Negli ultimi giorni, è stato rilasciato un’aggiornamento dell’app Google Drive. Questo aggiornamento ha coinvolto la funzione di scansione dei documenti, che ha portato a una rielaborazione dell’interfaccia grafica e all’introduzione di nuove funzionalità specifiche. Fino a quel momento, la possibilità di utilizzare lo scanner non era estesa a iOS/iPadOS. Tuttavia, grazie all’ultimo aggiornamento, questa lacuna è stata finalmente colmata.
Aggiornamento Apple
Nelle ultime ore, l’app Google Drive per Apple è stata oggetto di un aggiornamento significativo, includendo ora la tanto attesa funzione di scansione documenti. Per utilizzarla, è sufficiente premere il tasto dedicato alla fotocamera, posizionato sopra il simbolo (+) nell’angolo in basso a destra della schermata principale.
Una volta premuto il tasto, viene attivato un mirino che può eseguire la scansione, mentre nella parte inferiore è possibile optare anche per l’acquisizione manuale. La fotocamera aiuta a posizionare il documento per ottenere una scansione di qualità ottimale. Basta toccare l’anteprima per regolare i bordi, ruotare l’immagine e applicare filtri come Colore, Scala di grigi, Bianco e nero e Foto. È possibile scannerizzare anche documenti composti da più pagine.
Per completare il processo, è sufficiente toccare il tasto “Salva”, e l’app sfrutterà l’apprendimento automatico per suggerire un titolo pertinente. Inoltre, Google Drive potrebbe suggerire automaticamente se si tratta di una ricevuta e aggiungere l’ubicazione del negozio. Naturalmente, è possibile decidere dove salvare il PDF prima del caricamento.
Il cambiamento
Questo funzione essenziale finalmente non è più solamente limitata ai dispositivi Android ma è divenuta disponibile anche per i prodotti di casa Apple. Un importante aggiornamento che si è fatto attendere a lungo ma finalmente da la possibilità agli utenti Apple di scannerizzare i propri documenti e condividerli facilmente.
Se non usiamo un gestore di password online, come LastPass, oppure non utilizziamo il Gestore delle password di Google, che le archivia automaticamente, potremmo trovarci in situazioni problematiche.
E su Windows?
La situazione più comune è quella di un computer Windows protetto da una password locale invece di un PIN collegato all’account Microsoft. Tuttavia, specialmente sui computer meno recenti, potrebbe essere necessario resettare la password direttamente dal BIOS, se ci si dimentica quella locale. Anche se potrebbe sembrare complicato, esistono strumenti online e alcuni di essi offrono versioni di prova per testarne l’efficacia.
PassFab 4Winkey: La Soluzione per il Recupero delle Password di Windows
Se hai mai dimenticato la password per accedere al tuo computer con sistema operativo Windows, sai quanto possa essere stressante. Fortunatamente, esiste una soluzione affidabile e potente per risolvere questo problema: PassFab 4Winkey.
Recupero delle Password di Windows
Perdere o dimenticare la password di Windows può sembrare un incubo, ma con PassFab 4Winkey, puoi risolvere rapidamente questo problema. Questa potente utility è progettata per aiutarti a recuperare o reimpostare quella di accesso al tuo sistema operativo Windows.
Facile da Usare
La semplicità d’uso è una delle caratteristiche distintive di PassFab 4Winkey. Anche se non sei un esperto tecnico, sarai in grado di utilizzare questo software senza problemi. Il processo di recupero è guidato da un’interfaccia intuitiva che ti porta passo dopo passo attraverso il processo.
Una guida all’utilizzo
Abbiamo effettuato un test di PassFab 4Winkey. Inizialmente, abbiamo utilizzato la versione di prova e successivamente abbiamo optato per quella commerciale al costo di 20 euro. Il meccanismo è sorprendentemente diretto e veloce: dopo aver installato il software su un altro computer (che può anche essere un Mac), abbiamo collegato una chiavetta USB e seguito le istruzioni del software per creare un’unità Flash di ripristino. Quest’ultima sarebbe stata inserita nel computer del quale avevamo dimenticato la password, accedendo al menu delle impostazioni del BIOS.
A seconda del modello del computer in uso, l’accesso al BIOS potrebbe richiedere la pressione di tasti come Canc, F2 o F12. Comunque, è relativamente semplice identificare la combinazione giusta per il nostro PC mediante un rapido ricorso a un motore di ricerca. Una volta giunti a questo punto, abbiamo modificato l’ordine di avvio, collocando la chiavetta USB in prima posizione, e successivamente riavviato il computer. Dall’apertura della finestra che si sarebbe presentata, avremmo avuto la possibilità di reimpostare la password dell’amministratore locale di Windows, la password dell’ospite o addirittura quella di Microsoft. Una volta completate queste operazioni, avremmo rimosso la chiavetta USB e riavviato il PC.
Altre soluzioni?
Non va tuttavia dimenticato che un tool per il recupero delle password è disponibile gratuitamente da almeno dieci anni: ci riferiamo a Ophcrack, un software open source. Tuttavia, va notato che Ophcrack funziona solamente con versioni di Windows fino alla 7 e recupera le password tramite gli hash LM e NTLM, sfruttando le Rainbow Tables. È importante notare che il software raggiunge buoni risultati proprio perché i sistemi di codifica utilizzati da Microsoft non impiegano il “salting,” una tecnica impiegata, invece, da sistemi operativi come Linux e Mac, che li rende notevolmente più resistenti agli attacchi di forza bruta.
Già in passato abbiamo parlato del recupero password in questo articolo!
Con le Smart TV è semplice guardare tutti i contenuti che vogliamo come Netflix e Youtube dal nostro divano.
Ma come possiamo fare se non abbiamo una Smart TV?
Tutti i nuovi televisori sono Smart TV, hanno quasi sempre la possibilità di connettersi ad Internet e di guardare YouTube, Netflix, Disney + e altri servizi. Non avendo una Smart TV possiamo ricorrere ad un semplice ed economico accessorio: Chromecast di Google
Google Chromecast
Ecco quindi come connettere il tuo Android alla TV
Per poter trasmettere in streaming il contenuto del nostro smartphone su una TV, è essenziale che entrambi i dispositivi siano connessi alla stessa rete Wi-Fi. Basta toccare l’opzione “Trasmissione” presente nella sezione “Dispositivi Connessi” e visualizzare i ricevitori compatibili, è possibile effettuare la connessione tramite l’applicazione Google Home. Dall’app, basta toccare la scheda “Dispositivi”, quindi selezionare “Aggiungi Nuovo Dispositivo” e specificare l’ambiente in cui aggiungerlo, come ad esempio la sala o lo studio.
