare file e applicazioni poco utili era contenuto altrove (il buon vecchio Pulizia disco). Windows 11 include tutto quanto all’interno della stessa schermata, per la massima comodità possibile in termini di azioni. Questo strumento è chiamato Consigli per la pulizia e si trova all’interno delle Impostazioni.
Dopo averle aperte è necessario fare clic su Sistema e poi su Archiviazione. Qui ci verrà mostrato come è suddiviso lo spazio del disco rigido dove è presente il sistema operativo. Le suddivisioni riguardano le applicazioni, i file, i file temporanei e così via. Nella parte bassa dello schermo, sotto la categoria Gestione archiviazione, è necessario fare clic su Consigli per la pulizia. A questo punto a schermo comparirà una procedura guidata dove ci verrà spiegato cosa è possibile cancellare e quanto spazio si guadagnerà di volta in volta. Una volta scelte le categorie da pulire basterà fare clic su OK per terminare il procedimento.
Ridurre le notifiche
Al giorno d’oggi se si lavora con il computer è facile ricevere una tempesta di notifiche e informazioni spesso non richieste. Concentrarsi in questi casi diventa particolarmente difficile e, pertanto, è bene sapere che Windows 11 include diverse personalizzazioni e strumenti per la gestione delle notifiche. Uno di questi, forse il più interessante in assoluto, è chiamato Assistente notifiche. Il suo compito è di aiutare l’utente a mantenere la concentrazione, nascondendo o mostrando notifiche specifiche.
Ridurre le notifiche
Per poter attivare questo strumento è necessario aprire le Impostazioni e fare clic, dalla schermata principale, su Assistente notifiche. Qui sarà possibile scegliere se disabilitare completamente le notifiche, lasciare attive soltanto quelle prioritarie (il cui stato è gestito da una lista personalizzabile) o visualizzare soltanto le sveglie.
Nelle scorse ore, Canonical ha reso disponibile Ubuntu 20.04.4, ovvero il quarto update per il sistema operativo Ubuntu 20.04 LTS(Foscal Fossa) rilasciato ad aprile del 2020 e per il quale sono in programma aggiornamenti software e di sicurezza su desktop per almeno cinque anni, quindi sino ad aprile 2025. Ricordiamo infatti che le versioni LTS, a differenza di quelle non LTS, hanno un supporto di 5 anni invece le non LTS hanno un supporto di 9 mesi (o 18 mesi, dipende dalle decisioni di Canonical). Nelle non LTS, i programmi sono più aggiornati, ma essendo versioni con poco supporto, sono meno stabili. L’aggiornamento include pure il kernel Linux 5.13 e Mesa 21.2.6.
Ubuntu 20.0.4.4, al via il download
Bisogna tener presente che il kernel Linux 5.13 nella versione 20.04.4 del sistema operativo è fruibile solo in caso di nuove installazioni. Per cui tutti coloro che eseguono Ubuntu 20.04 LTS con il kernel stock (es. Linux 5.4) non riceveranno quello più recente durante l’esecuzione dell’aggiornamento e dovranno provvedere ad installarlo manualmente se intendo servirsene.
Inoltre, la maggior parte dei pacchetti di base compresi in Ubuntu 20.04 LTS sono stati aggiornati alle ultime versioni dai repository. Questo per evitare di mettere gli utenti in condizione di dover scaricare centinaia di update in seguito all’installazione.
Ubuntu 22.04, prossimamente
Per il resto, l’aspetto del sistema operativo è praticamente lo stesso di GNOME 3.36 utilizzato dal lancio di Ubuntu 20.04 LTS due anni fa. Il medesimo discorso vale per tutte le altre versioni ufficiali (es. Kubuntu, Lubuntu, Xubuntu, MATE, Budgie e Kylin).
Il download dell’immagine ISO della relase 20.04.4 può essere effettuato direttamente dal sito Internet ufficiale della distro, ma coloro che stanno già usando la versione 20.4 possono aggiornare l’installazione corrente dal sistema operativo semplicemente impartendo il comando sudo apt update && sudo apt full-upgrade nel Terminale.
Da notare che il 21 aprile 2022 Canonical rilascerà Ubuntu 22.04 (Jammy Jellyfish) come prossima serie LTS della distro Linux e anche in questo caso il supporto sarà assicurato per almeno altri cinque anni.
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