Smartphone

I codici segreti di Android

Sono codici che servono per scoprire informazioni relative al sistema dello smartphone sul quale li utilizziamo. Una cosa accomuna questi codici: cominciano sempre con un asterisco * e terminano con il cancelletto #. 

Si tratta di codici salvati nelle cartelle del sistema e possono cambiare a seconda della versione Android installata sul dispositivo. Molti codici validi su Android 4.3 Jelly Bean, ad esempio, sono diventati obsoleti con KitKat e così via fino ad arrivare al più recente Android 10. Ora molte delle informazioni sono contenute nelle Impostazioni sotto la voce Informazioni sul dispositivo. Va anche detto che alcuni produttori di smartphone hanno provveduto ad aggiungere codici aggiuntivi su alcuni dei loro terminali.

Cerchiamo di offrirvi un elenco completo, ma siamo certi che ne conoscerete degli altri che vi invitiamo a segnalarci in un commento!

Elenco dei codici segreti Android

Codici di informazione

  • *#06# – codice IMEI
  • *#0*# – Menu di informazioni (non funziona su tutti gli smartphone)
  • *#*#4636#*#* – Menu di informazioni
  • *#*#34971539#*#* – Menu di informazioni sulla fotocamera
  • *#*#1111#*#* – Versione software FTA 
  • *#*#1234#*#* – Version firmware e PDA 
  • *#12580*369# – Informazioni su software e hardware
  • *#7465625# – Stato di blocco del dispositivo
  • *#*#232338#*#* – Mostrare l’indirizzo MAC del terminale
  • *#*#2663#*#* – Mostra versione del display touch
  • *#*#3264#*#* – Mostra versione della RAM
  • *#*#232337#*# – Mostra l’indirizzo Bluetooth dello smartphone
  • *#*#8255# *#  – Stato del servizio Google Talk
  • *#*#4986*2650468#*#* – Mostra info su dispositivo, hardware e PDA 
  • *#*#1234#*#* – Mostra le info di PDA e firmware
  • *#*#2222#*#* – Mostra le info FTA
  • *#*#44336#*#* – Mostra la data del firmware e la lista dei cambiamenti
  • *#0228# – Stato della batteria
  • *#3282*727336*# – Stato utilizzo dati
  • *#03# – Numero di serie NAND
  • *2767*4387264636# – Visualizzazione codice prodotto

Codici di backup

  • *#*#*282*663273282*255#*#* – Directory a tutti i file di backup
  • * # 8736364# – Menu degli aggiornamenti OTA

Codici dei test

  • *#*#197328640#*#* – Mode test
  • *#*#232339#*#* – WIFI Test
  • *#*#0842#*#* – Test di luminosità/vibrazione
  • *#*#2664#*#* – Test del display touch
  • *#*#232331#*#* – Test del Bluetooth
  • *#*#7262626#*#* – Field test
  • *#*#1472365#*#* – Test rapido del GPS 
  • *#*#1575#*#* – Test completo del GPS
  • *#*#0283#*#* – Test del pacchetto loopback
  • *#*#0*#*#* – Test del display LCD
  • #*#0289#*#* – Test audio
  • *#*#0588#*#* – Test del sensore di prossimità
  • *#0782# – Test orologio
  • *#0589# – Test sensore luce

Codici di configurazione

  • *#9090# – Diagnosi e configurazione
  • *#301279# – Menu di HSDPA/HSUPA
  • *#872564# – Controllo del logging USB
  • *#2263# – Selezione bande
  • **05***#  – Sblocco codice PUK dalla schermata d’emergenza

Codici sviluppatori

  • *#9900# – Mode System dump
  • ##778 (+call) – Mostra il menu EPST
  • *#273283*255*3282*# – Menu creazione dati
  • *#746# – Menu debug dump

Altri codici GSM

  • *#7780# – Reset ai dati di fabbrica
  • *2767*3855# – Formattazione dispositivo
  • *#*#7594#*#* – Spegnimento dispositivo
  • *#*#8351#*#* – Attiva modalità composizione chiamate
  • #*#8350#*#* –  Disabilita modalità composizione chiamate
Sicurezza informatica

Le password del 2020: ecco le più utilizzate.

