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Chromebook: tutto quello che c’è da sapere

Lo scorso anno c’è stata una piccola rivoluzione nel mondo dei pc, perché i Chromebook venduti hanno superato i Mac, piazzandosi al secondo posto nelle classifiche di vendita dei computer, dietro ai pc con sistema operativo Windows.
Allo stato attuale i pc Windows hanno una quota dell’intero mercato dell’80,5% (in calo di quasi 5 punti sul 2020), poi i Chromebook, con una quota di mercato che sfiora l’11% (+6,4% sul 2020), e poi i Mac, con una quota di mercato del 7,5% (in crescita di quasi l’1% sul 2020).

Come hanno fatto ad avere questo successo i Chromebook? E che cosa sono?

Ecco tutto quello che c’è da sapere su questi splendidi dispositivi

Cosa sono i Chromebook?

Acer Chromebook Spin 513 porta Snapdragon 7c e LTE - Blog | Nolexio.it

Come forse si capisce dal loro nome, i Chromebook sono laptop dotati del sistema operativo Chrome Os di Google, basato su Linux e soprattutto sul browser Chrome. Questa è la prima e forse più importante caratteristica dei Chromebook, che legano gran parte delle loro funzionalità sull’accesso a Internet, senza il quale sono (più o meno) inutilizzabili: non hanno un desktop su cui mettere i file e hanno un disco rigido molto piccolo, anche solo 32 Gb. Perché? Perché sui Chromebook si salva prevalentemente sul cloud (ma quasi tutti hanno un lettore di schedine di memoria), si lavora utilizzando Gmail e Google Documenti, Fogli e Presentazioni e sino a qualche anno fa le applicazioni non erano nemmeno vere applicazioni, ma solo altre finestre che si aprivano all’interno di Chrome.

Quello che è cambiato nel temp è che è cresciuta l’integrazione fra questi computer e il Play Store, il “negozio” delle app di Android: c’è l’app di Instagram per i Chromebook, quella di Twitter, di Netflix, di Spotify e così via.
Si va sullo Store, si cerca quella che si vuole e lo si installa. Esattamente come si farebbe su uno smartphone o su un tablet, e se non c’è, si usa la sua versione online. Questo è fra l’altro il motivo per cui questi computer sono solo portatili, perché in qualche modo è come se fossero un telefonino o un tablet, ma un po’ più grandi e con una tastiera.

I vantaggi di avere un Chromebook

Il punto di forza più evidente di questi computer, prodotti tra gli altri da Acer, Asus, Hp, Lenovo e Samsung (oltre che dalla stessa Google), sta nel fatto che hanno bassissime necessità a livello di hardware, anche perché a ben guardare l’unico, vero “programma” che devono fare funzionare è Chrome4 Gb di Ram, che su un pc farebbero ridere o inorridire, possono andare benissimo. Questo, combinato con gli hard disk di dimensioni ridotte e dunque meno costosi, contribuisce a tenere bassi i prezzi.
Non ci sono solo Chromebook economici, a breve arriveranno in Italia computer di Google con un’ottima configurazione hardware, come descritto in questo articolo

Un’altra conseguenza delle ridotte richieste hardware è che questi computer sono rapidissimi in fase di avvio, così da renderli praticamente sempre pronti all’uso, e in generale più pronti e reattivi. E poi, anche se la loro quota di mercato sta crescendo, rimangono ancora piuttosto rari e sono un ottimo modo per distinguersi ed essere originali in un settore, quello dell’informatica, dove alla fine si acquistano sempre più o meno tutti gli stessi dispositivi.

Chromebook per tutti?

ASUS Chromebook C423NA-EC0314, Notebook in alluminio con Monitor 14" FHD  Touchscreen Glossy, Intel Pentium N4200, RAM 4GB LPDDR4, 64G eMMC, Sistema  operativo Chrome, Argento [CB]: Amazon.it: Informatica

Perfetti per chi usa il computer per scrivere, navigare online, controllare le mail e anche guardare film e serie tv in streaming (che è poi l’utilizzo della maggior parte delle persone), o anche come primo computer “serio” per un adolescente, i Chromebook sono poco adatti se si fa montaggio o editing di video e decisamente sconsigliati se si deve usare software per progettazione Cad in 2D o 3D. Qualche difficoltà pure per gli appassionati di videogiochi, soprattutto quelli più “pesanti” dal punto di vista grafico, anche se la compatibilità con Stadia, il servizio di gaming in streaming di Google, e la possibilità di accedere (con qualche difficoltà) alla piattaforma Steam dovrebbero pian piano permettere di superare questo specifico ostacolo.