Può capitare di visualizzare il simbolo della trasmissione wireless, raffigurato come un rettangolo con onde al suo interno, mentre si utilizza un’app compatibile come YouTube. In questo caso, è sufficiente toccare questo simbolo per avviare direttamente la trasmissione, evitando di dover passare attraverso le normali schermate di Android.
Esistono anche altri pratici dispositivi come il Fire TV Stick di Amazon o il clone del Chromecast chiamato Monbeq
Amazon FireTVStick
Andiamo a vedere come usare questi dispositivi
Il menu Impostazioni di Android può variare da uno smartphone all’altro a causa delle personalizzazioni apportate dai produttori e dalla versione di Android in uso. Il menu Trasmissione si trova generalmente all’interno della sezione “Dispositivi Connessi”, accessibili tramite uno swipe dal bordo superiore dello smartphone. Una volta individuato il comando, se hai a disposizione una Smart TV o un TV Box Android, dovresti vedere il dispositivo nella finestra di Trasmissione. È fondamentale, comunque, che sia lo smartphone e il TV o TV Box siano connessi alla stessa rete Wi-Fi.
Se non visualizzi automaticamente il TV Box o la Smart TV, puoi aggiungerli manualmente. In questo caso, dovrai installare l’app Google Home dal Play Store, che gestisce gli accessori domotici della casa.
Puoi acquistare un adattatore come il Chromecast, che si collega direttamente alla porta HDMI del televisore su https://store.google.com, a partire da circa 40 euro. Puoi anche risparmiare ulteriormente acquistando un clone del Chromecast come l’adattatore Monbeq, disponibile su Amazon a soli 19 euro (https://amzn.to/45YMAtp).
Infine, puoi trasmettere in streaming il contenuto dello schermo dello smartphone utilizzando il Fire TV Stick di Amazon, parte ad un costo di 35 euro su https://amzn.to/480C2fl.
Una guida al collegamento
Una volta selezionato il dispositivo che desideriamo connettere al nostro smartphone tramite la trasmissione wireless, Avverrà una richiesta per la trasmissione di tutto lo schermo.
Tuttavia, esiste anche la possibilità di trasmettere al televisore solo un video di YouTube o un film in streaming. Basterà toccare direttamente sull’app il simbolo del rettangolo con tre onde al suo interno e verrà visualizzata una richiesta di connessione. In questo modo, potremo condividere solo quel contenuto specifico senza esporre i dati sensibili del nostro smartphone. Questo è particolarmente utile se desideriamo condividere lo smartphone con familiari o amici senza preoccuparci che venga utilizzato in modo improprio.
Google Home
L’app Google Home è disponibile sulla maggior parte dei dispositivi Android, e nel caso non fosse preinstallata, è possibile scaricarla gratuitamente dal Google Play Store. Questa app consente di gestire tutti gli accessori della casa domotica, organizzandoli per stanze o ambienti. Puoi aggiungere dispositivi come Chromecast, altoparlanti o assistenti virtuali. Ci sono oltre un centinaio di dispositivi compatibili che possono essere configurati facilmente attraverso l’app.
Grazie a Google Home, puoi collegare non solo i Chromecast ma anche la maggior parte dei TV Box disponibili sul mercato. Attraverso l’app, puoi avviare la trasmissione wireless dello schermo, regolare il volume e collegare il dispositivo all’Assistente Google, l’utilizzo di comandi vocali.
Inoltre, puoi effettuare videochiamate direttamente dal tuo televisore, ma è importante ricordare che il microfono utilizzato rimarrà quello integrato nel tuo smartphone Android.
Trasmetti ovunque dal tuo smartphone
La maggior parte degli Smart TV e dei TV Box è compatibile con Chromecast, il che consente di trasmettere il contenuto dello schermo del tuo smartphone sul televisore. Tuttavia, esistono anche altri protocolli di connessione, come Miracast o DLNA, che richiedono app specifiche. Quello che rende XCast un’applicazione interessante è la sua capacità di gestire tutti questi protocolli di connessione senza la necessità di installare diverse app separate.
XCast è in grado di cercare i dispositivi disponibili e di identificare i file video, audio e foto, consentendo di trasmetterli al televisore. L’app è compatibile con una vasta gamma di Smart TV e dispositivi come Google Chromecast, Amazon Fire TV Stick, Roku e altri ricevitori DLNA. È inoltre compatibile con le console Xbox.
Per trasmettere il contenuto dello schermo dal tuo smartphone al TV, è necessario che entrambi i dispositivi siano collegati alla stessa rete Wi-Fi. Puoi sempre utilizzare il tuo smartphone come hotspot e trasmettere contenuti come immagini e video o anche contenuti online.
L’app è gratuita, ma richiede la visualizzazione di annunci pubblicitari prima dell’avvio della connessione. Se desideri eliminare la pubblicità, puoi optare per la versione Pro che costa 7,50 euro e offre funzionalità aggiuntive come individuare contenuti video già riprodotti e creare segnalibri.
Se già utilizzi questi dispositivi o se il nostro articolo ti è stato utile faccelo sapere nei commenti qui sotto, ci auguriamo di vederci presto con nuove notizie sul mondo dell’informatica!
Google è un efficace motore di ricerca che si distingue per la sua potenza e facilità d’uso. Tuttavia, utilizzando alcune strategie, è possibile migliorare ulteriormente i risultati in modo più rapido
Nel 1998, al momento della sua fondazione, Google si differenziò dai concorrenti dell’epoca grazie alla sua interfaccia essenziale, alla sua sorprendente facilità d’uso e alla sua abilità nel fornire immediatamente i risultati desiderati. Nel corso degli anni, sono state introdotte nuove funzionalità e apportate modifiche agli algoritmi, ma quella semplicità originaria è rimasta intatta. Nonostante l’interfaccia basilare, non mancano le opzioni: alcune funzioni meno conosciute possono rendere le ricerche su Google ancora più efficaci.
Ordiniamo i risultati per data
È comune finire per essere tratti in inganno da informazioni datate, spesso anche di molti anni fa. Quante volte ci è capitato di cercare una notizia, condividerla con gli amici, e solo successivamente scoprire che si trattava di notizie ormai obsolete? Dopo aver effettuato una ricerca su Google, notiamo diverse opzioni sotto la barra di ricerca, tra cui ‘Strumenti’.