Se anche la tua password è la stringa di numeri “123456”, il consiglio che abbiamo per te è di cambiarla subito. Questa non è solo la password più usata, secondo la classifica annuale del 2020 stilata da SplashData, ma è anche la peggiore e più facile da indovinare per un malintenzionato.

Dopo anni in cui gli esperti hanno sconsigliato di utilizzare la parola “password” come password per i tuoi account sul web, in molti sembrano aver recepito il messaggio. Peccato che nonostante gli alert lanciati dagli esperti di tutto il mondo, la scelta degli utenti sia ricaduta su un altro “classico” errore e su una scelta ancor peggiore. Tra le prime 5 password più usate in rete, e più facili da hackerare, troviamo poi “123456789” in seconda posizione, poi “querty”, “password” e “1234567”. Quindi se tra queste riconosci la tua attuale password, soprattutto per account delicati come quello bancario o di e-commerce, è il caso di cambiarla con qualcosa di meno diffuso.

Le password più note

Come ogni anno, anche nel 2020 SplahData ha analizzato i dati raccolti in rete per stilare la classifica delle password più utilizzate, analizzando 5 milioni di password che sono state rivelate dopo violazioni da parte di hacker. La buona notizia è che la parola “password” è stata spodestata dal primo posto, finendo “solo” al quarto. La cattiva è che gli utenti hanno ancora la pessima tendenza di usare stringhe di numeri o parole che sono forse semplici da ricordare, ma anche molto semplici da indovinare per i cybercriminali.

Ad oggi per ovviare al problema, molti siti web offrono al momento della creazione della password dell’account un sistema che impone l’alternanza non in sequenza di lettere, numeri e caratteri speciali, così da spingere l’utente a sceglierne una che sia il più possibile sicura.
Quasi il 10% degli utenti ha utilizzato almeno una volta una delle 25 password peggiori, cioè 500mila tra i 5 milioni di password analizzate rientravano nella top 25 del 2020. Di queste invece, il 3% era la peggiore: la stringa 123456.

Password, le 25 peggiori in classifica

Nelle 25 peggiori password del 2020 si trovano anche delle “new entry”, come ad esempio 1q2w3e4r, 555555, lovely o 123qwe.
La classifica vuole essere un modo per far capire agli utenti come proteggersi online in prima persona. Se da un lato quindi vedere spodestata “password” sembra dimostrare che in parte il messaggio è passato, ora l’obiettivo è aiutare a non ripetere l’errore utilizzando semplicemente nuove combinazioni. Ecco allora le 25 password peggiori, da cambiare subito se anche tu le stai utilizzando per i tuoi account:

  1. 123456
  2. 123456789
  3. qwerty
  4. password
  5. 1234567
  6. 12345678
  7. 12345
  8. Iloveyou
  9. 111111
  10. 123123
  11. abc123
  12. qwerty123
  13. 1q2w3e4r (new entry)
  14. admin
  15. qwertyuiop (new entry)
  16. 654321
  17. 555555 (new entry)
  18. lovely (new entry)
  19. 7777777 (new entry)
  20. welcome
  21. 888888 (new entry)
  22. princess
  23. dragon (new entry)
  24. password1
  25. 123qwe (new entry)
Internet

Bonus pc fino a 500 euro: come richiederlo

Bonus pc 2020 è l’incentivo di 500 euro, rivolto ai nuclei familiari meno abbienti per l’acquisto di servizi internet a banda ultralarga o dispositivi. Tale incentivo rientra nel piano voucher per le famiglie, previsto dal Mise, per consentire a tutti di avere computer, device e una connessione internet e spetta principalmente alle famiglie a basso reddito, in particolare a quelle con un Isee inferiore a 20.000 euro.

