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Formazione, Internet, Sicurezza informatica, Software

Configurare la posta Gmail su Outlook

Hai provato a configurare la posta Gmail su Microsoft Outlook ma non funziona?. Sia la configurazione automatica che quella manuale, con i parametri di configurazione proposti da Google, sembrano errati. Nemmeno la funzionalità IMAP dalle impostazioni Gmail nella voce “inoltro POP/IMAP” hanno esito negativo. La soluzione al problema potrebbe essere l’attivazione dell’accesso alle app meno sicure di Google.

Come Configurare la posta Gmail su Outlook

Per configurare la posta Gmail su Outlook e Windows, occorre apportare delle modifiche alle impostazioni di sicurezza dell’account Google.

Attivazione modulo IMAP e POP3 sulla casella di posta Gmail

Esistono delle politiche di prevenzione che impediscono la configurazione della posta Gmail su dispositivi che utilizzano tecnologie non sicure di connessione dal punto di vista di Google. Guarda caso, Microsoft Outlook rientra quasi sempre in questa lista, a differenza di client di posta quali Mail per OS X Apple.

Impostazione sicurezza account Google

Soluzione ai problemi di utilizzo Gmail su Outlook

  1. Accedi al link https://www.google.com/settings/security/lesssecureapps e loggati con le tue credenziali Gmail se non lo hai già fatto;
  2. Seleziona la voce “ATTIVA” su “Accesso per app meno sicure” e clicca su FINE
  3. Configura la casella di posta Gmail su Outlook utilizzando la configurazione automatica o quella manuale.

Impostazioni IMAP per la posta GMail

Server posta in arrivo (IMAP), è richiesto SSL

  • imap.gmail.com
  • Porta: 993
  • Richiede SSL: sì

Server posta in uscita (SMTP), è richiesto TLS o SSL

  • smtp.gmail.com
  • Porta: 465 o 587
  • Richiede SSL: sì
  • Richiede l’autenticazione: sì
  • Utilizza le stesse impostazioni del server della posta in arrivo
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Formazione, Internet, Software

Velocizzare WordPress filtrando i plugin

I plugin di WordPress rappresentano importanti risorse di sviluppo per il popolare content management system (CMS). Tramite i plugin è possibile aggiungere moduli e funzioni, senza essere sviluppatori WordPress. Tuttavia, non tutti sanno che i plugin possono ridurre sensibilmente le prestazioni del sito, rallentandolo notevolmente. Se i plugin non sono sviluppati e testati correttamente, possono aumentare drasticamente i tempi di esecuzione degli script e rallentare il caricamento delle pagine. Vi spieghiamo come velocizzare WordPress, filtrando i plugin e scegliendo in quale pagina del sito attivarli, bloccandoli in tutte le altre.

Quando i Plugin di WordPress possano rallentare il sito

Prima di installare un plugin di WordPress, sarebbe utile testarlo in locale e valutare la ricaduta sulle performance del sito. Un nuovo plugin è una nuova porzione di codice aggiuntiva, che potrebbe comportare anche problemi di sicurezza e che richiede quindi la massima attenzione. L’esempio più emblematico di plugin da installare con cautela è rappresentato da Contact Form 7, il diffusissimo Plugin per l’inserimento di moduli di contatto su WordPress. Questo plugin, che funziona molto bene, include in tutte le pagine del sito due risorse, anche se nella pagina non si trova alcun modulo di contatto. Le risorse incriminate sono script.js e style.css. Il caricamento incondizionato di questi elementi, comporta l’inutile spreco di risorse di WordPress e il conseguente rallentamento delle prestazioni. Fortunatamente esiste una soluzione per questo problema, incrementando un sistema che permetta di attivare o disattivare il plugin in base ad alcune condizioni e singole pagine.

Velocizzare WordPress con i Plugin

Esistono due modi per disattivare un plugin di WordPress in base alla pagina; il primo metodo è quello di realizzare manualmente uno script PHP, salvandolo nella cartella dei Must-use-plugin di WordPress.

Velocizzare WordPress filtrando i plugin


Must-use-plugin di WordPress sono plugin atipici, che vengono eseguiti prima dei plugin tradizionali e non possono essere visibili o gestiti dalla bacheca di WordPress. L’unico modo per creare un Must-use-plugin è quello di collocarli manualmente all’interno della cartella predefinita /Sito/mu-plugins/.

La seconda soluzione, molto più semplice, consiste nell’installare un plugin che permetta di filtrare l’esecuzione selettiva di tutti gli altri plugin. Plugin Load Filter è la soluzione completa per attivare o disattivare i plugin, in base ad alcuni criteri. Una volta installato il plugin sarà possibile richiamare la pagina di configurazione, posizionandosi nella barra laterale dei menu, su Plugin > Plugin Load Filter. La prima schermata del menu permette di selezionare i plugin da disattivare. Per ciascun plugin è possibile assegnare tre valori: Norman Load (predefinito), Admin Filter e Page Filter.

La prima opzione, indica che il plugin corrispondente sarà sempre attivo, incondizionatamente, su tutte le pagine. Assegnando ad un plugin l’opzione Admin filter, significa indicare a WordPress che quel preciso elemento dovrà funzionare solo quando si effettuerà il login con utenza amministrativa di WordPress. L’ultima opzione, quella più intrigante e funzionale, permette di assegnare diversi criteri di attivazione e disattivazione dei plugin. Le eccezioni previste dalla funzione Page Filter, permettono per esempio di attivare un plugin di WordPress solo nella versione desktop del sito e disattivarla in quella mobile (e viceversa), di selezionare solo alcune pagine in cui il plugin dovrà lavorare, e tanto altro.

load filter

Come misurare la velocità di WordPress

Chiaramente, la procedura descritta rappresenta solo una parte delle operazioni da effettuare per ottimizzare un sito WordPress, in ottica di performance e SEO. Ora che avete imparato a filtrare i plugin, provate a testare le performance del sito, utilizzando uno tra i servizi elencati di seguito.

I tool per misurare la velocità di WordPress

In rete esistono diversi strumenti per misurare le performance di un sito web; alcuni di essi sono davvero validi e ci consentono di testare il sito WordPress (ma non solo), per evitare penalizzazioni o malfunzionamenti. Un sito veloce e funzionale è sempre un passo in avanti rispetto ad uno più lento e problematico. Ecco tre tool che potete utilizzare per testare il vostro

Pingdom.com è uno strumento completamente gratuito, che permette di misurare il caricamento di pagine ed elementi integrati (immagini, CSS, JavaScript) creando report finali di facile lettura per tutti gli utenti. La versione a pagamento, consente di pianificare analisi automatica del sito, generando avvisi in caso di riduzione delle prestazioni.

pingdom

PageSpeed Insights è uno strumento di rilevazione delle prestazioni di un sito che utilizza i criteri di valutazione di Google. Tramite questo strumento è possibile verificare le performance di un sito nella versione mobile o tradizionale. PageSpeed Insights genera report finali dettagliati, con valutazione complessiva da 1 a 100 e consigli sulle parti del sito da ottimizzare.

pagespeed insights

GTmetrix è uno strumento molto utile e funzionale per la misurazione delle performance di un sito. Permette di confrontare siti, offre report dettagliati, esportabili sul PC. E’ uno strumento valido e funzionale alla portata di tutti. Come Pingdom, anche GTmetrix nella versione a pagamento permette di effettuare scansioni automatiche e di essere avvisati in caso di problemi di performance del proprio sito.

gtmetrix
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Cloud Computing, Formazione, Software

Usare Chrome OS su qualsiasi Computer

Una breve guida per spiegarvi passo passo come usare Chrome OS su qualsiasi Computer per valutare eventualmente un acquisto di un Chromebook vero e proprio. E’ piuttosto semplice farsi un’idea di come funziona Chrome OS. Vi guideremo nell’installazione di Chromium OS (la versione open source di Chrome OS) e di una variante più completa dello stesso Chromium chiamata CloudReady OS.

Nulla vi vieta di installare in modo definitivo una delle due proposte, rispetto ad un Chromebook con Chrome OS la principale differenza sarà l’assenza del Google Play Store da cui installare le app compatibili. Una strada ancora più semplice prevede di collegarsi ad un sito realizzato da Google che simula l’utilizzo di un Chromebook, potete raggiungerlo cliccando sul link a seguire.

CHROMEBOOK SIMULATOR

Provare Chromium o CloudReady vi farà capire le potenzialità del sistema permettendovi di valutare se possa essere adatto alle vostre esigenze. Non badate troppo alle performance perché caricheremo il sistema operativo su una chiavetta USB, per forza di cose le performance non potranno essere eccellenti, a differenza di quanto avviene con un Chromebook vero e proprio.

Un modo per risolvere questo inconveniente è installare effettivamente Chromium o CloudReady sul disco SSD del vostro PC, ma vi consigliamo prima di provarlo su una chiavetta.

PROVARE CHROMIUM OS | GUIDA

chromium

i proponiamo di provare prima di tutto Chromium, in pochi semplici passaggi sarete pronti ad avviare la vostra chiavetta USB con il sistema operativo.

Scaricate la versione corretta per il vostro PC nel database raggiungibile a questo sito:

Cercate l’ultimo file disponibile con un nome che inizia con Camd64OS seguito da un codice numerico (data + versione).

Come vedete si tratta di un file compresso di tipo .7z (7zip). Una volta terminato il download potete estrarlo con il tool integrato in Windows o MacOS oppure usare programmi di terze parti come 7zip, gratuito e open source.

All’interno del pacchetto scaricato troverete un file .img (immagine disco), come nelle ricette di cucina, prendetelo e tenetelo da parte.

Ora vi servirà un semplice programmino per creare una chiavetta USB avviabile. In altre parole un tool che converte il file immagine di disco in qualcosa che si possa avviare effettivamente sul vostro Notebook. Chiaramente vi servirà una chiavetta USB, possibilmente veloce da almeno 8 GB.

Il programmino in questione che vi suggeriamo si chiama balenaEtcher, è compatibile con Windows, Linux e Mac, lo trovate al seguente link:

DOWNLOAD BALENA ETCHER

ATTENZIONE: la procedura cancellerà tutti i dati preesistenti sulla chiavetta, assicuratevi dunque che sia vuota o non contenga file da conservare.

Inserite la vostra chiavetta nel Notebook, aprite balenaEtcher. Nel pulsante centrale potete scegliere la chiavetta USB come supporto per l’avvio di Chromium, con il pulsante sinistro potete scegliere il file immagine di Chromium che avete precedentemente estratto.

Attenzione a questi passaggi! Selezionate il file .img che avete estratto, non altro, ma soprattutto occhio a selezionare la chiavetta USB che avete inserito e non il disco di sistema o altri dischi eventualmente collegati al momento su quel PC.

Quando è tutto pronto premete su “Flash!”. Ci metterà al massimo una decina di minuti, dipende dalla vostra chiavetta USB.

Quando la procedura sarà terminata il più sarà fatto, potete spegnere il PC.

Assicuratevi che la chiavetta sia inserita, all’avvio premete il tasto F12 (⌘ per Mac) non appena compare il logo del produttore del notebook, questo vi permetterà di entrare in un menù semplicissimo chiamato “boot option”.

Vedrete un elenco dei dischi presenti sul PC, compresa la chiavetta che avete inserito. Selezionatela spostandovi con le frecce della tastiera e premete invio per caricare il contenuto della chiavetta. Solo così potrà avviare Chromium OS.

Attenzione, al momento non avete modificato nulla sul vostro PC, semplicemente gli avete imposto di caricare la chiavetta USB anziché il SO installato sui dischi integrati.