Cliccando su di essa, abbiamo la possibilità di limitare la ricerca ai siti italiani, ma anche di specificare di cercare solo informazioni pubblicate dopo una determinata data o in un intervallo temporale specifico. In alternativa, possiamo utilizzare la barra di comando, utilizzando ‘before:<data>’ o ‘after:<data>’ per cercare rispettivamente risultati precedenti o successivi a una data specifica. Ad esempio, scrivendo ‘il miglior smartphone 5G after:2023’ tra virgolette doppie, otterremo solo risultati pubblicati dal 2023 in poi.
Le ‘virgolette’
Spesso, ci troviamo a dover esplorare tra i risultati per individuare quello più pertinente tra le diverse opzioni. Un metodo per ottimizzare la ricerca è l’uso delle virgolette. Ad esempio, se stiamo cercando una specifica opzione per Windows 10, come l’attivazione del backup, inseriamo questa frase tra virgolette. La query, ovvero il testo che inseriamo in Google, ‘come si fa il backup in Windows 10′, restituirà risultati anche per versioni precedenti di Windows.
Ma se la modifichiamo in ‘come si fa il backup in “Windows 10”‘, restringeremo notevolmente il campo. Questa caratteristica si rivela preziosa anche per frasi lunghe, come le citazioni di personaggi celebri.
Usiamo gli operatori booleani
Gli operatori booleani sono stati utilizzati sin dagli esordi dei primi motori di ricerca, ma non tutti conoscono il loro utilizzo. Se non sei familiare con il concetto degli operatori booleani, non preoccuparti, è un concetto molto semplice. Fondamentalmente, ci sono due operatori principali in Google: AND e NOT.
Ad esempio, se cerchiamo ‘programma di editing immagini “windows 10” AND “Linux”’, otterremo risultati che includono i termini ‘editor di immagini’, ‘windows 10’ e ‘Linux’. Al contrario, ‘programma di editing immagini “windows 10” NOT “Linux”’ escluderà dai risultati tutte le pagine che contengono il termine ‘Linux’.
Ricerca specifica dentro un sito x
Esistono alcuni siti vasti, colmi di informazioni e non sempre organizzati in modo chiaro. In queste situazioni, individuare un contenuto specifico attraverso la navigazione nei menu può richiedere molto tempo. Un trucco per trovare rapidamente ciò che cerchiamo è limitare la nostra ricerca a un singolo sito, utilizzando il comando ‘site:’.
Ad esempio, inserendo la frase ‘backup windows 10 site:www.enjoysystem.it‘, troveremo tutti gli articoli sul backup di Windows 10 pubblicati sul sito di enjoy system.
Scopri da dove viene un immagine
Sia su internet che sui social media, è diffuso il fenomeno delle notizie false e delle immagini manipolate. Succede spesso di imbattersi in messaggi indignati riguardanti immagini legate a eventi molto discussi come alluvioni, terremoti, pandemie o guerre, che però sono completamente fuori contesto.
Per evitare di essere ingannati, possiamo utilizzare un trucchetto: carichiamo l’immagine in questione su Google Immagini e osserviamo i risultati che otteniamo. Questo ci permetterà di scoprire facilmente l’origine dell’immagine e quando è stata utilizzata per la prima volta. È una tecnica ampiamente adottata anche dai debunker per individuare e svelare le notizie false.
Usiamo gli Strumenti
Le voci del menu ‘Strumenti’ sono dipendenti dal contesto e variano a seconda della ricerca effettuata. Come abbiamo visto precedentemente, possiamo utilizzarlo per limitare la ricerca a date specifiche, ma le opzioni disponibili sono molteplici. Quando effettuiamo una ricerca per immagini, ad esempio, oltre alla data, abbiamo la possibilità di specificare la dimensione (piccola, media, grande o dimensioni personalizzate) e di selezionare immagini con licenza Creative Commons. Questo ci consente di riutilizzarle senza violare i diritti d’autore, sia sul nostro sito che a fini personali.
Funzioni avanzate per la ricerca
Google funge in pratica come un sistema operativo a sé stante, con le sue applicazioni. Considerando che probabilmente avremo sempre una finestra del browser aperta, ha senso sfruttarlo anche per altre attività. Ad esempio, se dobbiamo effettuare dei calcoli, perché utilizzare una calcolatrice? Basta inserire le operazioni da svolgere nella barra di ricerca per ottenere il risultato. Non sarà nemmeno necessario premere Invio: man mano che digitiamo, vedremo il risultato dell’operazione.
Inoltre, può svolgere molte altre funzioni, come la conversione di valute o unità di misura. Alcuni esempi pratici di comandi potrebbero essere ’15 cm in inches’ per convertire da centimetri a pollici, oppure ’10 celsius in fahrenheit’ per convertire da gradi centigradi a Fahrenheit. Naturalmente, possiamo fare lo stesso tipo di conversioni anche con le valute, come ad esempio ‘100 dollari in euro’ per sapere quanti euro corrispondono a 100 dollari.
L’IA Bard
A luglio, Google ha introdotto in Italia Bard, il suo sistema di chat basato su Intelligenza Artificiale, il corrispettivo di Google di ChatGPT ma con la capacità di effettuare ricerche online, simile a Bing Chat che l’ha preceduto di alcune settimane. L’utilizzo è molto simile a quello di ChatGPT e possiamo interagire con esso come se stessimo parlando con una persona. Ad esempio, possiamo scrivere ‘trovami il volo più conveniente da Milano a New York nella prima settimana di agosto’. Inoltre, possiamo chiedere ‘come funziona un digital twin’ o addirittura richiedere ‘scrivimi un racconto nello stile di Umberto Eco’. Se non abbiamo voglia di scrivere, possiamo anche limitarci a parlare cliccando sull’icona del microfono.
A differenza di Bing Chat, Bard ha un’interfaccia più pulita e non ci sommerge di pubblicità. Tuttavia, manca il fatto che le risposte di Bard non includano link di riferimento, che potrebbero essere utili per approfondire o verificare l’accuratezza delle informazioni fornite. È importante ricordare che, come con ChatGPT, è sempre meglio non fidarsi ciecamente delle risposte e verificarle sempre. Le Intelligenze Artificiali sono strumenti molto utili, ma ancora in fase di sviluppo: sono efficaci nel manipolare e elaborare testi, ma possono commettere errori e talvolta addirittura inventare informazioni. Gli ingegneri che lavorano su questi modelli li definiscono ‘allucinazioni‘. Questo è un problema con cui dovremo convivere ancora probabilmente per un po’ di tempo.