Dopo la consultazione pubblica richiesta alla commissione UE, inoltre, verranno attuati anche dei voucher destinate a famiglie con Isee fino a 50.000 €. In questo caso non si conoscono ancora i dettagli, tuttavia l’ammontare dell’incentivo potrebbe essere di 200 euro, per l’acquisto di servizi di connettività di almeno 30 mbps.

Bonus Pc tablet, come richiederlo

Per ricevere il bonus bisogna fare richiesta a un operatore in grado di rispettare le caratteristiche di connettività. I requisiti dovrebbero essere autodichiarati da parte del richiedente; prestare attenzione perchè ci saranno dei controlli e chi dichiara il falso potrebbe incorrere in sanzioni.

Gli interventi saranno gestiti da Infratel, che realizzerà un portale online, dove gli operatori dovranno registrarsi. A quel punto potranno ricevere l’ok per l’incentivo, da erogare ai beneficiari come voucher per l’acquisto di servizi internet, pc e tablet.

Formazione

Addio ad Android, arriva Google Fuchsia

Google ha annunciato di essere al lavoro su Fuchsia, nome in codice di un nuovo sistema operativo multi-piattaforma (smartphone, tablet, computer) che dovrebbe debuttare in un prossimo futuro. Si tratta di un progetto molto interessante su cui l’azienda di Mountain View punta molto, ma su cui allo stesso tempo si sa ancora poco. Google non lo ha mai voluto presentare pubblicamente e lo ha solo mostrato sporadicamente all’interno di Google I/O, la conferenza annuale dedicata agli sviluppatori.

Ora, però, un nuovo pezzo va a comporre il puzzle di Google Fuchsia: il sistema operativo ha ricevuto la certificazione Bluetooth da parte dello Special Interest Group (SIG), passaggio fondamentale per ogni OS e per ogni dispositivo prima di uscire. Questo nuovo passaggio fatto da Fuchsia testimonia il fatto che Google è ancora molto impegnata sul progetto e che potrebbe mostrare una versione beta al più presto. Con la certificazione, il nuovo OS assicura il supporto al Bluetooth 5.0, lo standard più avanzato disponibile finora.

Fuchsia vs Android

A cosa servirà Google Fuchsia

Rispetto ad Android, Google Fuchsia non si basa su Linux, ma è sviluppato da zero da Google. Per questo motivo l’azienda di Mountain View punta molto sul progetto, convinta del fatto che possa diventare l’OS su cui basare tutti i dispositivi del futuro.

L’obiettivo nemmeno troppo velato è di creare un ecosistema alla Apple, dove ogni dispositivo possa comunicare facilmente con un altro presente in casa grazie all’utilizzo dello stesso sistema operativo.

Formazione

Come si aggiornano le mappe di un Boeing 747? Con un floppy disk da 3,5 pollici

I più esperti potranno contestare l’anzianità del veicolo sostenendo il fatto che, su un velivolo nato negli anni ’80, difficilmente i progettisti avrebbero potuto prevedere un sistema di aggiornamento più moderno. Una contestazione inoppugnabile, al di là degli aggiornamenti che su un mezzo del genere ci si aspetterebbe.

Il Boeing 747-400 è ancora in uso

Rimane comunque curioso pensare che ancora oggi, nel 2020, venga effettuato un aggiornamento critico di un aereo di linea con il floppy. Il Boeing 747-400, pur essendo stato dismesso dalla gran parte delle flotte, è ancora utilizzato da molte compagnie come Air China, Dubai Royal Air Wing e molte altre.

Il Boeing 747 utilizza ancora il floppy disk da 1,44 MB per aggiornamenti critici per gli aerei

Possibile che un mezzo così delicato come un aereo di linea possa ancora funzionare grazie ai vecchi floppy? La risposta è “certamente si!”. Anzi, se ha funzionato per più di vent’anni, perché non dovrebbe farlo ancora per altri venti?