Qualche consiglio per scegliere quello giusto

Dall’anno scorso c’è un sito di Google Italia dedicato ai Chromebook, che per l’acquisto rimanda praticamente sempre ad Amazon. E il consiglio è proprio questo: difficilissimi da trovare nei negozi, i Chromebook si comprano molto bene online, soprattutto all’estero, anche su eBay. L’importante è stare attenti a eventuali dazi doganali, altissimi dagli Stati Uniti e medio-alti (causa Brexit) dal Regno Unito, e all’impostazione della tastiera, che per noi italiani deve avere lo schema Qwerty.

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Google presenta il nuovo Nest Hub2: uno schermo per tutto

A prima vista il nuovo Nest Hub sembra esattamente identico al predecessore, da cui eredita lo schermo da 7 pollici con cornici molto vistose di colore bianco e tre aperture sulla parte superiore. Sotto alla scocca, realizzata con il 54% di plastica riciclata, troviamo però un sacco di novità, a partire da uno speaker migliorato rispetto a quello del modello originale.

In particolare Google afferma che i bassi sono più potenti del 50%, andando così a colmare una delle lacune più importanti del modello di prima generazione che, nonostante le dimensioni della base, non era in grado di offrire una qualità audio soddisfacente. Diventa così più soddisfacente ascoltare la musica dai propri servizi di streaming preferiti, con una grande novità, che vi anticipiamo con questa animazione.

Google presenta il nuovo Nest Hub, più potente e con radar Soli 1

Ebbene si, Google non ha abbandonato la tecnologia Soli, che aveva fatto il suo debutto sulla serie Google Pixel 4: ha deciso di riproporla sul proprio smart display. Il primo utilizzo è intuitivo, e permette di avviare o fermare la riproduzione musicale, o dei video, con un gesto davanti al display.

Prima di parlare della funzionalità principale del chip Soli però, accenniamo alla gestione migliorata dei dispositivi della casa connessa, raggruppati in un unico punto, seguendo gli standard definiti dal progetto Connected Home over IP, a cui partecipano anche Apple e Amazon e che viene gestito dalla Zigbee Alliance.

Le funzioni legate al sonno

I ritmi frenetici che a volte ci impone la vita quotidiana ci portano troppo spesso a sottovalutare l’importanza del sonno e dell’effetto benefico che ha sulla nostra salute, e il nuovo Nest Hub prova ad aiutarci a capirne l’importanza con una serie di informazioni, senza che sia necessario indossare alcun dispositivo che potrebbe risultare fastidioso.

Grazie a Motion Sense, che si basa sulla tecnologia Soli, la funzione Sleep Sensing di Nest Hub è in grado di analizzare come dorme la persona più vicina al display, basandosi sui movimenti e sulla respirazione, senza che sia necessario utilizzare una telecamera o un qualsiasi altro sensore da indossare. Grazie agli altri sensori (luce, temperatura e microfono), il software è in grado di riconoscere i colpi di tosse, il russare, e le variazioni di luminosità e temperatura, per riuscire a capire in maniera più chiara il loro impatto sul sonno.

Al risveglio l’utente riceverà un riepilogo personalizzato sullo schermo, con la possibilità di rivederlo in qualsiasi momento della giornata con una semplice domanda. I dati possono inoltre essere trasmessi all’app Google Fit per avere tutte le informazioni sulla propria salute in un unico posto.

Se il report è utile per individuare eventuali problemi, molto comodi saranno anche i suggerimenti forniti da un team di scienziati, che si basano sulle linee guida dell’accademia Americana della medicina del sonno. Se siete attenti alla vostra privacy, e non volete che i dati di Sleep Sensing vengano raccolti in alcun modo, potete disabilitare la funzione, ricordando che non verranno in alcun modo identificarti corpi e volti, e che i suoni registrati vengono analizzati in locale, senza finire sul cloud.