Un breve documento di testo rappresenta una potente risorsa per affrontare numerosi problemi nel campo della sicurezza informatica, e la sua adozione si estende a livello governativo sia in Italia che negli Stati Uniti, oltre ad essere utilizzato da importanti aziende come Google e Facebook, vediamo questo nuovo standard.
Security.txt è il nome di un recente standard di sicurezza per i siti Web, che consiste in un file di testo (txt) con un nome standardizzato e facile da riconoscere tra i vari file che compongono un sito. Il file serve a fornire le indicazioni necessarie per gli esperti di sicurezza e gli hacker etici, cioè quelli che cercano di scoprire e segnalare le vulnerabilità dei siti senza danneggiarli o sfruttarli.
Security.txt è un formato che sta riscuotendo molta popolarità: lo usano siti molto noti e rilevanti, come Google, Facebook, GitHub, e anche i siti dei governi di diversi paesi, tra cui l’Italia, gli Stati Uniti, la Francia e il Regno Unito. Il governo olandese ha addirittura imposto l’uso di security.txt per i siti della pubblica amministrazione, mentre in Rete si è aperto un interessante dibattito sull’utilità reale di questo tipo di soluzioni, che potrebbero anche avere degli svantaggi o dei rischi.
Perché usarlo
L’avanzamento di Internet ha portato con sé una maggiore complessità per i ricercatori di sicurezza e anche per i motori di ricerca nel distinguere tra siti web legittimi e quelli potenzialmente dannosi o non attendibili. Nonostante i quasi quarant’anni di sviluppo del Web e gli standard creati da Tim Berners-Lee, non esiste ancora una guida specifica su come fornire queste informazioni cruciali riguardo alla natura e alla sicurezza di un sito web.
Tuttavia, un gruppo di ricercatori indipendenti ha proposto una soluzione innovativa a questo problema. L’idea alla base di questa iniziativa è di creare un piccolo documento di testo, facilmente implementabile da amministratori di siti web di qualsiasi dimensione, che consenta di fornire indicazioni chiare su come contattarli nel caso di rilevamento di un’eventuale vulnerabilità o insicurezza nel sito.
Questo documento di testo, chiamato “Indicazioni per la Sicurezza”, offre una soluzione semplice ma efficace per aiutare a identificare correttamente la natura e l’affidabilità di un sito web. Esso consentirebbe ai motori di ricerca e ai ricercatori di sicurezza di ottenere informazioni chiare sulla gestione della sicurezza del sito e su come notificare tempestivamente gli amministratori in caso di problemi.
L’iniziativa sta guadagnando rapidamente terreno e ha già suscitato l’interesse di importanti attori del settore, tra cui i creatori di WordPress. Questa piattaforma software è ampiamente utilizzata in tutto il mondo per la creazione di siti web e blog. In effetti, stanno valutando di rendere questa funzione standard all’interno del loro sistema, rendendo ancora più semplice per gli utenti implementare queste importanti indicazioni di sicurezza.
Chi dovrebbe usarlo
Chiunque può creare il file di testo security.txt e caricarlo nella cartella principale (root) del proprio sito web. Il modo in cui deve essere redatto è illustrato nel sito dell’ente non profit del progetto Open Source: www.securitytxt.org.
Seguendo una sintassi precisa, si facilita l’invio automatico delle segnalazioni di eventuali problemi di sicurezza. Infatti molte volte gli esperto fanno le verifiche in modo automatico, quindi non si può avvisare manualmente centinaia di migliaia di gestori di siti compromessi.
Per redigere il file security.txt, si consiglia di consultare il sito www.securitytxt.org. In tale sito, è possibile visionare un esempio reale cliccando sul link See it in action. Per approfondire le norme ufficiali, si può accedere al documento RFC cliccando su Read the RFC. In tale documento, sono illustrate le finalità, le modalità e la sintassi del file security.txt.
Sul sito www.securitytxt.org, c’è anche un form Web dove possiamo mettere le informazioni del nostro sito Web. Così facendo, ci dà un file security.txt già fatto che possiamo copiare nel nostro spazio Web.
Una soluzione come security.txt permette di automatizzare il processo. Inoltre il proprietario del sito può mettere nel file di testo la sua chiave pubblica (PGP), così da poter comunicare con lui in modo sicuro usando la crittografia.
Conclusioni
In conclusione, questa nuova iniziativa sta cercando di colmare una lacuna critica nella sicurezza di Internet, offrendo uno strumento semplice ma potente per migliorare la comprensione e l’affidabilità dei siti web, proteggendo gli utenti da potenziali minacce cibernetiche e rendendo l’esperienza online più sicura per tutti.
DragGAN, l’avanzato strumento di editing fotografico basato su IA. Trasforma immagini con precisione e velocità. Uscita prevista: Giugno 2023
I ricercatori di Google hanno recentemente rilasciato una nuova tecnica di intelligenza artificiale. Consente agli utenti di manipolare le immagini in pochi secondi con un semplice clic e trascinamento.
Il nuovo DragGAN è uno strumento di editing AI che sfrutta un GAN (Generative Adversarial Network) pre-addestrato per sintetizzare idee che seguono con precisione l’input dell’utente pur rimanendo sulla molteplicità di immagini realistiche.
Il potere di DragGAN
DragGAN è una rivoluzionaria tecnologia di fotoritocco basata sull’intelligenza artificiale che promette di cambiare radicalmente il modo in cui modifichiamo le immagini. Questo nuovo strumento di editing offre un approccio completamente diverso rispetto ai tradizionali software di fotoritocco come Photoshop. DragGAN eliminerà la complessità e gli infiniti livelli di Photoshop, aprendo la strada a qualcosa di completamente nuovo e innovativo.
DragGAN si basa sull’intelligenza artificiale e utilizza algoritmi avanzati per trasformare le immagini in modo preciso e veloce. Grazie a questa tecnologia, sarà possibile apportare modifiche e miglioramenti alle immagini con estrema precisione, consentendo agli utenti di ottenere risultati sorprendenti con facilità, come nel video seguente:
Secondo quanto riportato, DragGAN sarà disponibile a partire dal mese di giugno 2023.
Nonostante non siano disponibili ulteriori dettagli specifici sull’uso e sulle funzionalità esatte di DragGAN, si prevede che questo strumento avrà un impatto significativo nel campo del fotoritocco, semplificando il processo di editing delle immagini.