Internet

Google ci avviserà in caso di terremoto

Per capire come possa essere possibile, in un certo senso, “prevedere” un terremoto bisogna guardare alle onde sismiche dei terremoti. Per farla semplice, le onde sismiche rappresentano l’energia accumulata lungo una faglia e sono generate da un terremoto.
La funzione sfrutta gli accelerometri dei cellulari e la differenza di tempistiche fra l’arrivo delle onde P e quello delle onde S. Sullo schermo dello smartphone comparirà una notifica che ci avverte di ripararc

Le onde di volume, che hanno origine nell’ipocentro, si dividono in due categorie: Onde P ed onde S. Le onde P si definiscono compressionali e fanno oscillare le particelle di roccia che attraversano parallelamente alla loro direzione di propagazione. Sono molto più veloci delle onde S, quindi sono le prime avvertite.

La differenza fra onde sismiche P ed onde sismiche S

Le onde S, invece, sono dette trasversali, e l’oscillazione delle particelle di roccia che attraversano avviene trasversalmente rispetto alla loro direzione di propagazione Come detto, sono molto più lente delle onde P, ma molto più pericolose. Il principio della funzione di rilevamento terremoti di Android sarà proprio questo: rilevare l’onda P per inviare agli smartphone in zona l’avvertimento, prima dell’arrivo delle più pericolose onde S.

L’aggiornamento arriverà tramite Google Play Service, basta avere almeno Android 5.0

A confermare il funzionamento della nuova modalità è la stessa Google: “Tutti gli smartphone sono dotati di accelerometri in grado di rilevare i terremoti. Sono abbastanza sensibili da rilevare anche l’onda sismica P, che è il primo effetto di un terremoto e precede l’onda S, molto più pericolosa

Se il telefono rileva quello che sembra un terremoto, invia un segnale ad un nostro server che tiene conto anche della posizione approssimativa” continua la nota di Google. “Il server analizza quindi le informazioni di molti telefoni, per capire se effettivamente è in corso un terremoto e, nel caso, inviare le notifiche istantanee

La schermata di notifica che arriverà sullo smartphone in caso di terremoto

La notizia positiva è che la funzione arriverà tramite aggiornamento di sistema di Google Play, quindi raggiungerà istantaneamente una gran parte dei dispositivi Android. L’unica limitazione riguarda la versione di Android, che dovrà essere la 5.0 o superiore. Ovviamente i dispositivi senza i servizi Google non potranno sfruttare la funzione.

L’esperimento di Google non è il primo: c’è anche l’app dell’Università di Berkeley

C’è da dire che Google non è la prima ad utilizzare gli accelerometri per avvertire gli utenti di un possibile terremoto. Già nel 2016, infatti, l’Università californiana di Berkeley aveva messo a punto un’app che, combinando i dati di vari sismografi e quelli rilevati dal cellulare, poteva lanciare l’allarme sull’arrivo di un terremoto.

A differenza dell’implementazione di Google, però, l’applicazione dell’università californiana, chiamata MyShake, doveva ovviamente essere installata ed avere i permessi per funzionare in background. Inoltre l’applicazione funzionava solo a livello locale, analizzando unicamente i dati riferiti alla California.

Un’immagine pubblicitaria dell’applicazione MyShake

E proprio in California i due sistemi di rilevamento si fonderanno. Tutti i dati raccolti da Android confluiranno nei server di MyShake, in modo da rendere ancora più precise le rilevazioni in una delle zone più pericolose al mondo per quel che riguarda i movimenti sismici.

Internet, Tech

Voice: il social network che premia chi scrive contenuti di qualità

Negli ultimi anni, non sono mancati i tentativi di dare vita a social network che incentivano le discussioni civili. L’esempio più noto è Kialo, la piattaforma su cui dibattere di temi d’attualità o particolarmente complessi senza scadere nelle liti e negli insulti, come spesso invece avviene su Facebook e Twitter.