 Sleep Sensing è disponibile in anteprima gratuita fino al prossimo anno, e Google promette interessanti integrazioni con i dispositivi Fitbit, azienda da poco entrata a far parte del gruppo californiano. Anche con la funzione disabilitata sarà possibile farsi accompagnare nel sonno da suoni rilassanti e farsi risvegliare da un suono a volume crescente, accompagnato da una maggiore luminosità dello schermo. E se volete dormire ancora cinque minuti basterà passare la mano davanti al display per un rapido snooze.

Google Nest di seconda generazione è preordinabile negli USA. in Canada, Germania, Francia e Australia presso i rispettivi Google Store e nei principali negozi di elettronica. In patria il prezzo di vendita è fissato a 99 dollari.

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Tech

La musica in streaming diventa hi-fi e più intelligente

I principali 20 servizi di streaming musicale del pianeta hanno pagato fra gennaio e febbraio oltre 424 milioni di dollari a “The Mechanical Licensing Collective”, l’organizzazione dell’Ufficio Brevetti statunitense incaricata di raccogliere le royalty dai cosiddetti “digital service provider”.
Una cifra importante, scaturita da una modifica introdotta a inizio 2021 sulle modalità di calcolo dei diritti e che sarà versata nelle casse di editori, musicisti e cantanti.
I principali “contributors” di questa generosa sovvenzione? Nell’ordine Apple Music, con ben 163 milioni di dollari, Spotify 152 milioni, Amazon 42 milioni, Google quasi 33 milioni e a chiudere la lista delle prime cinque Pandora 12 milioni.

Apple Music è anche quella che genera il profitto più alto per ogni singolo ascolto mentre Spotify è il servizio che domina il mercato delle sottoscrizioni, davanti ad Apple Music, su scala globale, catturando circa un terzo degli utenti.
Le due rivali, inoltre, sono anche in testa alla classifica dei ricavi generati nel corso del 2020: insieme hanno portato a casa circa 7 dei 10,1 miliardi di dollari, che rappresentano il giro d’affari mondiale della musica in streaming degli ultimi dodici mesi.
(fonte: Recording Industry Association of America)

L’alta qualità secondo Spotify

Con il previsto lancio di Spotify HiFi nell’estate 2021 il passo è pronto finalmente a compiersi e gli abbonati al servizio potranno ascoltare i brani preferiti tramite smartphone, pc o altoparlanti collegati attraverso il sistema Connect in qualità Cd, nel formato di compressione dati “lossless”.

Le tracce pesano pochi megabyte senza perdita di qualità nel suono e con un bitrate massimo di 320 kbps. La certezza di un salto in avanti nella qualità di riproduzione della musica si specchia però nelle incognite relative al costo di questo “add on”, rispetto ai 9,99 euro della tariffa base mensile e ai 14,99 euro del pacchetto Family, che abilita in contemporanea alla modalità premium più utenti. I precedenti – Amazon con il suo Music Hd a 14,99 euro al mese rispetto ai 9,99 euro standard e Tidal HiFi, che arriva a 19,99 euro partendo dai 9,99 euro del servizio base – non sono incoraggianti.

Replay 2021 per i brani più ascoltati su Apple Music

Una playlist dinamica di tutte le tracce maggiormente ascoltate durante l’anno: l’ultima novità del servizio di streaming musicale in abbonamento della Mela ricalca la funzione Replay degli scorsi anni (emulando con qualche miglioria Spotify Wrapped) e si aggiornerà settimanalmente, ogni domenica, cambiando costantemente man mano che si ascolteranno i brani. Per attivarla basta andare nella parte bassa del tab “Ascolta ora” dell’applicazione, sia in versione mobile che desktop e uno dei suoi pregi è quella di offrire informazioni sulla maggior parte degli artisti e degli album oltre ai conteggi dettagliati delle riproduzioni e delle ore di ascolto.