Dopo un caricamento di alcuni minuti vedrete comparire le prime schermate di Chromium OS, non vi spaventate se in questo momento il notebook dovesse sembrarvi bloccato con schermo nero, non visualizzerete una barra di caricamento, rimarrà quindi apparentemente inattivo per diversi minuti, massimo una decina.

Comparirà poi la prima schermata di Chromium. Attendete ancora qualche minuto prima di completare la configurazione iniziale in modo che Chromium OS venga caricato in memoria e le prestazioni diventino di conseguenza accettabili. Diversamente vedrete tutto muoversi molto lentamente e vi passerà la voglia di provarlo veramente.

Vien da sé che se sostituite una semplice chiavetta USB con un SSD portatile o con altro di più performante, anche la reattività di Chromium ne guadagnerà.

PROVARE CLOUDREADY OS | GUIDA

Rispetto ad una prova più “grezza” con Chromium OS, quella con CloudReady è qualcosa di decisamente più completo. Si tratta infatti di un vero e proprio OS ottimizzato e abbellito pronto all’uso quotidiano. Neverware, l’azienda che lo ha sviluppato sulla base di Chromium OS, mette a disposizione una versione totalmente gratuita per uso personale, una educational ed una enterprise con piani di pagamento e funzionalità differenti.

Ci sono diversi metodi per installare CloudReady su chiavetta. Noi vi proponiamo quello ufficiale ma online potrete trovare numerosi tutorial, ad esempio utilizzando balenaEtcher che vi abbiamo consigliato per ChromiumOS. Con Windows esiste addirittura un tool sviluppato da Neverware, l’azienda di CloudReady, per l’installazione guidata, è una ulteriore possibilità.

In ogni caso l’installazione su chiavetta USB avviabile per CloudReady è davvero semplicissima e all’interno della versione per chiavetta troverete un programma che consente l’installazione definitiva su un disco interno.

CloudReady è largamente compatibile con i notebook, alcuni sono stati inseriti in un elenco di dispositivi “certificati”, su queste macchine avrete la garanzia di una piena operatività e completa funzionalità. Se il vostro laptop non fosse inserito nella lista di certificati non disperate, la stessa Neverware incoraggia a provare l’installazione via USB, molto probabilmente non incontrerete alcun problema.

INSTALLAZIONE SU CHIAVETTA USB

Procuratevi una chiavetta USB, possibilmente veloce, con almeno 8 GB di spazio di archiviazione. Tenete presente che tutto ciò che contiene verrà resettato per poter creare il supporto avviabile con CloudReady.

Su questa pagina potete trovare un tutorial molto dettagliato fornito dalla casa di sviluppo del sistema. Vediamo brevemente i passaggi salienti.

Prima di tutto scaricate sul vostro notebook il file immagine di CloudReady. Nella pagina di download potrete scegliere se scaricare il tool di creazione USB che farà tutto in automatico (solo Windows) oppure scaricare il file immagine per creare manualmente il supporto USB, noi seguiremo questa seconda strada. Cliccate quindi su DOWNLOAD 64-BIT IMAGE

DOWNLOAD CLOUDREADY

Verrà scaricato un file archivio, estraetelo con il tool integrato nel vostro sistema operativo o con alternative di terze parti come 7zip. Otterrete un file di tipo .bin.

Sul vostro PC dovete avere installato il browser Chrome. Poi aggiungete l’estensione “utilità di ripristino Chromebook”, la trovate al seguente link:

DOWNLOAD UTILITA’ DI RIPRISTINO CHROMEBOOK

Dopo aver aggiunto l’estensione di Chrome apritela cliccando su Avvia nella pagina da cui l’avete scaricata. Poi cliccate in alto a destra sull’icona a forma di ingranaggio e su usa immagine locale. Poi selezionate il file .bin di CloudReady che avete estratto in precedenza e avviate la procedura, ci vorranno almeno 10 minuti.

Dopo aver creato l’unità USB di avvio potete spegnere il PC.

Assicuratevi che la chiavetta sia inserita, all’avvio premete il tasto F12 (⌘ per Mac) non appena compare il logo del produttore del notebook, questo vi permetterà di entrare in un menù semplicissimo chiamato “boot option”.

Vedrete un elenco dei dischi presenti sul PC, compresa la chiavetta che avete inserito. Selezionatela spostandovi con le frecce della tastiera e premete invio per caricare il contenuto della chiavetta. Solo così potrà avviare CloudReady.

Attenzione, al momento non avete modificato nulla sul vostro PC, semplicemente gli avete imposto di caricare la chiavetta USB anziché il SO installato sui dischi integrati.

Dopo aver selezionato l’avvio da chiavetta USB lo schermo si spegnerà per qualche minuto, non preoccupatevi se lo vedete apparentemente bloccato. Ad un certo punto comparirà la prima schermata di CloudReady e a seguire potrete completare la configurazione.

Una volta avviato il sistema operativo potrete divertirvi ad esplorare le funzionalità. Cliccando in basso a destra su “Install OS” verrete guidati nell’installazione definitiva o in dual boot di CloudReady sul vostro PC.

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Google Calendar, come utilizzarlo al meglio

Tra gli strumenti più utili di Google legati alla produttività c’è sicuramente Google Calendar. Servizio questo utile per creare, condividere e gestire al meglio tutti gli eventi, gli appuntamenti e i promemoria del giorno. In questa guida andremo ad analizzare tutte le sue potenzialità, cercando di darvi alcuni utili consigli che vi aiuteranno a capire come utilizzare al meglio Google Calendar. Prima di farlo però, vediamo brevemente di cosa si tratta, così che anche chi non conosce il servizio potrà approfittarne.

Che cos’è Google Calendar

Per dirla nella maniera più semplice possibile: Google Calendar è una piattaforma online creata da Google per raccogliere tutti i calendari desiderati, così da poterli anche condividere ed esportare (o importare) per l’utilizzo su servizi analoghi. Si basa principalmente sulla sincronizzazione con l’account Google (quello utilizza anche per Gmail). Infatti per questo motivo, non manca una profonda integrazione con tutti gli altri strumenti ideati dalla stessa azienda. Inoltre, offre tutte le sue funzionalità anche al servizio di applicativi di terze parti, in modo da ampliare ulteriormente le sue capacità. In poche parole è uno strumento gratuito per organizzare eventi e appuntamenti attraverso una piattaforma cloud. Ciò significa che con questa agenda elettronica puoi raggiungere in qualsiasi momento il tuoi planning, anche da smartphone.

Google Calendar, come utilizzarlo al meglio

Google Calendar può essere consultato su tantissimi dispositivi diversi. Questo perché dispone di un’applicazione per smartphone e tablet (sia Android che iOS) e di un’interfaccia online. Quest’ultima accessibile tramite un qualsiasi browser web, sia desktop che mobile. Gli unici fattori necessari saranno: possedere una connessione internet e un account Google.

L’interfaccia di Google Calendar

Per parlare dell’interfaccia di Google Calendar ci concentreremo per lo più sulla piattaforma desktop, in quanto risulta essere quella più utilizzata e ricca di opzioni. Subito dopo aver eseguito l’accesso al sito Web dedicato (inserendo le credenziali Google), apparirà una schermata suddivisa in due zone. La colonna dei menu sulla sinistra e il piano di lavoro principale in tutta la zona centrale e destra.

Il primo elemento che appare in alto a sinistra è il bottone “Crea”, molto utile per avviare la schermata di creazione di un nuovo evento, che affronteremo però nei paragrafi successivi. Subito in basso non manca un piccolo calendario mensile, perfetto per avere a colpo d’occhio l’organizzazione dei giorni in un mese specifico. Il quale ovviamente potrà essere modificato attraverso le frecce nell’angolo a destra. Inoltre, cliccando su un particolare giorno, si verrà trasportati direttamente in quel giorno, mostrando quindi tutti gli eventi e i promemoria creati.

Infine, andando ancora più in basso, si incontreranno tutti i calendari creati. Questi saranno tutti abilitati per la visualizzazione di default, ma togliendo il segno di spunta sulla sinistra verranno momentaneamente nascosti dal piano di lavoro principale. Da qui si potranno anche modificare oppure crearne di nuovi.

Tutta la zona centrale sarà quindi dedicata all’effettiva visualizzazione degli eventi e dei promemoria, i quali potranno anche essere modificati, esportati ed eliminati attraverso semplicissime operazioni. Cliccando su un punto vuoto del piano di lavoro si potrà infatti creare un nuovo evento. Questo senza la necessità di passare per il bottone visto in precedenza. In alto non mancherà la possibilità di navigare tra i giorni, oppure tornare alla timeline attuale cliccando su “Oggi” in alto a sinistra. Aprendo invece il menu a tendina alla destra dell’icona ad ingranaggio delle impostazioni si potrà modificare l’interfaccia. Qui visualizzeremo: solo un giorno, una settimana, un mese, un anno o anche solo 4 giorni.

Creare e aggiungere calendari

Ecco come creare nuovi calendari, in modo da generare un nuovo spazio di lavoro da organizzare. Per farlo bisognerà scendere ancora una volta nella sezione in basso a destra e cliccare sull’icona “+” alla destra di “Altri calendari”. Qui appariranno quindi diverse opzioni. Iscriviti al calendario, per aggiungere automaticamente un calendario creato da un altro utente. Crea nuovo calendario, per crearne uno nuovo personalmente. Sfoglia calendari di interesse, per aggiungerne uno presente nel catalogo offerto dal Google (ad esempio le fasi lunari). Da URL, per aggiungerne uno pubblico e condiviso tramite link, e infine Importa, per importare un file di tipo “.ics”.

Scegliendo “Crea nuovo calendario” si avvierà la schermata di modifica, in cui poter aggiungere il nome, la descrizione e il fuso orario principale. In seguito si potrà ovviamente modificare con le opzioni viste in precedenza.

Come personalizzare un calendario

Prima abbiamo fatto riferimento alla possibilità di modificare i calendari creati e presenti di default, perciò vediamo adesso in che modo farlo. Per avviare la sezione di modifica basterà portare il cursore sul nome del calendario da editare (nella lista in basso a sinistra) e subito dopo cliccare sull’icona con tre puntini che appare alla sua destra. Già da qui si potrà modificare il colore di visualizzazione, ma per tutte le altre opzioni bisognerà scegliere la voce “Impostazioni e condivisione”.

A questo punto si potrà quindi modificare il nome, scrivere una breve descrizione, impostare il fuso orario principale, modificare gli avvisi e le notifiche da impostare di default per i nuovi eventi. Oppure scegliere se renderlo privato o pubblico, con eventuale possibilità di ottenere il link per la condivisione.

Creare un evento con Google Calendar

Arriviamo quindi ad una delle opzioni principali del servizio. Per creare un nuovo evento sarà sufficiente cliccare su “Crea” in alto a destra. Automaticamente si avvierà una schermata miniaturizzata in cui includere le informazioni più importanti. Tra cui: titolo,  orario, eventuale ripetizione, luogo, descrizione e tipo di calendario. Cliccando invece su “Altre opzioni” si avvierà la schermata completa in cui inserire informazioni più approfondite o invitare altri utenti a partecipare. Infine, per confermare il tutto, non servirà altro che cliccare sul tasto blu “Salva“.

Ripeti l’evento più volte

All’interno della stessa schermata di creazione (o modifica, visto che sono le stesse) di un evento, si potrà anche decidere se ripetere o meno un appuntamento. Per farlo sarà sufficiente cliccare sul menu a tendina “Non si ripete” (proprio sotto il titolo) e scegliere se ripeterlo: ogni giorno, ogni settimana, ogni mese, ogni anno, oppure creare una ripetizione personalizzata. Inoltre, optando per quest’ultima opzione, sarà anche possibile fissare una data di fine ripetizione.