Ad arricchire questa nascente schiera di social network di qualità, è giunto Voice: un social network basato su blockchain che il 4 luglio scorso ha aperto le porte, su richiesta, ai primi iscritti e che sarà a disposizione di tutti a partire dal 15 agosto.

La differenza più importante con i social network tradizionali è che Voice promette di compensare economicamente gli utenti sfruttando la sua criptovaluta, un token. Come si conquistano questi token? I modi sono vari: vengono distribuiti agli utenti più attivi, si possono guadagnare guardando dei video pubblicitari o venir inviati da chi desidera premiare i contenuti che abbiamo pubblicato. Allo stesso tempo, chi terrà comportamenti poco rispettosi nei confronti degli altri utenti potrebbero perdere una parte dei propri token.

La moneta del social network Voice potrà però essere utilizzata solo al suo interno, per esempio per dare maggiore visibilità ai propri post o, appunto, premiare altri utenti. Oltre a essere regolati da un meccanismo ancora abbastanza vago, è inevitabile avere qualche dubbio sull’attrattività di token che non solo non possono essere convertiti in denaro, ma permettono, almeno per ora, soltanto di acquistare visibilità per i propri contenuti. 

Ma questo è solo il primo passo: se il social network dovesse crescere, potrebbe prendere vita un ecosistema economico più complesso, con l’obiettivo di attirare media company interessate a ricevere i token. Un po’ di scetticismo è comunque inevitabile, dopo le difficoltà a cui sono andati incontro altri social network basati su blockchain, come Steemit e Civil, che ha invece chiuso i battenti.

A differenza di questi due esperimenti, Voice ha però alle sue spalle risorse finanziarie particolarmente ingenti. Il progetto è infatti nato all’interno di Block.one, la società che nel 2018 ha raccolto la cifra record di 4 miliardi di dollari per dare vita alla blockchain chiamata EOS (che ospita, in una sua variante, anche Voice). Nel mese di marzo, Block.one ha investito 150 milioni di dollari nel lancio di questo social network (di cui 30 milioni impiegato solo per acquistare il dominio Voice.com), mostrando di credere con forza nel progetto.

Tech

Restare connessi senza interruzioni? D-Link COVR 1102!

I nuovi dispositivi che abbiamo testato la scorsa settimana sono pensati soprattutto per ville o case di grandi dimensioni. Una volta in funzione, permettono agli utenti di fare videochiamate, trasmettere video in alta definizione in streaming da più dispositivi contemporaneamente e giocare senza interruzioni.

Due gli aspetti che saltano subito all’occhio: il design accattivante e la facilità di utilizzo in pochi passi, sfruttando le istruzioni su una app dedicata, si può installare tutto.

I due covr point, così si chiamano i cubi, sono in vendita a 110 euro. Uno va piazzato vicino al router, il secondo in un’altra stanza. Sono pensati soprattutto per ville o case di grandi dimensioni.

Grazie alla funzione Smart Roaming, infatti, il sistema scansiona continuamente il segnale wi-fi più affidabile disponibile per qualsiasi dispositivo. 

Consulenza

Come far funzionare al meglio il Mac

Un computer macOS è da sempre sinonimo di longevità. Secondo uno studio condotto da Macworld, l’aspettativa di vita di un MacBook è tra i 5 e gli 8 anni, dato che aumenta ulteriormente per gli iMac.
Questo non vuol dire che un computer Apple sia magicamente in grado di durare così tanto tempo senza essere sottoposto a cura e controllo per assicurarne il funzionamento. Basta munirsi di pazienza e di un software come CleanMyMacX (costo 30€/anno), che permette di eseguire alcuni controlli automatizzati.