In conclusione, DragGAN è un innovativo strumento di editing fotografico basato sull’intelligenza artificiale che sta per rivoluzionare il modo in cui modifichiamo le immagini. Con la promessa di semplificare il processo di fotoritocco e offrire risultati sorprendenti, DragGAN è sicuramente un’interessante tecnologia da tenere d’occhio
Gli assistenti vocali possono essere molto utili, soprattutto se abbiamo una casa intelligente, ma nascondono anche numerose funzionalità divertenti, come la modalità super. Per attivarla dobbiamo usare il comando Alexa, su su giù giù sinistra destra sinistra destra A B. Il nostro speaker intelligente risponderà con la riproduzione di un motivo musicale e poi la frase “modalità Super Alexa attivata. Avvio dei reattori, online. Abilitazione dei sistemi avanzati. online. Apertura delle ali. Errore. Ali mancanti” e poi successivamente un motivetto musicale.
Tutto qui? Sì. ma gli appassionati di lungo corso non potranno non avere notato che l’istruzione da utilizzare non è altro che il celebre Konami Code. un trucco che fin dagli anni ’80 permette di ottenere bonus e potenziamenti nei giochi della celebre casa produttrice e non solo.
Selezioniamo il testo come dei campioni
Selezionare il testo è una di quelle attività che tutti noi facciamo, almeno occasionalmente, usando il computer. Il modo più semplice. che in linea di principio usiamo tutti. è quello di fare clic sul testo e trascinare il puntatore del mouse. Tuttavia c’è un sistema più rapido ed efficace per selezionare intere parole o interi paragrafi in modo più veloce. Per selezionare una intera parola. dobbiamo semplicemente fare doppio clic su un punto qualsiasi della parola stessa.
Più curioso ancora, il sistema che permette di selezionare un intero paragrafo. Per farlo, infatti, possiamo fare un triplo clic, cioè tre clic rapidi in sequenza con il tasto sinistro del mouse. Questo trucco ha un altro risvolto ancora più interessante: funziona con tutti i principali browser e i programmi di videoscrittura.
Cambiamo lo sfondo della nostra Gmail
I prodotti Google sono noti per avere moltissime funzionalità “nascoste” o comunque poco utilizzate che di tanto in tanto possiamo cogliere per aggiungere un po’ di pepe, o di personalizzazione. alla nostra esperienza. La possibilità di cambiare lo sfondo di Gmail è una di queste. Da quando Google ha rivisto le impostazioni, mettendone alcune in evidenza, farlo è diventato ancora più semplice.
Infatti dobbiamo solo aprire Impostazioni usando l’icona a ingranaggio presente in alto a destra. Nella colonna delle opzioni, scorriamo fino a trovare la voce Tema e scegliamo Visualizza tutti. Nella finestra che si apre potremo scegliere fra i temi precostituiti, un colore di sfondo, oppure anche un’immagine fra le nostre, caricate su Google Drive oppure dal nostro computer.
Raggruppiamo le app in Start di Windows 11
Windows 11 ha innovato molte cose, non tutte le novità però hanno avuto la stessa accoglienza da parte degli utenti. Fra le più controverse senza dubbio c’è il nuovo menu Start. a partire dalla posizione. fino alla gestione dello spazio dedicato ai programmi app, come Microsoft stessa tende a chiamarli sempre più spesso). Una funzionalità comoda ma decisamente sottovalutata è quella che permette di raggruppare le applicazioni in “cartelle”, in modo da poterne avere un maggior numero a portata di clic.
Il meccanismo da utilizzare è del tutto analogo a quello della maggior parte degli smartphone. Dobbiamo solo prendere l’icona di un’applicazione e trascinarla sopra un’altra per creare automaticamente una cartella, a cui poi aggiungerne ancora.
Google rivoluziona il modo di imparare
Il tempo è sempre poco, specialmente per chi ha progetti per la propria attività la carriera persi tra moltissime altre cose da fare e incombenze varie. Google Primer, www.yourprimer.com, ha tutti i numeri per cambiare il modo di imparare per chi è impegnato. Purtroppo al momento l’app è solo in inglese, ed ecco perché si trova fra i trucchi invece di avere un proprio articolo, ma propone un modo nuovo e interessante di imparare, attraverso quelle che vengono chiamate Bite-sized lessons, ovvero lezioni in pillole.
Il principio alla base è intrigante: anche il più impegnato di noi, durante la giornata, prende in mano lo smartphone diverse volte per distrarsi o fare una piccola pausa. Dedicando cinque o dieci minuti al giorno, quindi, cioè una o due di queste piccole pause, alle mini-lezioni presenti in Primer, è possibile imparare nuove abilità e informazioni utili per il nostro business o la carriera.
Monitoriamo le prestazioni del PC
Sfortunatamente in Windows 11 lo strumento per tenere sotto controllo il comportamento della macchina, Performance Monitor, è sempre più “nascosto” fra le pieghe delle nuove opzioni e del sistema operativo. Tuttavia questo tool rappresenta un buon modo per controllare l’uso delle risorse nel tempo, soprattutto se abbiamo tempo e modo di personalizzarlo un po’. Prima di tutto, però, bisogna trovare il modo di aprirlo, dal momento che non è più reperibile nemmeno con una ricerca dal menu Start.
Tra le funzioni utili ci viene comunque in aiuto la buona vecchia finestra di esecuzione, che possiamo aprire con la combinazione di tasti Windows + R. Nella casella di testo digitiamo perfmon (non serve indicare nemmeno l’estensione .exe) e facciamo clic su OK. La finestra che si apre inizialmente permetterà di controllare solo l’occupazione del processore, ma facendo clic sull’icona a forma di + in alto, potremo aggiungere tantissime altre voci.
Dov’è il mio smartphone? Che tu l’abbia perso o che ti sia stato rubato, poco importa! Ecco i modi per scoprire che fine ha fatto.
Sempre più frequentemente, oggi usiamo il cellulare per archiviare dati importanti e sensibili, che riguardano il lavoro e la vita privata, ad esempio per conservare password, effettuare pagamenti, autenticarci sui portali della pubblica amministrazione e così via.
Ecco perché perderlo o subirne il furto può rivelarsi fonte di grande stress. Come fare per minimizzare il problema?
Una soluzione, per ogni piattaforma
Beh, innanzitutto sfruttando le funzionalità native del telefono che ne permettono la localizzazione tramite servizi Web da una postazione remota, ad esempio un computer. A questo proposito, i possessori di terminali Android possono fare affidamento sullo strumento “Trova il mio dispositivo’’ Gli utenti iPhone, invece, devono affidarsi al servizio “Dov’è”.
Esistono anche sistemi proprietari e customizzati: ad esempio per gli utenti Samsung è disponibile la piattaforma “Find My Mobile“.