Un’altra novità delle ultime settimane che interessa Apple Music riguarda in realtà la beta di iOS 14.5, la nuova versione del sistema operativo mobile di Cupertino, che permetterà di impostare “una tantum”, tramite l’assistente Siri, il servizio di streaming musicale predefinito, anche di terze parti (Spotify per esempio), per la riproduzione di brani

YouTube Music aggiorna la funzione “Radio”

Sono passati più di quattro mesi da quando Google Play Musica, rendendosi non più disponibile all’uso, ha ceduto il passo a YouTube Music dando modo agli utenti del vecchio servizio di trasferire i propri dati alla nuova piattaforma. Diverse le migliorie introdotte dal gigante californiane in questo periodo e le ultime due in ordine di tempo sono la visualizzazione a griglia per la sezione Album e una innovativa modalità di avvio della funzione “Radio”. Il nuovo layout è in distribuzione graduale sia sulle varianti Android e iOS dell’app mobile sia sulla versione web e a differenza della vecchia visualizzazione ad elenco offre il vantaggio di mostrare copertine decisamente più grandi, migliorando di conseguenza le possibilità di riconoscimento dell’album o dell’artista da parte dell’utente. Decisamente sfiziosa, oltre che utile, è invece la pensata di integrare nell’interfaccia principale dell’app per Android di YouTube Music un nuovo e più rapido sistema per avviare la radio rendendo di conseguenza molto più semplice ed immediata la ricerca e l’ascolto dei brani preferiti. Cliccando sulla copertina di un album, oltre alle opzioni già previste (“Condividi”, “Aggiungi alla playlist” e “Download”) ne comparirà una, “Avvia Radio”, per attivare in pochi istanti una stazione pertinente alla canzone che si sta ascoltando in quel momento. Rispetto al passato, in altre parole, viene meno la necessità di tornare al menu a scorrimento (percorso che rimane accessibile) o di premere a lungo un brano da una playlist e fare “tap” sull’opzione “Radio” dal menu pop-up. Con la nuova funzione è tutto molto più semplice, e veloce.

Amazon Music sbarca anche su Google TV e Android TV

Con i suoi 60 milioni di brani a catalogo (Spotify si ferma un pochino sotto), Amazon Music è sicuramente una prima scelta per moltissimi fruitori di musica liquida (soprattutto se già abbonati alla piattaforma Prime del colosso dell’e-commerce) e con il servizio a pagamento Hd ha decisamente alzato il livello della qualità di riproduzione in streaming, garantendo un bitrate medio di 850 kbps contro i 320 kbps del servizio rivale. Compatible con Android e iOS, è integrato nativamente in tutta la galassia dei dispositivi Amazon (i tablet Fire, gli accessori Fire TV e gli smart device Echo) e si sposa perfettamente con l’assistente vocale Alexa.L’ultima buona notizia per i suoi utenti è di fine febbraio e riguarda la disponibilità dell’app sia su Google TV (l’aggregatore che facilita la ricerca e l’accesso a una serie di servizi e piattaforme di streaming) sia su Android TV (la vera e propria piattaforma smart per i televisori di BigG). L’esperienza di fruizione, passando dallo smartphone al Tv non cambia e varia quindi in base al proprio abbonamento: chi ha attivato una sottoscrizione con Amazon Music Unlimited potrà accedere alla libreria musicale completa, chi è un utente Amazon Prime avrà a disposizione un’ampia selezione di brani e coloro privi di alcun abbonamento potranno ascoltare brani interrotti dalle inserzioni pubblicitarie.
Fonte: IlSole24Ore

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Formazione

Chrome 88 ti segnala le password inefficaci

È tempo di aggiornare il browser: al via il rilascio di Chrome 88  su Windows, macOS e Linux. Le novità introdotte si concentrano in particolare sulla sicurezza dell’utente e dei suoi dati. Una riguarda le credenziali di accesso come vedremo a breve.

Chrome 88: le novità del browser

L’update viene scaricato e installato in modo automatico alla prima occasione utile. Se invece si desidera forzare la procedura ed eseguirla subito è sufficiente aprire il menu principale del browser, selezionare la voce “Guida” e poi “Informazioni su Google Chrome” dando così il via al procedimento.

La novità più interessante è quella che segnala le password inefficaci. Sappiamo che Chrome già da tempo porta all’attenzione dell’utente quelle compromesse, oggetto di violazioni e leak, consigliando di cambiarle il prima possibile. La nuova funzionalità si concentra invece su quelle che pur non essendo state rubate risultano troppo deboli e facili da indovinare.