Fare la manutenzione ordinaria

Piccola guida per far funzionare al meglio il Mac

Ogni settimana, o al massimo ogni mese, consigliamo di eseguire una cosiddetta manutenzione ordinaria. Questo tipo di controllo serve ad identificare eventuali file memorizzati dalle app che non servono più, insieme a dati di traduzione aggiuntivi di nuove app installate e al controllo di allegati inutilizzati nella casella email. È molto semplice eseguire una manutenzione ordinaria con CleanMyMac X: basta aprire l’app e selezionare Scansione smart, l’app farà il resto. Per dare un ordine di grandezza alla quantità di ‘spazzatura’ che può risiedere in un Mac, con un MacBook Pro con 256 GB di memoria, ogni mese vengono cancellati circa 5 GB di file inutili solo con questa operazione.

Ridurre le app all’avvio

Piccola guida per far funzionare al meglio il Mac

Pur essendo una delle attività più semplici da eseguire, molto spesso la si sottovaluta. Selezionare le app e i servizi che si aprono con l’avvio del computer richiede una conoscenza non superficiale del motivo per il quale quell’app ha bisogno di avviarsi proprio per prima. Vi si accede da Impostazioni -> Utenti e Gruppi -> Elementi di Login. Gli Helper, per esempio, sono moduli molto piccoli di app, che servono a richiamarla velocemente con delle scorciatoie da tastiera o per condividere informazioni da altre app senza aprirla. Altri sono servizi che arricchiscono le funzionalità del sistema, e sarebbe quindi inutile avviarle in un secondo momento (magari hanno delle operazioni da eseguire proprio all’avvio, o funzionano sempre in background). Gli Helper tendenzialmente non consumano molta batteria, né affaticano il sistema, mentre servizi e app complete possono diminuire notevolmente l’autonomia e rallentare molto l’avvio del computer. Si possono fare delle prove, nascondendo una o più app all’avvio e capendo quale combinazione risulta più efficace. Dato che è molto facile installare nuove app e riempire la lista degli Elementi di Login, è consigliabile eseguire questa operazioni ogni 2-3 mesi.

Ridurre gli agenti di avvio

Piccola guida per far funzionare al meglio il Mac

Oltre alle app, all’avvio vengono eseguiti anche una serie di agenti di avvio, piccole applicazioni di supporto o altri prodotti software. I servizi di sistema ampliano le funzionalità dell’app principale, ma in alcuni casi potrebbe essere utile rimuoverle o disabilitarle. In generale, non è consigliabile rimuoverle (per ripristinare bisognerebbe reinstallare l’app), ma si possono certamente disabilitare. Un esempio sono gli innumerevoli agenti che vengono avviati per garantire l’esecuzione di Microsoft Teams e la suite Creative Cloud di Adobe. Questa operazione si può eseguire su CleanMyMac X, andando su Ottimizzazione -> Agenti di avvio. Alla fine della pulizia, è consigliabile un riavvio del computer.

Ottimizzare la memoria interna

Piccola guida per far funzionare al meglio il Mac

Non tutti lo sanno, ma in macOS esiste un piccolo applicativo che permette di revisionare delle pratiche di sistema che possono ottimizzare lo spazio su disco. Vi si accede cliccando sull’icona della mela nella barra in alto a sinistra, poi Informazioni su questo Mac -> Archiviazione -> Gestisci… Tra queste: abilitare l’archiviazione automatica su iCloud di download e documenti su Desktop e in cartella Documenti, cancellare automaticamente episodi e film già visti da app Apple TV, e cancellare i file nel cestino dopo 30 giorni.

A queste, si aggiunge uno strumento di revisione dei file che categorizza i file più grandi in Applicazioni, Documenti, iCloud Drive, Musica, Messaggi o Podcast in modo da eliminarli facilmente senza doverli cercare tra le cartelle.