Oltre a individuare la posizione del terminale smarrito o rubato, questi sistemi offrono funzionalità aggiuntive come l’inizializzazione e il ripristino delle condizioni di fabbrica, una procedura estrema ma necessaria in tutte quelle situazioni in cui il recupero del dispositivo possa rivelarsi difficoltoso o dall’esito incerto.
Per i più smanettoni, inoltre, è possibile ricorrere all’utilizzo di app di terze parti che implementano funzionalità anche piuttosto sofisticate, come ad esempio la possibilità di cogliere il ladro in flagranza di reato scattandogli una foto mentre sta tentando di sbloccare il telefono.
Vediamo ora, un po’ più da vicino, come attivare i vari sistemi nativi di localizzazione.
Il “trova dispositivo” di Android
Ecco come configurare il sistema nativo di localizzazione da remoto del proprio terminale utilizzando uno degli smartphone più popolari tra quelli oggi in circolazione: Xiaomi Redmi Note.
1.Verifiche preliminari
Dalla schermata principale clicchiamo Impostazioni, selezioniamo Stato Sicurezza e leggiamo se accanto alla voce Trova dispositivo ci sia scritto Attivato o Disattivato.
Se disattivato, dalla schermata Impostazioni scorriamo fino a trovare Mi Account e clicchiamoci sopra. Clicchiamo su Dispositivi. Selezioniamo il terminale in nostro possesso, quindi clicchiamo la voce Trova dispositivo.
2. Attiviamo “trova dispositivo”
Nella pagina Trova ofcpos/f/izo abilitiamo la funzionalità omonima tramite l’interruttore corrispondente. Fatto questo, per procedere è necessario digitare le credenziali d’accesso al proprio account Xiaomi (Mi Account).
Una volta digitata la password clicchiamo OK. Ora siamo pronti per provare se tutto è funzionante.
3. Accediamo a Xiaomi Cloud
Colleghiamoci a https://i.mi.com dal PC. Clicchiamo Accedi con Xiaomi Account. Digitiamo le nostre credenziali d’accesso. Premiamo Accedi. Una volta autenticati, accediamo a Trova dispositivo cliccando il pulsante corrispondente.
Il sistema andrà a rilevare quali sono i dispositivi collegati all’account Xiaomi visualizzandoli in alto a destra.
4. Vediamo dov’è il cellulare
Selezioniamo il terminale da localizzare cliccandolo nella finestra in alto a destra. Pochi secondi e il sistema visualizza la posizione del device sulla mappa.
Nel caso di furto possiamo anche seguire gli spostamenti di chi lo ha sottratto aggiornando di volta in volta la posizione, semplicemente cliccando il pulsante Trova di nuovo.
E SE POSSIEDI UN SAMSUNG?
Se il tuo smartphone è un Samsung puoi sfruttare il servizio proprietario creato ad hoc dal rinomato produttore coreano, che si chiama FindMy Mobile.
Ad esempio sui telefoni della serie Galaxy, una volta attivata la funzionalità Trova dispositivo personale, la piattaforma FindMy Mobile permette di localizzare il cellulare anche quando è offline.
Inoltre, una volta localizzato è possibile controllarlo da remoto, bloccarne l’accesso a SamsungPay, effettuare un backup dei dati su Samsung Cloud e così via.
Anche il colosso di Mountain View offre ai propri utenti un servizio di localizzazione da remoto, utile soprattutto quando sul tuo smartphone gira una versione di Android non proprio di ultima generazione.
1. Attiviamo il servizio
Innanzitutto assicuriamoci di aver abilitato la funzionalità di localizzazione da remoto tramite Google. Dalla schermata principale clicchiamo su Impostazioni, scorriamo verso il basso e selezioniamo la voce Google. Scorriamo in basso fino a individuare la voce Trova il mio dispositivo. Clicchiamoci sopra. Nella schermata successiva abilitiamo il servizio tramite l’apposito interruttore.
2. Colleghiamoci al nostro account Google
Dal browser del computer digitiamo l’indirizzo www.google.com/android/find, digitiamo le nostre credenziali di accesso relative all’account Google a cui è collegato il terminale (username e password) e attendiamo qualche secondo che compaia la posizione del dispositivo sulla mappa.
3. Et voilà!
Una volta intercettato il terminale, il sistema offre diverse possibilità.
Ad esempio possiamo fare in modo che squilli per 5 minuti, anche se è in modalità silenziosa, cliccando su Riproduci Audio.
In questo modo sarà più facile localizzarlo fisicamente qualora ci troviamo in prossimità del luogo in cui, ad esempio, lo abbiamo smarrito.
4. Altre funzioni
Possiamo bloccare il device tramite l’opzione Blocca il dispositivo, aggiungendo perfino un messaggio e/o un numero di telefono a cui poter essere contattati per chiunque lo ritrovi.
Il sistema offre anche la possibilità di cancellare tutti i dati presenti nel telefono con Resetta dispositivo. In quest’ultimo caso, però, non sarà più possibile localizzato.
Scopri le mille risorse messe a disposizione da Google Chrome, software di navigazione numero uno al mondo.
Software indispensabile tra quelli che non dovrebbero mai mancare nella dotazione standard di un PC, Chrome è uno dei browser tra i più diffusi oggi disponibili in Rete. Veloce, potente ed evoluto, permette una navigazione sicura ed efficiente, la gestione multischeda e multifinestra, la navigazione in modalità anonima, la personalizzazione del layout di visualizzazione e il potenziamento delle proprie funzionalità tramite componenti aggiuntivi. Vediamo da vicino alcune delle sue più interessanti caratteristiche.
Per installare Chrome su sistemi operativi che utilizzano Windows 10/Windows 7 a 64 bit scarichiamolo da qui. Nel caso di OS Windows a 32 bit, invece, clicchiamo qui. Una volta lanciato l’eseguibile prescelto, seguiamo alcune semplici istruzioni a video per portare a termine l’installazione. Una volta lanciato l’eseguibile prescelto, seguiamo alcune semplici istruzioni a video per portare a termine l’installazione.
Per scegliere Google Chrome come browser predefinito di sistema clicchiamo su Start di Windows e successivamente su Settings. Clicchiamo Apps/ Default Apps.
Nella colonna di destra clicchiamo l’ultima icona in basso nella sezione Web Browser, quindi selezioniamo l’icona corrispondente a Google Chrome dal menu Choose an App. Chiudiamo la finestra Settings/Default Apps cliccando la X visibile in alto a destra.