Come condividere un calendario

Tornando all’interno della schermata di modifica di un calendario (come visto in precedenza) invece, questo si potrà facilmente condividere con altre persone, offrendo anche la possibilità di modifica e personalizzazione degli eventi. Per farlo, basterà scendere in basso fino a raggiungere la sezione “Condividi con persone specifiche” e cliccare sull’opzione “Aggiungi persone”. Da qui si dovrà inserire l’indirizzo Gmail dell’utente e scegliere se consentirgli solo di visualizzare il calendario oppure di poterlo anche modificare.

Inviare email agli invitati

Una volta impostate le dovute personalizzazioni, per inviare il calendario bisognerà cliccare sul bottone blu “Invia”, alla destra di “Annulla”. A questo punto, il destinatario dell’invito riceverà due avvisi. Uno all’interno del proprio Google Calendar e uno tramite messaggio email, all’interno del quale non mancherà il tasto relativo all’accettazione e alla successiva importazione del calendario condiviso.

Creare un promemoria con Google Calendar

Con Google Calendar però, oltre agli eventi, si potranno anche gestire i promemoria, i quali verrano anche importati da Google Assistant. Per creare un nuovo promemoria bisognerà cliccare nuovamente su “Crea” in alto a sinistra e subito dopo selezionare l’opzione “Promemoria” sotto il campo dedicato al titolo. Da questo momento in poi, le opzioni di modifica verranno ridotte, in modo da concentrare l’attenzione solo sulla data, l’orario e l’eventuale ripetizione del promemoria. Una volta inserite tutte le informazioni, basterà cliccare su “Salva” per confermare tutto.

Integrare calendari comuni

I calendari comuni, su Google Calendar chiamati “Calendari di interesse”, sono sostanzialmente degli eventi precisi, comuni a chiunque e in genere incentrati su un’unica categoria di informazione. Per fare un esempio banale, il classico calendario delle “Festività italiane” è proprio un calendario comune e viene in genere attivato di default sulla maggior parte dei servizi di questo tipo.

Google Calendar dispone di tantissimi calendari di interesse, i quali possono essere attivati in pochissimo tempo. Per farlo sarà sufficiente cliccare sull’icona “+” alla destra di “Altri calendari” (nell’angolo in basso a sinistra della schermata). Una volta qui cliccare su “Sfoglia i calendari di interesse”. Qui saranno presenti i calendari delle festività di altre religioni, quello delle fasi lunari, oppure delle partite di una specifica squadra sportiva.

Qualora si volesse invece scaricare un calendario comune da Internet, per importarlo basterà cliccare sull’icona “+” alla destra di “Altri calendari” e concludere con “Importa”, così da selezionare il file “.ics” precedentemente scaricato.

Inserire un calendario su un sito web

Un qualsiasi calendario di Google può anche essere interamente pubblicato all’interno del proprio sito web. Questo, grazie attraverso semplici operazioni di copia incolla del codice HTML generato dal servizio. Per procedere, bisognerà prima di tutto cliccare sull’icona delle impostazioni (ingranaggio) in alto a destra e subito dopo continuare con “Impostazioni”.

Ora sarà necessario selezionare il nome del calendario da pubblicare dalla colonna a sinistra della schermata e copiare il codice HTML (dopo aver scelto “Personalizza” per modificarne le opzioni) presente nella sezione “Integra calendario”. A questo punto non servirà altro che incollarlo nella pozione preferita del sito web.

Qualora si volesse invece solo offrire la possibilità di scaricare il calendario, allora bisognerà cliccare sull’icona con tre puntini alla destra del nome del calendario da condividere (nell’angolo in basso a sinistra della schermata), poi su “Impostazioni e condivisione”, aggiungere il segno di spunta alla destra di “Rendi disponibile pubblicamente” e infine cliccare su “Ottieni link condivisibile” che dovrà essere copiato e incollato nella sezione preferita.

Cercare eventi passati

Proprio come su Gmail, anche Google Calendar dispone di filtri di ricerca molto avanzati e precisi. Grazie a questi, si potranno infatti ricercare gli eventi appartenenti a diverse categorie, quelli passati compresi. Per farlo basterà cliccare sull’icona della lente in alto a destra, aprire il menu a tendina cliccando sull’icona del triangolo alla destra del campo di testo e scegliere l’intervallo di date nel quale avviare la ricerca degli eventi. A questo punto, non servirà altro che confermare con “Cerca” in basso.

Aggiungere una videoconferenza

Durante la fase di modifica e creazione di un evento, sarà anche possibile programmare una videoconferenza tramite il servizio “Meet”, anch’esso di proprietà di Google. I passaggi per farlo saranno piuttosto semplici, in quanto messi in primo piano dalla setta azienda.

Subito dopo aver inserito il titolo dell’evento infatti, basterà premere sulla voce “Aggiungi videoconferenza con Google Meet” in basso e automaticamente verrà generato un URL da copiare e condividere con tutti i partecipanti. Ricordiamo però che le conferenze di Meet supportano fino ad un massimo di 100 persone in contemporanea.

Inserire un allegato

Le note degli eventi in Google Calendar possono diventare più complesse e complete di quanto ci si aspetti. Dopo aver infatti effettuato l’accesso alla schermata di creazione o modifica di un evento (come visto nei precedenti paragrafi), in basso apparirà un box dedicato interamente all’aggiunta di dettagli inerenti all’appuntamento.

Fra i tanti, non mancherà anche l’icona relativa all’inserimento degli allegati. Per inserirne uno basterà infatti cliccare sull’icona a forma di graffetta e automaticamente si aprirà una finestra dal quale selezionare il servizio di importazione degli allegati. Questi potranno infatti essere recuperati sia da Google Drive che dal computer stesso. Subito dopo aver selezionato il file desiderato, non servirà altro che confermare con il pulsante “Seleziona” in basso a sinistra.

Sincronizzare Google Calendar con i propri dispositivi

Come avrete sicuramente capito, per sincronizzare gli appuntamenti di Google Calendar sui propri dispositivi, mobile o desktop, bisognerà soltanto avviare il servizio (anche tramite applicazione gratuita per smartphone e tablet) ed effettuare l’accesso con lo stesso account Google. Tutti gli venti sono infatti conservati nel cloud di Google, così da poterli visualizzare ovunque.

In particolare però, qualora si volesse sincronizzare Google Calendar nel calendario di iPhone e iPad (senza scaricare l’app di Google Calendar), bisognerà passare per le impostazioni di sistema. In particolare, andando, su iPhone o iPad, in “Impostazioni”, poi in “Calendario” e infine su “Account”, si potrà configurare l’account Google attraverso l’opzione “Aggiungi account”. Una volta fatto, tutti gli eventi saranno visibili anche sull’app “Calendario” di iOS.

Le scorciatoie di Google Calendar

Il sito Web di Google Calendar è anche ricco di scorciatoie da tastiera, così da rendere ancora più rapida la navigazione del servizio. In particolare, le scorciatoie si dividono in tre gruppi fondamentali: navigazione, modifica di visualizzazione e modifica di eventi.

Per quanto riguarda la navigazione, tra le scorciatoie più comode riportiamo: T per tornare al calendario di oggi, S per aprire le impostazioni, R per aggiornare il calendario, / per avviare la ricerca e G per passare ad una data specifica.

I controlli di visualizzazione sono invece: 1 per la visualizzazione Giorno, 2 per quella Settimana, 3 per quella Mese, 4 per quella Personalizzata e infine 5 per l’Agenda.

Le scorciatoie più utilizzate riguardano però la modifica degli eventi. C per creare un nuovo evento, E per vederne i dettagli, CANC per eliminarlo, Z per annullare un’operazione ed ESC per uscire dai dettagli e tornare alla visualizzazione del calendario.

Esportare e importare eventi in Google Calendar

Infine, prima di chiudere con la guida, vediamo in che modo importare o esportare particolari calendari. Per quanto riguarda la prima delle due operazioni, abbiamo visto più volte che per generare un nuovo calendario è necessario raggiungere la sezione dei calendari in basso a sinistra e cliccare sull’icona “+” alla destra di “Altri calendari”. Una volta fatto, apparirà la voce “Importa”, all’interno della quale si dovrà trascinare il file “.ics” contenente il calendario, oppure selezionarlo dopo aver cliccato su “Seleziona il file dal computer”.

Per esportare un calendario bisognerà invece tornare nella sezione in basso a sinistra, cliccare sull’icona con tre puntini alla destra del nome del calendario da esportare e poi continuare con “Impostazioni e condivisione”. Qui, proprio sotto la sezione di modifica, comparirà il tasto “Esporta calendario”, che se premuto genererà un file “.ics” contenente tutti gli eventi del calendario scelto. Attenzione però, perché alcuni calendari, come ad esempio quello dedicato ai compleanni, non potranno essere esportati. In questo caso il tasto di esportazione non sarà presente.

Google Calendar for Business: di cosa si tratta

Oltre al calendario per la famiglia è disponibile anche una versione aziendale, Google Calendar for Business, con cui si possono creare e gestire calendari specifici per i progetti in team. Questa funzionalità è compresa all’interno del pacchetto GSuite by Google Cloud. Un servizio questo che permette di archiviare i file sui server di Google, per condividere in tempo reale ogni informazione e attività del calendario. In questo caso si tratta di un servizio a pagamento, tuttavia è possibile richiedere un periodo di prova gratuito.

Google Calendar for Business è integrato con diverse applicazioni, tra cui Gmail, Google Drive, Hangouts e Sites, con soluzioni e piani tariffari sviluppati appositamente per ogni esigenza, dalle piccole aziende ai liberi professionisti, dai lavoratori in remoto alle grandi imprese. Con questo programma è possibile pianificare le riunioni, verificando in tempo reale la disponibilità dei colleghi e dei dipendenti che lavorano da casa. Inoltre è possibile accedere da qualsiasi dispositivo, condividere le risorse e pubblicare dei calendari pubblici sul web.

Google Calendar Famiglia: cos’è e come funziona

Una funzionalità innovativa permette di creare un calendario per la famiglia, in cui ogni componente del nucleo familiare può aggiungere eventi e attività, per condividere le informazioni e gestire gli appuntamenti, ad esempio delegando il ritiro della spesa. Oppure ricordando al proprio compagno di andare a prendere il bambino alla festa di compleanno di un amico. Per attivare questo servizio bisogna innanzitutto creare una famiglia su Google, andando sul sito web families.google.com, dove è possibile impostare un gruppo con un massimo di 6 partecipanti.

Con i dispositivi mobili è possibile scaricare Google One, un’applicazione che consente di gestire i gruppi e le famiglie, altrimenti basta accedere tramite la versione online. Poi è necessario aprire Google Calendar, creare un nuovo calendario e condividerlo con il gruppo della famiglia, gestendo tutte le funzionalità all’interno della sezione Impostazioni. Per aggiungere un impegno bisogna accedere all’applicazione, cliccare su Crea un evento, selezionare il nome del calendario della famiglia, inserire l’evento e salvarlo.

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spazio su disco insufficiente
Formazione, Software

Liberare spazio su disco con Windows 10

In questa guida, spieghiamo come liberare spazio su disco con Windows 10, senza ricorrere alla cancellazione dei documenti personali. Ecco qualche trucco e suggerimento per Windows 10 e versioni precedenti del sistema operativo.