Chrome 88 segnala le password inefficaci

Ognuna di quelle individuate è affiancata dal pulsante “Cambia password” che rimanda al sito del servizio associato. Per eseguire il controllo dei codici di accesso legati ai propri account è sufficiente aprire le impostazioni, fare click su “Password” e infine su “Controlla password”. In alternativa è possibile incollare la stringa “chrome://settings/passwords/check?start=true” (senza virgolette) nella barra dell’indirizzo.

Viene inoltre semplificata la modifica manuale di quelle già salvate: è sufficiente fare click sul pulsante a forma di tre puntini al fianco di ogni credenziale e selezionare la voce “Modifica password” per trovarsi di fronte al modulo qui sotto. Chi non è ancora in grado di farlo può attivare il flag “chrome://flags/#edit-passwords-in-settings”.

Il modulo per l'editing delle password salvate in Chrome

Introdotta poi una nuova etichetta per le autorizzazioni richieste dai siti visitati, ad esempio la geolocalizzazione: come si può vedere nello screenshot risiede all’interno della barra dell’indirizzo.

Chrome 88: l'etichetta per le autorizzazioni richieste dai siti visitati

È bloccato il download di contenuti potenzialmente pericolosi (compresi quelli multimediali) ospitati da fonti HTTP collegate all’interno di una pagina HTTPS. Un ennesimo step per l’iniziativa annunciata da Google.

Infine, per alcuni utenti nella Omnibox viene tagliato l’URL mostrando solo la parte dell’indirizzo che identifica il dominio visitato. Una funzionalità in fase di test fin dallo scorso giugno che comunque può essere disabilitata facendo click con il tasto destro sulla barra e selezionando la voce “Mostra sempre URL completi”.

Chrome taglia gli URL nella barra dell'indirizzo

Ancora, Chrome 88 interrompe il supporto al sistema operativo OS X 10.10 Yosemite dei Mac, introdotto nel 2014 e non più supportato dalla stessa Apple. C’è infine un lungo l’elenco di vulnerabilità risolte: sono in totale 36, una delle quali (CVE-2021-21117) ritenuta critica.

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Software

Zoom lavora ad un servizio mail e al calendario per sfidare Google e Microsoft

La videochat Zoom, cresciuta in modo esponenziale grazie alla pandemia che ha reso necessari smart working e didattica a distanza, ora punta a sfidare il colossi Google e Microsoft.
La società, che quest’anno ha visto il valore delle proprie azioni crescere di oltre il 500%, sarebbe pronta a espandere le proprie attività: oltre alle videoconferenze sarebbero in arrivo un servizio di posta elettronica e una app calendario, tipo Google Calendar o Microsoft Calendario.

L’azienda sarebbe già al lavoro sulla posta elettronica, che potrebbe partire in via sperimentale già l’anno prossimo. L’app del calendario appare più lontana e non è chiaro se lo sviluppo sia già iniziato. Ma entrambe le strade serviranno a Zoom quando le aziende cominceranno a riportare i dipendenti in ufficio e l’uso delle videoconferenze calerà con la distribuzione del vaccino contro il coronavirus.

Molti dei principali concorrenti di Zoom sono piattaforme di videoconferenza offerte in suite di applicazioni aziendali; le più usate Office 365 di Microsoft e Workspace di Google. Entrambe offrono prodotti per calendario, e-mail e videoconferenze, quindi ha senso che Zoom cerchi di completare la propria offerta con e-mail e calendario.

Tra gli indizi che Zoom si sta muovendo in questa direzione, The Information cita annunci di lavoro per “entusiasmanti funzionalità di chat” e la progressiva integrazione con altre app come Asana e Dropbox.

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Cloud Computing

Google Foto, addio all’archiviazione illimitata nel 2021

Google ha comunicato che lo spazio di storage su Foto non sarà più “illimitato”, ennesima conferma del fatto che il cloud è tutto fuorché il futuro di qualsiasi cosa.
Capacità di calcolo, spazio di archiviazione, banda di rete: nulla, nel cloud, è o può essere infinito, ma le aziende come Google sono estremamente abili nel “vendere” i nuovi prodotti con la promessa di servizi illimitati. Salvo poi rimangiarsi la promessa, con sistematica e malevola puntualità, dopo alcuni anni passati a collezionare utenti.