Per impostare una lingua in Google Chrome, ad esempio l’italiano quando quella attivata di default è l’inglese, clicchiamo il pulsante con i tre punti verticali visibile in alto a destra nell’interfaccia principale, quindi clicchiamo Settings dal menu. Dalla colonna di sinistra scegliamo Advanced/Languages. Clicchiamo la freccina a destra della sezione Language.
Clicchiamo il link Add languages. Scorriamo fino a trovare Italian – Italiano, spuntiamo la casella corrispondente e clicchiamo Add. Attendiamo qualche secondo che la lingua selezionata venga caricata. Clicchiamo i tre puntini verticali visibili a destra della lingua Italian, spuntiamo la casella Display GoogleChrome in this language, clicchiamo Relaunch e il gioco è fatto.
Chrome mette a disposizione una modalità di navigazione che consente, sia pur con qualche limitazione, di navigare in Rete in maniera anonima, ossia senza lasciare traccia sul computer locale di siti visitati e pagine aperte, ma anche senza memorizzare cookie o dati inseriti nei moduli di compilazione.
Per abilitarla clicchiamo i tre puntini visibili in alto a destra nell’interfaccia, quindi clicchiamo la voce di menu Nuova finestra di navigazione in incognito. In alternativa possiamo premere la combinazione di tasti Ctrl + Maiusc + N. Una schermata e una modalità di visualizzazione apposite ci avvertono che ci troviamo in modalità Incognito.
Google Chrome permette di personalizzare alcuni aspetti relativi alla visualizzazione, come le dimensioni del carattere, il tipo di font, lo zoom delle pagine. Clicchiamo i tre puntini visibili in alto a destra nell’interfaccia, clicchiamo Impostazioni. Clicchiamo, nella colonna di sinistra, la voce Aspetto.
Per modificare il corpo-carattere clicchiamo il menu Dimensioni carattere e selezioniamo l’opzione desiderata tra quelle disponibili. Cambiamo font cliccando sul menu Personalizza caratteri, quindi selezioniamo il tipo di carattere prescelto. Per modificare lo zoom di default delle pagine quando accediamo a un sito, clicchiamo il menu Zoom delle pagine, quindi selezioniamo la percentuale che meglio si adatta alle nostre esigenze.
Google Chrome può essere arricchito di funzionalità interessanti installando componenti di terze parti chiamate Estensioni. Colleghiamoci qui. Selezioniamo, nella colonna di sinistra, la voce Estensioni.
Per installare un’estensione tra quelle disponibili clicchiamo sulla miniatura corrispondente all’estensione prescelta. Clicchiamo il pulsante Aggiungi visibile in alto a destra e successivamente su Aggiungi estensione. Qualche secondo e il gioco è fatto.
Tutto quello che scarichiamo durante la navigazione in Rete, Google Chrome lo archivia in una cartella predefinita. Per modificarla e personalizzarla procediamo nel modo seguente. Clicchiamo il pulsante con i tre puntini in alto a destra nell’interfaccia e scegliamo Impostazioni.
Nella colonna di sinistra clicchiamo la voce Avanzate e quindi Download. Nella colonna di destra clicchiamo Cambia. Selezioniamo il percorso relativo alla cartella in cui desideriamo salvare i file scaricati tramite Google Chrome, quindi clicchiamo Select Folder per completare le impostazioni.
Tutte le estensioni (funzioni extra per Chrome) possono essere gestite in una sezione specifica del programma che consente di abilitarle/disabilitarle o rimuoverle. Clicchiamo sul pulsante con i tre puntini in alto a destra e accediamo a Impostazioni; poi su Estensioni.
Per rimuovere un’estensione usiamo Rimuovi visibile nella sezione corrispondente all’estensione che desideriamo eliminare. Per abilitare/disabilitare un’estensione è sufficiente utilizzare l’interruttore visibile in corrispondenza dell’estensione. Da Dettagli possiamo visualizzare le informazioni inerenti l’estensione selezionata.
Google Chrome tiene traccia dell’attività di navigazione in una sezione denominata Cronologia, utile per aumentare la velocità prestazionale del programma e per andare a recuperare, all’occorrenza, siti e pagine visitate tempo prima e di cui non si ricorda l’indirizzo. Ma Chrome trattiene anche tutta una serie di dati, dai cookie alle password che si è deciso di memorizzare per la compilazione automatica tramite browser. Ebbene, per motivi di sicurezza e di privacy, è consigliabile eliminare periodicamente questi dati.
Per farlo clicchiamo il pulsante con i tre puntini in alto a destra nell’interfaccia, quindi clicchiamo Impostazioni. Accediamo a Cronologia, e ancora Cronologia. In alternativa possiamo premere la combinazione di tasti Ctrl + H. Dal menu di sinistra clicchiamo Cancella dati di navigazione. Nel menu Intervallo di tempo selezioniamo l’opzione Dall’Inizio e clicchiamo il pulsante Cancella Dati.
Google Chrome viene costantemente aggiornato per potenziarne le funzionalità, aumentarne la velocità di esecuzione e innanzitutto la sicurezza. Per verificare la disponibilità di un nuovo aggiornamento e procedere all’upgrade clicchiamo il pulsante con i tre puntini visibile in alto a destra nell’interfaccia. Clicchiamo su Impostazioni e, dalla colonna di sinistra, Informazioni su Chrome.
Da qui verifichiamo se il programma è aggiornato all’ultima versione disponibile, ed eventualmente procediamo all’aggiornamento cliccando il pulsante corrispondente.
I pixel Buds-A sono gli auricolari pensati per gli smartphone Android di casa Google. Questi auricolari sono economici e pratici. Potrebbero essere la versione Google degli AirPods, ma c’è ancora da migliorare.
I Pixel Buds-A sono gli auricolari true wireless proposti da Google agli amanti degli smartphone Pixel. Per intenderci quelli prodotti e commercializzati direttamente dall’azienda di Mountain View e più in generale di quelli basati su sistema operativo Android. L’approccio è quindi simile a quello adottato da Apple all’interno del proprio ecosistema.
I Pixel Buds-A si presentano con un design essenziale e funzionale, in perfetto stile Google. Le dimensioni compatte, la buona vestibilità e il peso ridotto – ciascun auricolare pesa circa 5 grammi – garantiscono un’esperienza d’uso confortevole.
Nella confezione sono forniti cappucci in tre dimensioni – S, M, L – per adattare il dispositivo al proprio orecchio. I Pixel Buds-A non sono progettati per sigillare in modo completo il canale uditivo, tanto è vero che è presente un apposito foro che serve a mettere in equilibrio la pressione dell’aria all’interno e all’esterno dell’orecchio. La piccola scocca racchiude un driver da 12 mm, le batterie e il SoC che gestisce le funzioni audio e il collegamento Bluetooth con lo smartphone o il dispositivo che opera da sorgente audio. Questi auricolari true wireless supportano il protocollo Bluetooth 5.0 ma non supportano connessioni a più dispositivi in simultanea. Ciò significa che per passare da un dispositivo a un altro è necessario eseguire ogni volta la procedura di abbinamento.