Una delle problematiche più diffuse, tra chi utilizza un personal computer è quella di individuare una strategia valida per liberare spazio su disco, senza cancellare i dati personali. Nonostante i moderni notebook o computer fissi utilizzino hard disk di capacità sempre maggiore, può capitare che lo spazio a disposizione esaurisca rapidamente, con conseguenze anche devastanti, come cali di prestazione del PC e l’impossibilità di memorizzare ulteriori documenti personali sul supporto. In questa guida informatica spieghiamo qualche trucco per liberare spazio su disco, senza rinunciare ai propri file personali. Queste procedure sono basate sul sistema operativo Windows 10, ma possono essere applicate tranquillamente anche alle versioni precedenti del sistema operativo Microsoft.

Ritrovarsi con un pc ingolfato per i troppi file archiviati non è mai un bene: anche le più semplici operazioni potrebbero essere rallentate, e più in generale non poter più salvare nulla rappresenta già di per sè un bel problema.

Per questo motivo è importante prendere in considerazione l’idea di prevenire che il computer si appesantisca troppo, oppure di liberarlo dai troppi file nel caso in cui sia già sovraccaricato.

spazio su disco insufficiente

In primo luogo, vediamo cosa significa quando arriva il messaggio che notifica l’insufficienza di spazio su disco e poi come comportarsi di conseguenza. Per terminare la lettura dell’articolo ti basteranno pochi minuti, dopodiché avrai un quadro chiaro ed esaustivo di ciò che devi fare. Ma bando agli indugi, partiamo!

Utilizzare lo Strumento Pulizia disco di Windows

Non tutti sanno che Windows 10 integra uno strumento di pulizia per i file temporanei e i dati non necessari al corretto funzionamento del computer. Grazie allo strumento Pulizia disco di Windows è possibile liberare spazio su disco, con semplici click. Inoltre, all’interno di questo strumento può essere selezionata l’opzione “Pulizia file di sistema”, per liberare ulteriore spazio, come i “pesanti” file relativi agli aggiornamenti di Windows Update. Per essere ancora più efficaci, le operazioni per liberare spazio su disco possono contare sulla cancellazione dei punti di ripristino di Windows o le Copie Shadow.

Come usare lo strumento Pulizia disco di Windows:

  1. Premere la combinazione di tasti WIN+R per aprire la finestra Esegui;
  2. Digitare cleanmgr.exe e premere INVIO;
  3. Selezionare gli elementi da ripulire e premere OK;
  4. Al termine della pulizia, ripetere l’operazione, cliccando sul bottone “Pulizia file di Sistema”;
  5. Per cancellare le copie shadow e i punti di ripristino di Windows, cliccare sul TAB “Altre opzioni”, disponibile dopo aver selezionato l’opzione “Pulizia file di Sistema”.
pulizia disco
esegui pulizia

Disinstallare app e programmi inutili

Disinstallare un programma di Windows, oppure le applicazioni, potrebbe sembrare un’operazione banale e scontata. Tuttavia, nonostante la maggior parte dei programmi non occupi moltissimo spazio sul PC, si tratta di operazioni cruciali che possono aiutare a liberare spazio su disco rapidamente e concretamente. È possibile disinstallare programmi di Windows 10 utilizzando lo strumento integrato nel sistema operativo, o programmi gratuiti di terze parti come Revo Uninstaller. Il programma RevoUninstaller Free è molto utile poiché aiuta a eliminare ogni traccia dei software installati sul PC(chiavi di registro, file, cartelle), ottimizzando il processo di disinstallazione del software. Questo applicativo è disponibile gratuitamente, anche nella versione portable, che non richiede alcuna installazione.

Come disinstallare programmi con Windows:

Per disinstallare i programmi con gli strumenti di Windows integrati, seguire questa procedura:

  1. Premere la combinazione di tasti WIN+R per aprire la finestra Esegui;
  2. Digitare control.exe e premere INVIO;
  3. Cliccare su Programmi;
  4. Cliccare su Programmi e Funzionalità;
  5. Selezionare il programma da rimuovere;
disinstalla app

6. Cliccare su Disinstalla;

7. Chiudere la finestra.

Trovare e cancellare i file duplicati

Spesso, per distrazione o abitudine, finiamo per conservare sul computer file duplicati come documenti, immagini e video. Tuttavia, questa situazione può rappresentare un problema che renderà necessario qualche operazione per liberare spazio su disco. Scongiurando la possibilità di dover individuare manualmente gli elementi duplicati su Windows, esistono alcuni programmi che permettono di cercare file duplicati sul computer ed eliminarli con dei semplici click.

Come trovare file duplicati con CCleaner:

Il popolare software CCleaner è utilizzato da milioni di persone per ottimizzare e ripulire Windows. Tuttavia, si tratta di un programma completo che tra le numerosi funzionalità permette di cercare file duplicati sul PC e rimuoverli facilmente. Per sfruttare questa funzione è sufficiente seguire questa procedura:

  1. Scaricare CCleaner, anche in versione Portable, dal sito ufficiale;
  2. Installare e lanciare l’applicativo;
  3. Cliccare sul menu “Strumenti”;
  4. Cliccare su “Ricerca duplicati”; 
ccleaner file duplicati

5. Personalizzare la ricerca dei contenuti e cliccare su “Ricerca”;

6. Al termine della scansione, avremo l’elenco completo di elementi potenzialmente “duplicati”, da controllare, scremare e cancellare.

Attiva Sensore memoria

sensore memoria

Un ottimo metodo per eliminare file non necessari o temporanei dal tuo pc è quello che prevede l’utilizzo del Sensore memoria. Abilitandolo, Wndows eseguirà in automatico la rimozione dei file non necessari, inclusi quelli temporanei e i file non presenti nel Cestino. Ciò avverrà quando lo spazio su disco sarà insufficiente o a intervalli specificati.

Per abilitare e configurare Sensore memoria segui il percorso Start > Impostazioni > Sistema > Archiviazione, poi nell’area di archiviazione abilita “Sensore memoria”. A questo punto seleziona “Configura Sensore memoria o eseguilo ora“, mentre nell’area “Esegui sensore memoria” scegli la frequenza di esecusione del sensore.

Puoi selezionare i file che vuoi che vengano elimitati in automatico da Sensore memoria e gli intervalli di tempo corrispondenti. Fatto questo, scorri verso il basso e clicca su “Pulisci ora”: ci vorrà un po’ di tempo per completare la pulizia dei file. Verrà visualizzato un messaggio indicante la quantità di spazio su disco liberata.

Ridurre lo spazio per il ripristino di sistema

Un altro suggerimento da prendere in considerazione per liberare spazio su disco in Widows 10 è quello di ridurre lo spazio riservato dal sistema operativo allo strumento “Ripristino configurazioni di sistema“. Per farcela è necessario in primis premere la combinazione dei due tasti Windows+R per aprire la finestra di dialogo “Esegui”: qui digita e invia il comando sysdm.cpl.

ridurre spazio ripristino sistema

Verrà immediatamente aperta la finestra “Proprietà del sistema”. Nel tab “Protezione sistem” seleziona il disco principale dove è installato Windows e in corrispondenza dell’opzione “È possibile configurare le impostazioni di ripristino, gestire lo spazio sul disco ed eliminare punti di ripristino”, clicca su “Configura” per aprire la finestra “Protezione sistema”.

A questo punto, nell’area “Utilizza spazio su disco” agisci sul cursore “Utilizzo massimo” per ridurre lo spazio occupato sul disco riservato allo strumento “Ripristino configurazione di sistema”. Ti raccomandiamo di non ridurre lo spazio sotto i 5 GB, così ci sarà spazio almeno per 2/3 punti di ripristino. Conferma tutto cliccando su “Applica” e “OK”

protezione sistema disco locale

Creare uno script per eliminare i file temporanei di Windows

L’ultimo suggerimento che vogliamo regalarvi è quello più tecnico e divertente. I tecnici informatici o gli appassionati di computer più smanettoni, saranno felici di creare uno script PowerShell per cancellare i file temporanei di Windows 10, effettuando la pulizia del disco con un semplice click. Sarà sufficiente copiare le istruzioni in fondo all’articolo, incollarle all’interno di un file di testo e assegnare l’estensione .PS1 al file generato.

Come creare uno script PowerShell per cancellare i file temporanei di Windows 10:

  1. Copiare il contenuto dello script pubblicato sotto questa procedura;
  2. Creare un nuovo documento di testo e incollare al suo interno il contenuto dello script;
  3. Assegnare l’estensione .PS1 al nuovo file di testo generato;
  4. Premere la combinazione di tasti WIN+S e digitare PowerShell nel campo di ricerca;
  5. Cliccare con il tasto destro sul risultato “Windows PowerShell App desktop” e selezionare Esegui come amministratore;
  6. Posizionarsi nella cartella in cui è contenuto il file (es. digitare CD USERS\PIPPO\DESKTOP);
  7. Digitare il nome del file in questo modo “.\my_script.ps1”;
  8. Premere il tasto “Invio” per eseguirlo;
  9. Al termine dell’attività, lo script genererà un file di log con i risultati della sua attività (percorso: c:\windows\temp\data esecuzione.log).
Function Cleanup { 
<# 
Descrizione: Questo script di PowerShell effettua la pulizia della cartella Temporanea di Windows, dei temporanei di Windows Update, della cartella TEMP dell’utente, svuota il cestino. 
#> 
function global:Write-Verbose ( [string]$Message ) 
 
# check $VerbosePreference variable, and turns -Verbose on 
{ if ( $VerbosePreference -ne 'SilentlyContinue' ) 
{ Write-Host " $Message" -ForegroundColor 'Yellow' } } 
 
$VerbosePreference = "Continue" 
$DaysToDelete = 1 
$LogDate = get-date -format "MM-d-yy-HH" 
$objShell = New-Object -ComObject Shell.Application  
$objFolder = $objShell.Namespace(0xA) 
$ErrorActionPreference = "silentlycontinue" 
                     
Start-Transcript -Path C:\Windows\Temp\$LogDate.log 
 
## Ripulisce il codice dallo schermo. 
Clear-Host 
 
$size = Get-ChildItem C:\Users\* -Include *.iso, *.vhd -Recurse -ErrorAction SilentlyContinue |  
Sort Length -Descending |  
Select-Object Name, 
@{Name="Size (GB)";Expression={ "{0:N2}" -f ($_.Length / 1GB) }}, Directory | 
Format-Table -AutoSize | Out-String 
 
$Before = Get-WmiObject Win32_LogicalDisk | Where-Object { $_.DriveType -eq "3" } | Select-Object SystemName, 
@{ Name = "Drive" ; Expression = { ( $_.DeviceID ) } }, 
@{ Name = "Size (GB)" ; Expression = {"{0:N1}" -f( $_.Size / 1gb)}}, 
@{ Name = "FreeSpace (GB)" ; Expression = {"{0:N1}" -f( $_.Freespace / 1gb ) } }, 
@{ Name = "PercentFree" ; Expression = {"{0:P1}" -f( $_.FreeSpace / $_.Size ) } } | 
Format-Table -AutoSize | Out-String                       
                     
## Arresta il servizio di Windows Update.  
Get-Service -Name wuauserv | Stop-Service -Force -Verbose -ErrorAction SilentlyContinue 
## Il servizio di Windows Update è stato arrestato correttamente! 
 
## Cancella il contenuto di Windows software distribution. 
Get-ChildItem "C:\Windows\SoftwareDistribution\*" -Recurse -Force -Verbose -ErrorAction SilentlyContinue | remove-item -force -Verbose -recurse -ErrorAction SilentlyContinue 
## Il contenuto di Windows Software Distribution è stato cancellato correttamente! 
 