Google foto

Lo spazio cloud infinito (che non è mai stato infinito) di Google Foto terminerà il primo giugno 2021. Tutte le foto e i video in “alta qualità” caricati sul servizio fino a quella data continueranno a essere esenti, ma da allora in poi ulteriori upload consumeranno una parte dei 15GB di spazio inclusi con ogni account Google gratuito. O anche lo storage aggiuntivo per gli account a pagamento.

Il passaggio di regime sarà automatico, mentre la corporation sottolinea la popolarità del servizio Foto parlando di 28 miliardi di foto e video aggiunti ogni settimana. La limitazione allo spazio sarebbe insomma necessaria per continua a offrire un servizio adatto alle aspettative dell’utenza. Un’utenza che non ha diritto di lamentarsi, visto che ha scelto di propria spontanea volontà di legarsi mani e piedi ai capricci del cloud – ovvero i computer gestiti da qualcun altro.

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Formazione

Google: aumenta ulteriormente la sicurezza account

Mantenere le informazioni al sicuro , dare alle persone il controllo che desiderano e trattarle in modo responsabile: queste sono i tre principi fondamentali su cui basa la sua strategia Google, finalizzata a proteggere i propri utenti.

Ecco tre nuove funzionalità per gli account

  • Privacy e sicurezza, controlli semplificati: presto sarà possibile gestire la cronologia delle posizioni direttamente negli spostamenti di Google Maps, aggiungendo o modificando velocemente i luoghi visitati.
  • Protezione attiva con avvisi di sicurezza ben visibili (nelle immagini qui sotto): quando viene rilevato un problema di sicurezza relativo all’Account Google viene mostrato un avviso nell’app di Google che si sta utilizzando, insieme alle indicazioni di risoluzione, senza bisogno di controllare l’email o ricevere altri avvisi sul telefono.
  • Assistente Google in Modalità Ospite per non salvare le interazioni: quando si vuole evitare che le interazioni con l’Assistente Google vengano salvate nel proprio account, si potrà attivare la Modalità Ospite attraverso un semplice comando vocale.

A questo si aggiunge una funzionalità che permette, semplicemente sottoponendo al dispositivo una domanda come “Il mio Google Account è protetto?”, di visualizzare le impostazioni relative a privacy e sicurezza.

Nell’occasione il gruppo di Mountain View sottolinea alcuni dei risultati raggiunti su questo fronte: oltre 4 miliardi dispositivi protetti con Navigazione Sicura, più di 100 milioni di tentativi di phishing bloccati da Gmail e oltre 500 miliardi di applicazioni scansionate ogni giorni da Play Protect.

Maps Covi19
Formazione

Google Maps e i focolai Covid-19

L’aggiornamento è atteso nei prossimi giorni: sarà attivo su tutte le mappe dei 220 Paesi coperti dal servizio di Google

“Se la tua zona è interessata dal COVID-19, puoi utilizzare Google Maps per ottenere informazioni pertinenti sui luoghi coinvolti”

by Google

‘Big G’, come al solito , ha deciso di intervenire in prima linea nelle problematiche più attuali, come nella lotta al coronavirus.

Come funzionerà il servizio

Ci aspettiamo a breve l’aggiornamento: sarà possibile osservare i territori coperti da Maps e vedere il numero di casi di Covid-19 per l’aerea che si sta guardando con una codifica a colori.

Si partirà con l’indicazione, da parte di Maps, della media di casi per area su tutte le mappe dei 220 Paesi coperti dal servizio di Google. Il livello da selezionare manualmente, dal menu di scelta, sarà ‘COVID-19 info’.

Google Mapsv mostrerà una media negli ultimi 7 giorni di nuovi casi Covid ogni 100 mila persone per l’area della mappa che si sta osservando, e con un alert che indica se i casi sono in crescita o in diminuzione.

La scala dei colori partirà da grigio (zero casi) e passerà per il giallo (da 1 a 10 casi), arancione (10-20), arancione scuro (20-30), rosso (30-40), rosso scuro (oltre 40).