Usare Safari

Piccola guida per far funzionare al meglio il Mac

Sembra banale, ma Safari è la migliore opzione come browser su macOS. Google Chrome, Firefox, Edge consumano dal 5 al 10% in più di memoria e di batteria, creando un’istanza diversa di browser per ogni tab aperta, replicando molti processi e di fatto rallentando il computer. Safari non promette la stessa flessibilità di Chrome e simili (un grande parco di estensioni per personalizzare il browser), ma massimizzare il suo utilizzo può portare grandi benefici.

Sicurezza informatica, Smart working

Mare o montagna? Cinque consigli per lavorare in sicurezza in vacanza

Lo smart working è ormai una realtà per moltissime persone che possono scegliere da dove compiere il proprio dovere anche nei caldi mesi estivi. Secondo una recente ricerca, ben il 23,6% degli italiani ha dichiarato che lavorerà in una località di villeggiatura. Questo si traduce in quasi 425.000 lavoratori sparpagliati sul territorio nazionale che sfrutteranno una connessione internet per connettersi a servizi, database e app aziendali.
Una vera e propria manna per i cyber criminali a caccia di brecce nella sicurezza delle aziende e dei loro dipendenti, pronti a rubare documenti importanti o a prenderli in ostaggio tramite ransomware per poi chiedere un riscatto.
Per evitare brutte sorprese, l’azienda specializzata in sicurezza Sophos ha stilato un breve elenco per limitare i rischi in fatto di perdita di dati e violazioni informatiche perpetrate mentre usiamo il nostro smartphone, tablet o laptop da luoghi poco protetti.

L’importanza di sapere dove siamo

Il fatto di poter lavorare fuori dall’ufficio, non significa che la vostra posizione non sia monitorata per questioni di sicurezza. Ci sono sistemi che analizzano la provenienza delle connessioni Internet che chiedono dati alle risorse aziendali e se arrivano richieste da posizioni non conosciute, spesso vengono rifiutate o addirittura volutamente dirottate su dati fasulli. Informate il vostro responsabile IT dei vostri spostamenti per evitare perdite di tempo e allarmi in azienda

Crittografate i dati

Crittografare i dati presenti sui dischi fissi o nelle memorie dei dispositivi mobili li rende illeggibili in caso di furto dei dispositivi. Sugli smartphone e tablet recenti, questi vengono crittografati come impostazione predefinita, ma bisogna impostare password e pin lunghi e difficili da indovinare, altrimenti non serve a nulla. Su Windows, la crittografia è abilitata come impostazione di base nelle versioni Pro ed Enterprise. Nella versione Home, molto dipende dal pc che usate. Se non è disponibile, dovete usare un programma esterno. (https://www.enjoysystem.it/bitlocker-come-proteggere-i-dati-su-hard-disk-e-ssd-e-chiedere-una-password-allavvio/)
Su Mac, si può usare FireVault, che è incluso nel sistema operativo.

Smart working: la tua azienda è conforme al GDPR?

Usate l’autenticazione a due fattori ovunque potete

L’autenticazione a due fattori, ovvero la richiesta di un codice supplementare che arriva via sms o da un’app dopo l’inserimento della password, è una misura che riduce in maniera drastica i rischi di violazione degli account aziendali e personali. Usatela ovunque, dando la preferenza a quei sistemi che sfruttano una app rispetto agli SMS. Negli attacchi più sofisticati, infatti, i criminali arrivano a clonare il cellulare di una persona per rubarne i codici di autenticazione.

Effettuate un backup dei dati prima di partire

Quando si viaggia ci sono mille modi diversi per perdere un dispositivo e tutti i dati che contiene. Per fortuna, basta una sola accortezza per esser sicuri di recuperare tutto: il backup. Fate una copia dei dati presenti sui vostri dispositivi sempre in un’area protetta in cloud. Meglio non usare connessioni Wi-Fi pubbliche, soprattutto quelle aperte e pubbliche.
In casa, usate sempre il cavo per collegare il notebook su cui lavorate a Internet. Sui dispositivi mobili, sfruttate piuttosto la connessione 4G.