## Cancella i file temporanei di Windows. 
Get-ChildItem "C:\Windows\Temp\*" -Recurse -Force -Verbose -ErrorAction SilentlyContinue | 
Where-Object { ($_.CreationTime -lt $(Get-Date).AddDays(-$DaysToDelete)) } | 
remove-item -force -Verbose -recurse -ErrorAction SilentlyContinue 
## I file temporanei di Windows sono stati cancellati correttamente! 
              
## Cancella cartelle e file temporanei dell’utente.  
Get-ChildItem "C:\users\*\AppData\Local\Temp\*" -Recurse -Force -ErrorAction SilentlyContinue | 
Where-Object { ($_.CreationTime -lt $(Get-Date).AddDays(-$DaysToDelete))} | 
remove-item -force -Verbose -recurse -ErrorAction SilentlyContinue 
## Il contenuto di  C:\users\$env:USERNAME\AppData\Local\Temp\ è stato cancellato correttamente! 
                     
## Rimuove file e cartelle all’interno dei file temporanei di internet.  
Get-ChildItem "C:\users\*\AppData\Local\Microsoft\Windows\Temporary Internet Files\*" ` 
-Recurse -Force -Verbose -ErrorAction SilentlyContinue | 
Where-Object {($_.CreationTime -le $(Get-Date).AddDays(-$DaysToDelete))} | 
remove-item -force -recurse -ErrorAction SilentlyContinue 
## Tutti i file temporanei di Internet sono stati cancellati correttamente! 
                     
## Cleans IIS Logs if applicable. 
Get-ChildItem "C:\inetpub\logs\LogFiles\*" -Recurse -Force -ErrorAction SilentlyContinue | 
Where-Object { ($_.CreationTime -le $(Get-Date).AddDays(-60)) } | 
Remove-Item -Force -Verbose -Recurse -ErrorAction SilentlyContinue 
## Tutti i file di registro IIS per x giorni sono stati rimossi correttamente!                   
## Svuota il cestino. 
## Il cestino sta per essere svuotato! 
$objFolder.items() | ForEach-Object { Remove-Item $_.path -ErrorAction Ignore -Force -Verbose -Recurse } 
## Il cestino è stato svuotato correttamente! 
 
## Avvia il servizio di Windows Update 
##Get-Service -Name wuauserv | Start-Service -Verbose 
 
$After =  Get-WmiObject Win32_LogicalDisk | Where-Object { $_.DriveType -eq "3" } | Select-Object SystemName, 
@{ Name = "Drive" ; Expression = { ( $_.DeviceID ) } }, 
@{ Name = "Size (GB)" ; Expression = {"{0:N1}" -f( $_.Size / 1gb)}}, 
@{ Name = "FreeSpace (GB)" ; Expression = {"{0:N1}" -f( $_.Freespace / 1gb ) } }, 
@{ Name = "PercentFree" ; Expression = {"{0:P1}" -f( $_.FreeSpace / $_.Size ) } } | 
Format-Table -AutoSize | Out-String 
 
## Completato con successo! 
Stop-Transcript } Cleanup

Disabilita ibernazione

Tutti i pc con sistema operativo Windows 10 hanno funzioni di risparmio energetico: una di queste è la cosiddetta modalità di ibernazione (denominata anche Suspend to Disk), che pone i dispositivi in uno stato di assenza di corrente elettrica.

Windows 10 salva questo stato temporaneo nel file hiberfil.sys, che occupa diversi gigabyte di spazio in memoria. Questo file viene creato anche se la funzione di ibernazione non viene minimamente utilizzata, ed è in questo caso che vale la pena disabilitarla.

Il file hiberfil.sys può essere cancellato senza problemi, anche perché non ha alcuna rilevanza per il funzionamento generale del sistema operativo. Per disattivare questa funzione premi la combinazione di tasti tasto [Windows] + [X] (oppure il tasto Windows presente in tastiera) e seleziona l’opzione “Prompt dei comandi (amministratore)”.

Dopo aver avviato il prompt dei comandi, digita powercfg /hibernate off per disattivare l’utilizzo di hiberfil.sys. Premendo il tasto Invio confermerai la disattivazione della modalità di ibernazione, e il file suddetto sarà automaticamente cancellato.

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disco 100
Formazione, Hardware, Software

Hard Disk al 100% con Windows 10? Ecco la soluzione

Con l’avvento di Windows 10, uno degli inconvenienti più frequenti è quello della spia dell’hard disk del computer sempre accesa. Il disco fisso sembra lavorare in maniera continua, anche se il computer non sta facendo nulla. Vi mostriamo alcune soluzioni, per evitare che Windows 10 faccia lavorare il proprio hard disk al 100%, migliorando le prestazioni del computer e inoltre allungherà la vita del disco rigido.

Apple Spotlight e Microsoft Windows Search sono nati da mani diverse, ma il significato e lo scopo di entrambi è il medesimo: cercare gli elementi all’interno del computer. Il motore di ricerca interno di Windows 10 è supportato da un servizio, sempre attivo, che tiene aggiornato l’indice dei contenuti per velocizzare le ricerche.

Soprattutto sui computer più datati, l’esecuzione di questo servizio potrebbe rallentare notevolmente le prestazioni del PC. Tuttavia Disattivare il servizio Windows Search non vuol dire bloccare la ricerca interna di Windows; semplicemente, potrebbe diventare più lenta e meno performante del solito. Vediamo come disabilitare il servizio di ricerca di Windows, con semplici click:

Metodo con Interfaccia Grafica

  1. Premere il tasto Windows + R (contemporaneamente) per accedere ad Esegui;
  2. Accedere ai servizi di Windows digitando services.msc e INVIO;
  3. Dalla lista dei servizi, individuare Windows Search e fare doppio click;
  4. Nel menu a tendina “Tipo di Avvio” selezionare “Disabilitato”;
  5. Premere OK e Riavviare il computer.

Metodo senza interfaccia Grafica

  1. Selezionare il box di ricerca di Windows in basso a sinistra;
  2. Digitare CMD e attendere i risultati;
  3. Cliccare con il tasto destro del mouse su Prompt dei Comandi e selezionare avvia come amministratore;
  4. Digitare il comando “sc config wsearch start=disabled
  5. Riavviare il PC.
Disattivare il servizio Windows Search

Disinstallare antivirus gratuiti e abilitare Windows Defender

Se c’è un modulo che su Windows 10 comincia a funzionare davvero bene, questo è proprio Windows Defender. L’antivirus gratuito di Microsoft non ha mai raggiunto le evoluzioni di oggi. Pertanto sembra che questo software sia in grado di difendere il computer dai malware e Virus più pericolosi, meglio di qualsiasi altro antivirus gratuito. Il vantaggio principale di utilizzare questo Antivirus è quello di non dover installare altre app, appesantendo inutilmente il PC. Perciò se sul vostro computer con Windows 10 avete installato antivirus gratuiti e pesanti, seguite queste procedure per disinstallarli e abilitare Windows Defender;

Rimuovere il vecchio antivirus

  1. Premere il tasto Windows + R (Contemporaneamente);
  2. Digitare appwiz.cpl e premere invio;
  3. Nell’elenco dei programmi individuare l’antivirus gratuito da rimuovere;
  4. Selezionare l’elemento e cliccare su Disinstalla nella parte alta;
  5. Seguire la procedura per ultimare la disinstallazione;
  6. Riavviare il Computer.

Abilitare Windows Defender

  1. Premere il tasto Windows e cliccare sul simbolo della rotellina;
  2. Nel pannello di controllo di Windows 10 selezionare Aggiornamento e Sicurezza;
  3. Cliccare su Windows Defender nella parte sinistra;
  4. Cliccare su Apri Windows Defender Security Center (da W10 Creator Update) o abilita Windows Defender nelle release precedenti;
  5. Impostare moduli e opzioni del programma a proprio piacimento.
abilitare Windows Defender
abilitare Windows Defender

Controllare la salute dell’Hard Disk

Se il problema di lentezza del computer e di utilizzo dell’hard disk al 100% è relativo ad un problema hardware, di conseguenza ci sarà poco da fare. Per scoprire se l’hard disk è danneggiato, oppure no, esistono diversi programmi gratuiti o commerciali, oppure è possibile utilizzare gli strumenti già presenti su Windows. Per lanciare lo ScanDisk di Windows e controllare lo stato dell’hard disk seguire questa procedura:

  1. Accedere alle risorse del Computer;
  2. Selezionare il disco da controllare;
  3. Premere il tasto destro sulla risorsa e selezionare Proprietà;
  4. Selezionare il TAB Strumenti;
  5. Alla voce Controlla Errori cliccare su Controlla;
  6. Selezionare Analizza Unità ed attendere il responso.
controllo errori disco

A tal proposito, nel caso di hard disk danneggiato, consigliamo vivamente di acquistare uno dei nuovi hard disk ssd. Ne guadagnerete sicuramente in velocità e prestazioni.

Disattivare le Notifiche

Le notifiche di Windows 10 possono essere molto comode ma rischiano di favorire il problema di hard disk al 100%. Le notifiche di Windows possono essere disabilitate manualmente, oppure tramite le policy locali. Seguire queste procedure per disabilitarle:

Disabilitare le Notifiche di Windows tramite le opzioni

  1. Premere il tasto Windows e selezionare il simbolo dell’ingranaggio a sinistra;
  2. Cliccare su Sistema;
  3. Cliccare su Notifiche e Azioni a sinistra;
  4. Deselezionare tutte le voci sotto il titolo Notifiche.
disattivare notifiche windows

Disabilitare le Notifiche di Windows tramite le Policy

  1. Premere la combinazione di tasti Windows+R;
  2. Digitare gpedit.msc e premere Invio;
  3. Nella parte sinistra, cliccare su Configurazione Utente;
  4. Cliccare due volte su Menu Start e Barra delle applicazioni;
  5. Cliccare sulla sottocartella Notifiche;
  6. Selezionare “Disattiva notifiche di tipo avviso popup nella schermata di blocco”;
  7. Impostare la voce Attiva e premere OK;
  8. Ripetere i punti 6 e 7 per “Disattiva tutte le notifiche di tipo riquadro” e “Disattiva notifiche di tipo avviso Popup”;
  9. Riavviare il PC.
policy windows

Disattivare le Pianificazioni Automatiche di Windows

Su Windows 10 e nelle versioni precedenti del sistema operativo Microsoft è possibile pianificare eventi ed azioni automatizzati, che Windows eseguirà in base alla pianificazione.  L’utilità di pianificazione è un modulo con interfaccia grafica che contiene tutte le azioni impostate e attive sul computer. 

Disattivare alcune pianificazioni automatiche può risolvere problemi di lentezza e hard disk al 100%. Per disabilitare pianificazioni automatiche su Windows 10 e precedenti, seguire questa procedura:

  1. Premere la combinazione Windows+R;
  2. Digitare taskschd.msc e premere Invio;
  3. Nella colonna di sinistra, premere “Libreria Utilità di pianificazione”;
  4. Nella parte centrale si visualizzeranno tutte le azioni pianificate;
  5. Cliccare con il tasto destro su quella da rimuovere o disattivare e premere Eliminazione o Disattiva;
  6. Ripetere il punto 5 per tutti gli elementi da cancellare;
  7. Riavviare Windows.
pianificazioni

In conclusione, il problema dell’hard disk al 100% con Windows 10 dovrebbe essere risolto grazie a questa breve guida.