Immuni ha generato grande polemica nel nostro Paese relativamente alla privacy e ai dati sensibili e alla geolocalizzazione. Per quel che riguarda la funzione di Maps, i dati raccolti e usati da Google per i nuovi dettagli sui casi Covid-19 arriveranno dalle autorità nazionali e internazionali preposte a fornire tali informazioni, che già concorrono a dare indicazioni sulla pandemia tramite Google Search.

Praticamente , i dati saranno quelli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dei ministeri della Sanità, delle agenzie sanitarie locali e degli ospedali: in sostanza, quelli del bollettino quotidiano che viene lanciato da marzo. Google indica tra le fonti anche Wikipedia che, per l’Italia, prende le informazioni sulla pandemia dal portale gestito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Dipartimento della Protezione Civile.

Formazione

Google Chrome: una nuova funzionalità

Il rilascio della versione 85.0.4183.102 di Chrome porta al suo interno diverse novità annunciate nelle settimane scorse. Alcune molto attese dagli utenti, in quanto migliorano di parecchio l’usabilità del browser, altre sono dei semplici fix per bug e vulnerabilità scoperte di recente.

La più interessante novità è senza dubbio la possibilità di raggruppare le tab. Una novità annunciata già ad aprile, rilasciata a fine agosto nelle versioni beta del browser di Google e testata a fondo prima di arrivare nella versione stabile.
Oltre poterle raggruppare , Google afferma che c’è stato un aumento del 10% nella velocità di passaggio da una tab all’altra, è un valore più teorico che pratico e di sicuro molto difficile da misurare nell’uso quotidiano dell’app.

Una volta aggiornato il browser all’ultima versione, potremo usufruire di queste nuove features : con il click destro su una tab potremo scegliere “Aggiungi tab a un nuovo gruppo“. Comparirà alla sinistra della tab un pallino grigio (ma potremo in seguito scegliere un colore diverso). A questo punto non ci resterà che trascinare verso il pallino tutte le tab che vigliamo inserire nel gruppo.
Allo stesso modo potremo anche escludere una tab da un gruppo: dovremo fare click destro su di essa e scegliere “Escludi dal gruppo“. La tab tornerà indipendente. Per dare un nome e un colore al gruppo dovremo invece fare click destro sul pallino e si aprirà l’apposito menu dal quale potremo scegliere nome e colore.

Per chi usa pochi tab forse non troverà questa funzione così utile, ma lasciateci dire che per MOLTI altri , tutto questo sarà una “salvezza”.

Buona navigazione a tutti.

Formazione

Arrivano i semafori: Google Maps si aggiorna.

Google Maps aggiunge una nuova feature: i semafori verranno segnalati agli incroci. Ora solo alcuni utenti iniziano a sfruttare questa funzionalità, di fatti via via che l’app viene aggiornata negli Stati Uniti, inizieranno a comparire le icone di piccoli semafori.

L’indicazione dei semafori , rappresenta sicuramente un passo avanti importante, perché fornisce informazioni ulteriori al guidatore , che potrà orientarsi al meglio per le strade. Si tratta di una funzione che il singolo utente non dovrà attivare, ma viene attivata automaticamente, proprio come accade già per Apple Maps, che aveva lanciato la novità nell’aggiornamento per iOS 13 , in attesa dell’uscita del nuovo sistema operativo.

Ma come funzionano questi semafori?

Il roll out della nuova funzione del navigatore di Google era iniziato da un paio di mesi, ma negli ultimi giorni sempre più utenti segnalano di aver avuto accesso alla novità. I piccoli semafori appaiono nel mezzo dell’incrocio e si adattano automaticamente alla grandezza e al cambio di dimensioni della mappa.

Le icone dei semafori appaiono sia durante la visualizzazione della mappa, che durante la navigazione, offrendo così all’utente delle preziose informazioni , per poter determinare dove si trova e soprattutto comprendere in alcuni casi , il motivo di un rallentamento o del traffico che potrebbe formarsi a un incrocio.

Sembra essere un “piccolo” aggiornamento, ma per chi utilizza Google Maps magari per il proprio lavoro, troverà sicuramente questa notizia di grande interesse.
Attendiamo con piacere di vedere questa nuova icona nel nostro percorso.