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svchost.exe infetto
Formazione, Sicurezza informatica, Software

Pc infetto? Scoprilo dai processi Svchost.exe

Per scoprire se il PC è infetto da Virus o Malware, esistono svariati metodi, anche se spesso ci si avvale di antivirus o programmi di rimozione gratuiti. Tuttavia, queste soluzioni sono automatiche e ci obbligano a fidarci dei migliori antivirus e della loro capacità di debellare minacce reali. I professionisti e gli appassionati di computer sanno che esistono soluzioni più professionali ed empiriche per stanare i virus dal computer. In questa guida vedremo come scoprire se il PC è infetto, sfruttando il processo di Windows Svchost.exe e il Task Manager, o la Gestione delle Attività di Windows.

Cosa sono i processi Svchost di Windows

Svchost è un processo utilizzato dai sistemi operativi su base NT, impiegato da Windows per la gestione di un singolo servizio, oppure di gruppi di essi. Molti di voi, avranno notato che, accedendo alla Gestione delle Attività di Windows 10 o il vecchio Task Manager delle vecchie versioni, nella lista dei processi in esecuzioni sono presenti una o più istanze del processo Svchost. Si tratta di una prassi del tutto normale, che di per sé non implica problemi e non dimostra la presenza di virus nel computer. Come già detto, ciascuna istanza di questo processo è utilizzata dal sistema operativo per gestire i servizi di sistema, indispensabili al funzionamento del PC.

processi Svchost.exe

Trattandosi di un programma di sistema, svchost.exe si trova nella cartella di sistema “\Windows\System32”. Questa è una cartella protetta alla quale gli utenti sprovvisti di permessi da amministratore non hanno accesso. Il programma viene richiamato dopo l’avvio del sistema dal Service Control Manager (SCM). Questo gestisce, nel registro di sistema di Windows (Registry) un elenco dei servizi da avviare. Dopo l’avvio del sistema, il SCM esegue, per ciascun servizio contenuto nell’elenco, un’istanza di svchost.exe come processo.

A questo riguardo esiste anche la possibilità di accorpare più servizi in un unico processo. Nei computer più potenti, tuttavia, Windows tende ad avviare un processo separato per ciascun servizio. Questo permette di delimitare meglio i singoli processi e risulta vantaggioso nel caso in cui un processo vada in “crash”, ossia entri in uno stato di esecuzione indefinito. In questi casi è quindi possibile chiudere il task problematico senza andare a toccare gli altri programmi.

Quando Svchost può essere rischioso

Purtroppo, molti virus e malware sono in grado di sfruttare il processo Svchost per infettare il computer. Anche se il processo in questione dovrebbe essere riservato alla gestione degli elementi di Windows, non si dovrebbero mai escludere manipolazioni di esso e che alcuni malware possano azionare elementi pericolosi, estranei a Microsoft. Fortunatamente, esistono alcuni accorgimenti per scoprire se il PC è infetto da virus, intervenendo prontamente in caso affermativo.

servizio host

Tutti i processi Svchost di Windows sono firmati e richiamano dalla riga di comando la directory “C:\Windows\System32”. Se un processo di questo tipo non risulta firmato e non appartiene alla cartella di sistema indicata, probabilmente sarà un Malware o qualcosa di pericoloso. Il metodo più semplice per scoprire se il computer è infetto da virus, esaminando i processi attivi, è quello di utilizzare il software gratuito Process Explorer, che ci permetterà di individuare l’eventuale presenza di malware sul computer.

Come Riconoscere processi pericolosi di Windows

Seguire questa guida per riconoscere eventuali processi Svchost di Windows pericolosi, utilizzando l’applicazione gratuita Process Explorer.

  • Scaricare l’applicazione gratuita Process Explorer;
  • Scompattare l’archivio sul PC;
  • Dalla cartella decompressa eseguire il file procexp.exe;
  • Cliccare su SI e successivamente Agree;
  • Nella barra dei menu dell’applicazione cliccare su View e Select Columns;
svchost.exe process explorer
  • Selezionare le voci Verified Signer e Comand Line, mantenendo attive tutte le altre;
  • Cliccare su OK;
  • Nella barra dei menu premere Options e scegliere Verify Image Signatures;
  • A questo punto controllare che ciascuno dei processi svchost.exe abbia la firma di Microsoft Corporation sotto la colonna Company Name e riporti il percorso C:\Windows\System32\svchost.exe … nella colonna Command Line.
process explorer svchost infetto

Se firma e percorso sono differenti da quelli indicati al punto 9, il computer sarà quasi certamente infetto da Malware. In questo caso sarà utile ricorre ad un buon antivirus, oppure a qualche strumento efficace di rimozione dei malware come MalwareBytes.

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recuperare file word non salvati
Formazione, Software

Recuperare un file di Word non salvato con Windows

Immaginate di scrivere un documento di Word e improvvisamente l’applicativo si chiude o il computer si blocca prima del salvataggio del documento. Non è poi una casistica così difficile da trovare e vivere nel quotidiano. Tuttavia, può essere facile recuperare un file di Word non salvato, utilizzando le opzioni integrate nel software di videoscrittura Microsoft e le soluzioni di recupero file di Windows. Questa guida informatica ti spiega come fare, in tutte le casistiche.

Ricordiamo che come opzione predefinita, Word utilizza l’opzione di salvataggio automatico dei documenti ogni dieci minuti di lavoro. I documenti non salvati vengono memorizzati dall’applicativo all’interno di una cartella nascosta denominata “UnsavedFiles”. Ovviamente la tempistica di salvataggio automatico può essere abbassata, per limitare al minimo eventuali problemi di perdita dei dati. È possibile recuperare i documenti non salvati direttamente da Word, seguendo questa procedura:

  1. Aprire Word; Cliccare sul menu “File”;
  2. Cliccare su “Gestisci Documento” nella parte centrale;
  3. Selezionare “Recupera documenti non salvati”;
  4. Scegliere il documento per aprirlo.

Con questa procedura Word ci porterà direttamente alla cartella nascosta nella quale sono memorizzati i documenti non salvati dall’utente. All’interno della cartella, i documenti non salvati sono memorizzati con estensione “.ASD”. Se il recupero dei file avviene correttamente, avete portato a termine l’operazione di ripristino.

Cercare il documento nelle cartelle nascoste

Se non è stato possibile recuperare un file di Word non salvato con l’operazione precedente, non demordiamo poiché questo potrebbe trovarsi in qualche altra cartella “segreta” di Windows.

  1. %temp%
  2. %appdata%\Microsoft\Word
  3. %localappdata%\Temp

Per aprire queste cartelle è sufficiente premere la combinazione di tasti WIN+R e digitare il percorso indicato sopra, una cartella alla volta.

All’interno di queste cartelle occorre prestare attenzione alla presenza di file o directory che possono contenere il file non salvato, solitamente con estensione .ASD, .TMP, .DOC o .DOCX. Se il documento ritrovato non possiede estensione Word, per aprirlo occorre selezionare l’opzione “Apri con…” e scegliere Word nell’elenco dei programmi installati.

Utilizzare le Shadow Copy e le versioni precedenti dei file

Se nessuno dei tentativi di recupero file di Word elencati sopra ha funzionato, non ci resta che affidarci alle Shadow Copy di Windows per ripristinare una versione precedente del file.

Per prima cosa cerchiamo di recuperare la copia del file non salvata che, magari accidentalmente è stata cancellata:

  1. Premere la combinazione di tasti WIN+R;
  2. Digitare il percorso “%LOCALAPPDATA%\Microsoft\Office\” e premere INVIO;
  3. Cliccare con il tasto destro sulla cartella “UnsavedFiles”;
  4. Selezionare “Ripristina versioni precedenti”;
  5. Scegliere la data più recente del ripristino, se disponibile.

Se le opzioni di ripristino configurazione di sistema di Windows sono attive, dovremmo poter recuperare il documento, in caso contrario raccomandiamo di attivare questa funzionalità di Windows (vedi sotto). La stessa procedura potrebbe essere utilizzata anche all’interno di altre cartelle, nelle quali riteniamo di aver memorizzato una copia del documento in passato.

Come attivare la creazione dei punti di ripristino di Windows 10:

  1. Premere la combinazione di tasti WIN+S per visualizzare la casella di ricerca di Windows 10;
  2. Digitare “Crea punto di ripristino” e cliccare sulla voce proposta;
  3. Selezionare il disco sul quale disattivare la protezione di sistema e cliccare sul bottone “Configura”;
  4. Selezionare “Attiva la protezione di sistema”.

Per recuperare le Shadow Copy dei file non visualizzate dal menu contestuale di Windows (soluzione proposta in precedenza), sarà possibile utilizzare ShadowExplorer, un programma per tecnici informatici fondamentale. Si tratta di un software che consente di sfogliare le copie shadow di Windows e recuperare file o cartelle facilmente. 

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chiamare gratis da pc o mac
Digitalizzazione, Formazione, Smartphone, Software, Telefonia Mobile

Chiamare da PC o Mac gratis

Anche le chiamate sono ormai progredite grazie all’arrivo dei Social Network e ai servizi di chiamata via Internet. Questo significa che non è più necessario possedere una SIM (o quasi) per affrontare una conversazione audio, ma semplicemente una connessione Wi-Fi. Inoltre, tutto potrà essere fatto anche semplicemente da computer e senza il bisogno di recuperare il proprio smartphone. Oggi andremo quindi a vedere come telefonare/chiamare da PC o Mac gratis, concentrando l’attenzione sulle piattaforme più popolari e utilizzate in questo campo.

Chiamare da PC con WhatsApp

Iniziamo con il Social Network per eccellenza, ovvero WhatsApp. Diciamo che, per poter effettuare delle chiamate con WhatsApp tramite PC bisognerà utilizzare necessariamente l’applicazione desktop disponibile per PC. Attualmente non è infatti possibile sfruttare la funzione sfruttare il portale online di WhatsApp Web.

Prima di tutto quindi, sarà necessario effettuare il download del programma, disponibile sia per PC Windows a 64-bit che a 32-bit. Per farlo basterà raggiungere la pagina ufficiale cliccando su questo link e subito dopo utilizzare il tasto “Scarica per Windows” in basso a destra. Il sito riconoscerà automaticamente la versione del sistema operativo da scaricare, ma, qualora fosse errata, si potrà comunque scegliere una versione alternativa cliccando su uno dei collegamenti in basso.

Chiamare da PC con WhatsApp

Una volta concluso il download, bisognerà effettuare un doppio click sul file scaricato e avviare la procedura di installazione e prima configurazione. A questo punto ovviamente sarà necessario impugnare il proprio smartphone per inquadrare il codice QR da connettere. Tutta la procedura sarà comunque opportunamente illustrata dalle schermate del programma su PC.

codice qr whatsapp web

Quando la configurazione sarà completa, si potrà chiamare da PC e procedere con l’avvio della chiamata o videochiamata. Per farlo basterà ricercare il nome del contatto desiderato e cliccarci su (la rubrica verrà duplicata direttamente dall’app per smartphone), così da avviare la schermata di conversazione. In alto appariranno quindi due icone: quella della cornetta, utile per avviare una chiamata audio e quella della videocamera, necessaria invece per effettuare videochiamate. Una volta cliccata l’apposita icona, la telefonata partirà immediatamente.

Chiamare da Mac con WhatsApp

Tutto ciò che abbiamo detto nel paragrafo precedente ha esattamente lo stesso valore anche su Mac, in quanto i limiti e i passaggi da seguire risulteranno sostanzialmente gli stessi. Il sito utile per effettuare il download è anch’esso identico e può essere raggiunto cliccando su questo link.

Chiamare da Mac con WhatsApp

Il processo di installazione varierà leggermente, in quanto, in questi caso non servirà altro che trascinare l’icona di WhatsApp nella cartella “Applicazioni” e il gioco sarà fatto. Ora basterà aprire l’app appena scaricata e completare la configurazione del servizio attraverso il codice QR e l’applicazione per smartphone.

Se non ti viene mostrato il tutorial iniziale, pigia invece sul pulsante + collocato in alto a destra oppure sulla voce Scannerizza il codice QR e inquadra il codice QR come spiegato in precedenza.

A questo punto tutto ciò che bisognerà fare sarà cercare il contatto interessato tramite il campo di testo in alto a sinistra. Selezionare il suo nome per aprire la schermata di conversazione e cliccare sull’icona della cornetta in alto per effettuare una chiamata vocale o quella della videocamera per avviare una videochiamata.

Chiamare da PC con Skype

Per chiamare da PC con Skype, si dovrebbe fare un discorso un po’ più ampio. Questo perché grazie al “credito”, si potranno effettuare anche delle classiche chiamate verso numeri di telefono fissi o mobili, senza quindi la necessità che l’interlocutore disponga di un account Skype. Tuttavia, il suddetto credito deve essere acquistato e visto che in questa guida affronteremo solo i metodi gratuiti per effettuare chiamate, lasceremo perdere questo particolare strumento.

Chiamare da PC con Skype

Detto questo, per utilizzare correttamente le chiamate e le videochiamate di Skype tramite Internet, sarà necessario possedere un account di Microsoft e anche l’applicazione del servizio sul proprio PC. Quest’ultima potrà essere scaricata cliccando su questo link e utilizzando il tasto nella colonna di sinistra. Invece per creare un account Microsoft gratuito, qualora non si possedesse già, si potrà proseguire tramite questo link.

Una volta scaricato il programma, basterà quindi aprirlo e successivamente accedere tramite l’account Microsoft creato precedentemente. Ora bisognerà ricercare l’account dell’utente da chiamare o videochiamare (che dovrà ovviamente possedere un account Skype) utilizzando la barra di testo. Oppure possiamo cliccare sull’icona della rubrica nel caso in cui il contatto sia già stato invitato in precedenza. Selezionando il suo nome si aprirà la schermata di conversazione, con all’interno l’icona della cornetta, utile per avviare una telefonata audio e quella della videocamera per avviare una videochiamata.

Come telefonare da Mac con Skype

Anche in questo caso, per effettuare delle chiamate con Skype su Mac, varranno le stesse considerazioni viste per PC Windows. Per effettuare il download dell’app bisognerà quindi utilizzare l’opportuno tasto presente in questa pagina. Mentre, per creare un account Microsoft gratuito si potrà proseguire tramite questo link.

Come telefonare da Mac con Skype

Dopo aver installato l’applicazione sarà quindi possibile accedere tramite l’account gratuito di Microsoft creato in precedenza e procedere con la ricerca dei contatti. Per farlo, bisognerà utilizzare il campo di testo in alto a sinistra per ricercare il nome utente interessato oppure cliccare sull’icona della rubrica per selezionare un contatto già salvato.

Selezionando il nome preferito si avvierà quindi la schermata di conversazione. Una volta qui si potranno avviare delle chiamate vocali o videochiamate, cliccando rispettivamente sull’icona della cornetta o della videocamera. Ovviamente anche l’interlocutore dovrà possedere Skype, altrimenti non apparirà tra i contatti disponibili.

Telefonare da PC con Facebook Messenger

Quasi tutte le funzionalità di chiamata di Facebook Messenger sono disponibili sia sul sito Web di Messenger che sull’applicazione gratuita per PC Windows e Mac, scaricabile attraverso questo portale. Tuttavia, qualora si volessero effettuare delle videochiamate di gruppo, bisognerà utilizzare necessariamente l’applicazione, in quanto non sarà possibile farlo dal sito Web. Inoltre, per accedere a Messenger non sarà necessario possedere un account Facebook, ma sarà anche possibile attivare, eventualmente, un nuovo profilo esclusivamente dedicato alla piattaforma di messaggistica, utilizzando soltanto il numero di telefono.

In ogni caso, sia l’interfaccia Web che dell’app per PC Windows e Mac sarà esattamente la stessa e i passaggi per effettuare delle chiamate non varieranno in alcun modo. Per procedere basterà quindi utilizzare la barra di ricerca in alto a sinistra per cercare il nome dell’utente preferito (che dovrà possedere un account Messenger). Una volta qui cliccarci su per aprire la schermata di conversazione. Qui saranno quindi presenti le icone della cornetta per avviare una chiamata vocale e quella della videocamera per avviare invece delle videochiamate (anche di gruppo, ma solo con l’app).

Telefonare da PC con Facebook Messenger

Telefonare da PC Windows collegando uno smartphone Android

All’interno dei computer con Windows 10 (e successive versioni) è presente l’applicazione “Telefono”. Tale app sarà in grado di sfruttare uno smartphone Android (a partire dalla versione 7) per effettuare delle chiamate attraverso la connessione Bluetooth. Questo significa che, tutto ciò che occorrerà per completare l’operazione sarà possedere due dispositivi dotati dei suddetti sistemi operativi e giusto qualche secondo di tempo per connetterli tra loro.

Per avviare la connessione sarà infatti sufficiente aprire le impostazioni del PC Windows. Poi successivamente avviare la schermata dedicata alle connessioni, all’interno della quale bisognerà scegliere l’opzione “Bluetooth” e ricercare un nuovo dispositivo. A questo punto basterà rendere visibile lo smartphone Android dalle impostazioni del Bluetooth (in genere risulta essere visibile di default) e automaticamente apparirà tra i device disponibili per l’accoppiamento sul computer. Cliccando sul suo nome si stabilirà immediatamente una connessione fra i due..

Arrivati a questo punto, si potrà procedere con la chiamate. Per farlo basterà aprire l’applicazione “Telefono”, selezionare la voce “Chiamate” e concludere la configurazione rapida. Da questo momento in poi sarà possibile sfruttare la stessa app per avviare delle chiamate (classiche, senza connessione Internet). Quest’ultime saranno effettuate tramite la SIM dello smartphone Android, il quale dovrà comunque rimanere nel raggio del Bluetooth (circa dieci metri da PC).

Telefonare da Mac collegando un iPhone

Infine, chiudiamo con la controparte della famiglia Apple, ovvero la connessione diretta tra iPhone e Mac, sia che esso sia fisso o portatile. Partiamo col dire che, quasi tutte le funzioni di “sincronizzazione” tra smartphone e computer dell’azienda di Cupertino passano per un servizio definito Continuity (o Continuità in italiano), il quale funzionerà esclusivamente a partire da iOS 8. Per quanto riguarda macOS invece, basterà tenere aggiornato il software ad una qualsiasi versione a partire da OS X Yosemite.

Vediamo quindi quali sono le condizioni necessarie per sfruttare le chiamate su Mac attraverso iPhone. Innanzitutto, entrambi i dispositivi dovranno avere il Wi-Fi attivo e, ovviamente, dovranno essere connessi alla stessa rete (Wireless o cablata). Inoltre, di fondamentale importanza, tutti e due i device dovranno essere configurati con lo stesso Apple ID e dovranno aver eseguito l’accesso all’app di FaceTime (basta aprirla e inserire l’account dell’Apple ID).

chiamata da iphone a mac

A questo punto, su iPhone, bisognerà aprire l’applicazione “Impostazioni”, continuare con “Telefono” e assicurarsi che all’interno di “Chiamate su altri dispositivi” siano attivi i toggle relativi a “Consenti chiamate” e al nome del Mac dal quale rispondere. Su Mac invece, sarà necessario aprire l’app di “FaceTime”, continuare con “FaceTime” nella barra dei menu in alto a sinistra, cliccare su “Preferenze”, spostarsi nella sezione “Impostazioni” e abilitare la voce “Chiamate da iPhone”.

Da questo momento in poi, ogni volta che l’iPhone connesso riceverà una chiamata, questa verrà duplicata anche sul Mac, offrendo ovviamente la possibilità di rispondere tramite il microfono del computer. Per poter avviare una nuova chiamata invece, bisognerà utilizzare l’applicazione “Contatti” o “FaceTime”, all’interno delle quali appariranno le icone della cornetta e della videocamera, utili per avviare una telefonata o una videoconferenza.

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Shell Linux: i comandi principali

Le persone che si approcciano per la prima volta alle distribuzioni Linux potrebbero ignorare del tutto l’esistenza della shell linux o dell’interprete dei comandi. Questo perché i moderni sistemi operativi fanno completamente affidamento sulle GUI (Graphical User Interface) moderne per ogni sorta di interazione tra utente e computer. Dunque oggi non è più obbligatorio apprendere una lista di comandi ben precisi per interagire con i vari applicativi o con i file presenti all’interno del disco fisso. Tuttavia risulta molto utile sapersi muovere all’interno del file system e apprendere almeno qualcuno dei comandi principali del terminale shell linux.

Anche se può sembrare superfluo sapersi destreggiare con le funzioni della CLI (Command Line Interface) è comunque molto interessante e di grande utilità. Avere una marcia in più e comprendere il funzionamento base della piattaforma che si sta utilizzando ci aiuta anche a snellire e a rendere più fluide talune procedure.

Spostarsi all’interno del file system Linux

Il file system è fondamentalmente quel meccanismo con cui il sistema operativo organizza ed archivia i file sul disco o su altre tipologie di memoria di massa. Gli utenti solitamente interagiscono con il file system tramite un programma chiamato File Manager , come esempio Finder su MacOS oppure Esplorare Risorse in Windows 10, che non fa altro che rappresentare con un’interfaccia user friendly il file system e le varie directory, che oggi comunemente indichiamo come “cartelle”, ovvero delle entità che sostanzialmente racchiudono ed elencano i file dell’utente.

file system linux

Muoversi tra le varie directory tramite la shell Linux non è complicato, anzi risulta essere molto più intuitivo di quanto si possa supporre. Prima di poter iniziare ad esplorare i vari comandi principali bisogna approfondire brevemente il concetto di file system, delle directory e scoprire come sono organizzati i file all’interno delle distribuzioni.

Su Linux praticamente tutti i file dell’utente e le relative configurazioni della sessione sono racchiuse dentro la home directory,  indicata graficamente dal terminale con questo simbolo “~“,  in modo tale da separarli nettamente dai dati del sistema. I componenti core della distribuzione invece vengono posizionati nella root directory, indicata dalla shell Linux cosi “/“.

Se quindi si è alla ricerca di qualche documento generato dall’utente tramite un applicativo allora ci si dovrà indirizzare verso la home, mentre se invece se si necessità di modificare un elemento del sistema in questo caso sarà necessario partire dalla root.

Comandi più usati nella shell Linux

Parte dei comandi da shell Linux sono ereditati direttamente da Unix e dagli standard POSIX (Portable Operating System Interface for Unix). Per iniziare ad approcciarsi col concetto di file system basta tenere a mente due comandi principali della shell Linux molto semplici, ovvero: cd ed ls.

Nella maggior parte dei casi le distribuzioni Linux adottano Bash, acronimo di Bourne Again Shell, come CLI di riferimento, questo perché risulta essere molto affidabile e versatile, tuttavia esistono diverse alternative online altrettanto valide.

Il primo viene usato per spostarsi tra le directory, dunque per posizionarsi dentro la cartella chiamata Documenti si deve digitare:

cd Documenti

Il secondo invece serve per listare i file contenuti all’interno della directory su cui siamo posizionati, ecco un output d’esempio:

enjoy@pcdesktop:~/Documenti$ ls
fattura.pdf scansione.jpg note.txt

Come è possibile notare il comando ls ci ha mostrato come risultato tutti i file presenti dentro Documenti.  Tuttavia da questa lista vengono esclusi i file e le cartelle nascoste. Per mostrare anche questi elementi bisogna aggiungere al comando l’opzione “-a

enjoy@pcdesktop:~/Documenti$ ls -a
fattura.pdf scansione.jpg note.txt .ricevute.odt .configurazioni

Ora poniamo il caso volessimo modificare con Nano, un editor di testi da shell Linux, il file invitati.txt presente dentro la directory Foto. Basta dare questa sequenza di comandi:

cd

cd Foto

nano invitati.txt

oppure:

cd ~/Foto

nano invitati.txt

oppure ancora:

nano ~/Foto/invitati.txt

Ovviamente anche in questa directory l’utente può visualizzare tutti i file presenti tramite ls:

enjoy@pcdesktop:~/Foto$ ls

invitati.txt FotoCompleanno

Creare, copiare, spostare ed eliminare file con shell Linux

Creare una nuova cartella e posizionarci dei file dentro è altrettanto semplice tramite mkdir ed mv. Il primo comando genera la nuova directory, mentre il secondo si occupa di spostare i file. Ecco un esempio concreto:

mkdir "NuovaCartellaImmagini"

mv foto1 foto2 foto2 ~/Foto/NuovaCartellaImmagini

Come è possibile notare tramite mv si va ad indicare non solo i file da spostare ma anche la relativa destinazione, che in questo è la cartella chiamata NuovaCartellaImmagini. Oltre che per i singoli file il comando mv viene impiegato anche per muovere intere cartelle, che in ambito Linux sono sempre considerati come file, ed il loro relativo contenuto:

mv NuovaCartellaImmagini ~/Documenti

Nel caso in cui volessimo fare una copia del file basta rivolgersi al comando cp:

cp foto1 foto2 foto2 ~/Foto/NuovaCartellaImmagini

oppure per copiare un’intera cartella:

cp NuovaCartellaImmagini ~/Documenti

Anche in questo caso oltre che il nome del file, o della directory, da copiare sarà sempre necessario indicare al terminale l’esatta posizione del file system dove posizionare la copia dei dati.

Eliminare un file è altrettanto semplice con il comando rm:

rm foto1

Mentre nel caso di una directory è necessario inserire l’attributo “-r“:

rm -r NuovaCartellaImmagini

Quando si usa il comando rm è sempre bene porre estrema attenzione sul nome del file e sul percorso esatto. Infatti se si esegue tale operazione con i poter di utente amministratore è possibile anche eliminare file vitali per il corretto funzionamento del sistema operativo.

sudo ed escalation dei privilegi ad utente amministratore 

Come abbiamo già detto il file system delle distribuzioni Linux divide nettamente i file dell’utente da quelli del sistema operativo. Tale suddivisione non è solo organizzativa ma prevede anche delle barriere d’accesso e di modifica dei dati presenti nella root. L’utente standard non ha dunque i poteri per modificare, cancellare o creare nuovi file dentro la root directory. Per farlo o dovrà eseguire il login come utente amministratore, possibilità che in certe distribuzioni è disattivata di base per motivi di sicurezza, oppure eseguire un escalation temporanea dei privilegi tramite il tool sudo, acronimo di substitute user do.

Sudo permette all’utente di ottenere i poteri di amministratore per un breve periodo di tempo, dopo aver inserito una password specifica, in modo tale da eseguire modificare ai file di sistema. Per fare un esempio concreto, ecco cosa succede se tentiamo di eliminare una cartella dentro la root senza i privilegi necessari:

enjoy@pcdesktop:/$ rm -r Foto
rm: cannot remove 'Foto': Permission denied

se invece usiamo sudo:

sudo rm -r Foto

L’operazione prosegue senza interruzioni da parte di Bash, che andrà a rimuovere il file desiderato.

grep e find: cercare file nel computer

Bash offre degli strumenti di ricerca molto potenti e precisi chiamati grep e find. Nel caso l’utente non riesca a trovare manualmente i propri file, o dei dati all’interno di essi, si potrà rivolgere a questi due comandi.

La sintassi è molto facile da padroneggiare. Poniamo il caso di dover cercare il documento fatture2021.pdf presente nel nostro computer:

find ~ -name fatture2021.pdf

/home/enjoy/Documenti/fatture2021.pdf

Con tale comando abbiamo dunque indicato alla shell Linux di cercare dentro la home directory, ma possiamo anche indicare una cartella più specifica, il file nominato, per mezzo dell’attributo -name, fatture2021.pdf. Bash dunque ha risposto indicato l’esatto percorso in cui reperire tale documento ovvero la directory Documenti.

find dispone di vari attributi con cui eseguire ricerche più dettagliate, ad esempio in base alla dimensione:

find ~/Video/Compleanno -size +1G

/home/enjoy/Video/Compleanno/filmato.mp4

/home/enjoy/Video/Compleanno/filmato3.mp4

/home/enjoy/Video/Compleanno/filmato5.mp4

In questo caso find ci ha listato tutto i filmati più grandi di 1GB presenti dentro la cartella Compleanno. Se invece ci interessa restringere il campo di ricerca ai video modificati o registrati nell’ultima settimana dobbiamo utilizzare l’attributo -mtime seguito dall’indicazione temporale in giorni:

find ~/Video/Compleanno -name '*.mp4' -mtime -7

/home/enjoy/Video/Compleanno/filmato7.mp4

/home/enjoy/Video/Compleanno/filmato8.mp4

/home/enjoy/Video/Compleanno/filmato9.mp4

Con tali attributi find ha elencato tutti i file video con estensione .mp4, tramite l’uso del carattere asterico posizionato prima dell’estensione, modificati negli ultimi 7 giorni.

Il comando grep può gestire ricerche similari ed inoltre è capace di ricercare dati all’interno dei file dell’utente:

grep "Mario Rossi" fattura.txt

Mario Rossi ha pagato 103€ il 01/01/2021

Con tale comando, senza dover aprire il documento, è possibile capire al volo se dentro il file fattura.txt è presente la dicitura Mario Rossi. Ovviamente con grep si possono fare ricerche del genere su più file contemporaneamente:

grep "Mario Rossi" fattura2.txt fattura3.txt fattura4.txt

Per estendere la ricerca a tutti i file presenti nella directory, e nelle relative sottodirectory, dovremo utilizzare l’attributo -R:

enjoy@pcdesktop:~/Documenti$ grep -R "Mario Rossi"
Fatture/fattureGennaio2021.txt:Mario Rossi ha pagato 103€ il 01/01/2021

Fatture/fattureGennaio2021.txt:Mario Rossi ha pagato 97€ il 14/01/2021

fatturamarzo2021.txt:Mario Rossi ha pagato 124€ il 27/03/2021

Con tale opzione verranno elencati il nome dei file, con la loro posizione precisa nel file system, che contengono il nominativo Mario Rossi.

Informazioni sull’hardware utilizzato

Tramite CLI l’utente può ottenere informazioni dettagliate sull’hardware presente sul computer in uso. Dati che posso tornare utili nel caso sia necessario installare qualche driver specifico o monitorare il corretto funzionamento di qualche device particolare.

Ad esempio con il comando lshw il sistema ci elenca le principali caratteristiche hardware del computer:

enjoy@pcdesktop:~$ lshw
pcdesktop
description: Computer
width: 64 bits
capabilities: smp
*-core
description: Motherboard
physical id: 0
*-memory
description: System memory
physical id: 0
size: 15GiB
*-cpu
product: Intel(R) Core(TM) i5-4690K CPU @ 3.50GHz
vendor: Intel Corp.
physical id: 1
bus info: cpu@0
capacity: 3501MHz
width: 64 bits

L’output ricevuto da lshw mostra dunque la tipologia del sistema, la quantità di RAM ed il modello di CPU. Con comandi similari Bash è capace di indicare con precisione anche la tipologia ed il modello esatto di periferiche installate sulle porte PCI ed USB del proprio PC:

enjoy@pcdesktop:~$ lspci

00:1e.0 PCI bridge: Intel Corporation 82801 Mobile PCI Bridge (rev 03)
00:1f.2 USB Controller: Intel Corporation 82801BA/BAM USB Controller #1 (rev 03)
01:00.0 VGA compatible controller: NVIDIA Corporation GK104GLM [Quadro K5000M] (rev a1)

enjoy@pcdesktop:~$ lsusb

Bus 005 Device 001: ID 0000:0000
bDeviceClass 9 Hub
bDeviceProtocol 1 Single TT
iProduct 2 EHCI Host Controller

Bus 004 Device 006: ID 0a5c:2110 Broadcom Corp.
bDeviceClass 224 Wireless
bDeviceProtocol 1 Bluetooth
iProduct 2 BCM2045B
(Bus Powered)

Come è possibile notare lspic ed lsusb forniscono non solo il tipo di device installato sul sistema ma anche i dettagli del chipset implementato. Questo elemento consente all’utente di individuare con precisione il modello delle periferica installata, facilitando enormemente il lavoro di ricerca dei driver o di software compatibili.

Gestione dei processi e kill delle applicazioni

Le distribuzioni dispongono di diverse utility per poter monitorare e gestire i processi in esecuzione nel sistema. Una delle più note è top, un task manager da shell Linux che da accesso a tutta una serie di strumenti per tenere sotto controllo gli applicativi avviati dall’utente o dalla distribuzione.

davide@pcdesktop:~$ top

top - 18:58:01 up 15 min, 0 users, load average: 0.52, 0.58, 0.59
Tasks: 4 total, 1 running, 3 sleeping, 0 stopped, 0 zombie
%Cpu(s): 7.9 us, 0.0 sy, 0.0 ni, 92.1 id, 0.0 wa, 0.0 hi, 0.0 si, 0.0 st
MiB Mem : 16334.3 total, 10589.6 free, 5520.8 used, 224.0 buff/cache
MiB Swap: 14228.4 total, 14064.3 free, 164.1 used. 10682.9 avail Mem

PID USER PR NI VIRT RES SHR S %CPU %MEM TIME+ COMMAND
1 root 20 0 8940 320 272 S 0.0 0.0 0:00.09 init
9 root 20 0 8940 228 184 S 0.0 0.0 0:00.01 init
10 davide 20 0 18076 3596 3472 S 0.0 0.0 0:00.07 bash
41 davide 20 0 18904 2068 1452 R 0.0 0.0 0:00.01 top
481 davide 20 0 25388 4636 3904 S 1.0 0.0 0:00.03 mc

Il tool top non solo elenca i processi attivi, ed i relativi utenti che li hanno avviati, ma fornisce anche l’ID unico dell’applicativo, i dati sui consumi delle risorse e lo status delle applicazioni. Tramite l’ID numerico l’utente può terminare l’applicazione direttamente da terminale sfruttando il comando kill.

Ad esempio se si volesse chiudere forzatamente il file manager Might Commander, indicato con l’ID 481 su top, basterà digitare in Bash:

kill 481

Il comando kill è molto potente e va usato con attenzione perché, con i relativi poteri di utente amministratore, è capace di chiudere anche i programmi base del sistema operativo e dunque, potenzialmente, rendere la sessione di lavoro inutilizzabile fino al prossimo riavvio del computer.

Le distribuzioni Linux sono un ottimo punto di partenza per tutte quelle persone che vogliono muovere i primi passi in un sistema Unix-like e sperimentare con Bash o più in generale con la CLI.  Nonostante oggigiorno non sia essenziale sapersi destreggiare con il terminale tali conoscenze potranno essere molto utili per rendere il proprio workflow più snello ed efficiente. Concludendo sapersi muovere all’interno del file system di una Shell Linux e apprendere alcuni dei comandi principali può sembrare per certi aspetti anacronistico, ma è molto utile e al contempo funzionale.

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