All’interno di ciascun auricolare sono presenti due microfoni che servono sia per intercettare la propria voce mentre si telefona o si usano piattaforme di comunicazione – tipo Google Meet – e che supportano la tecnologia Adaptive Sound che approfondiremo a breve. Le elevate sensibilità dei microfoni e gli algoritmi di analisi audio permettono di isolare in modo eccellente la voce anche in ambienti molto rumorosi.
Pur essendo molto compatti, i Pixel Buds-A prevedono due zone sensibili al tocco e configurabili attraverso l’ app per gestire alcune delle funzioni principali degli auricolari: avvio e pausa della riproduzione audio, risposta e riaggancio delle chiamate vocali e invocazione dell’ Assistente Google.
Design
ln quest’ultimo caso serve tenere premuto l’auricolare per l’intera durata della richiesta; in questo modo l’utente ha un maggiore controllo nel delimitare il testo che deve essere analizzato dall’algoritmo Google e ottenere così risultati migliori.
La custodia a pillola riprende lo stile di design introdotto anni fa da Apple con i primi AirPods. In questo caso le linee sono molto più curve e rispetto a molti altri prodotti manca il supporto alla ricarica wireless. Se da un lato la scelta di optare per la sola alimentazione via Usb-C può sembrare limitante, dall’altro tale scelta contribuisce a contenere la complessità e i costi del prodotto.
Sul frontale della custodia è presente un unico led che indica se il prodotto è in ricarica e l’unico modo per conoscere l’autonomia residua della custodia è quello di consultare l’app sullo smartphone. La batteria integrata negli auricolari garantisce un’autonomia di circa 5 ore di ascolto musicale – abbiamo misurato un valore simile durante le prove – e circa 2,5 ore di conversazione al telefono. La ricarica nella custodia è rapida e in circa 15 minuti si recuperano almeno 2,5 ore di autonomia per la musica. La custodia permette di ricaricare gli auricolari più di tre volte.
Adaptive Sound
I Pixel Buds-A non implementano una tecnologia di riduzione attiva del rumore (ANC) ma utilizzano un approccio denominato Adaptive Sound – suono adattivo – abbinato all’isolamento passivo dai suoni e rumori dell’ambiente circostante. In pratica gli auricolari compensano il rumore esterno regolando il volume di riproduzione audio in modo sovrastarlo possibilmente con la medesima intensità. Il meccanismo automatico replica in sostanza ciò che facciamo abitualmente quando – ad esempio -alziamo il volume della musica quando siamo sul treno o sulla metropolitana e lo abbassiamo quando invece siamo in un luogo silenzioso e privo di disturbi.
I Pixel Buds-A fanno esattamente questo e la presenza di questa funzione è con molta probabilità il motivo per cui non è possibile regolare manualmente il livello dell’audio dagli auricolari – dallo smartphone ovviamente sì. Questa soluzione è molto diversa da quella più comune che sfrutta la combinazione dell’isolamento passivo – ottenuto sigillando il condotto uditivo – e tecnologie attive di riduzione del rumore (ANC). Queste ultime sfruttano i microfoni degli auricolari per generare un’onda acustica inversa che, sommata a quella del rumore reale, determina un’interferenza di tipo distruttivo.
Il risultato è un abbattimento effettivo del rumore che raggiunge i timpani e ciò permette di mantenere volumi di ascolto bassi anche in ambienti rumorosi. Al contrario l’approccio Adaptive Sound compete con il rumore esterno alzando il volume d’ ascolto: il risultato in questo caso non è solo decisamente soggettivo – c’è chi il volume alto proprio non lo sopporta – ma anche molto dipendente dal tipo di segnale audio in riproduzione.
Qualità ottima
L’ Adaptive Sound funziona piuttosto bene con le chiamate telefoniche. La voce di chi parla, infatti, riesce sempre a spiccare sopra il rumore di fondo e questo permette di mantenere la concentrazione senza perdere il filo del discorso.
La tecnologia usata da Google ha una risposta rapida e questo permette di compensare bene anche rumori di fondo che non hanno un volume costante. Il giudizio cambia in modo radicale quando consideriamo l’ascolto di musica. In ambienti silenziosi o con un rumore di sottofondo costante le variazioni di volume applicate dall’algoritmo Adaptive Sound non disturbano.
In situazioni con un sottofondo molto disomogeneo, la tecnologia Adaptive Sound tende a rovinare la dinamica della traccia musicale: l’effetto, poco piacevole in alcuni casi, è equivalente a quello di continuare a ruotare la manopola del volume avanti e indietro. Il leggero ritardo nella regolazione del volume, che nel caso delle chiamate vocali è quasi impercettibile, si avverte non poco nell’ascolto della musica. Per questi motivi consigliamo di disattivare la tecnologia Adaptive Sound durante l’ascolto di brani musicali.
Come suonano
I Pixel Buds-A sono pensati per essere versatili. Questo approccio garantisce una buona esperienza nelle più disparate condizioni di utilizzo ma significa anche che non esiste un campo d’uso in cui eccellono; attenzione ciò non significa che siano auricolari scadenti, ma indicano una scelta progettuale ben precisa: versatili e usabilità prima di tutto.
Ciò non significa nemmeno che la loro resa audio in campo musicale non sia valida. I Pixel Buds-A offrono due modalità d’uso corrispondenti a due risposte di frequenza diverse: una standard e una con funzione Bass Boost attivata. L’app di gestione degli auricolari non fornisce altri sistemi per regolare l’equalizzazione audio. L’impostazione standard è caratterizzata da frequenze medie e basse con una presenza sottotono rispetto alle frequenze alte.
Questa impostazione sembra pensata appositamente per le chiamate vocali: le voci risultano brillanti e ben distaccate dal rumore di fondo. Attivando la modalità Bass Boost si ottiene una risposta più bilanciata e un un audio più pieno. Il risultato è simile a una equalizzazione neutra e mai esagerata visto che i bassi e i medi standard partono da un livello limitato.
Come vanno
Abbiamo provato i Pixel Buds-A con un Google Pixel 4a – ora in Italia sono disponibili i nuovi Pixel 6 – per poter sperimentare appieno l’esperienza d’uso immaginata da Google. Il processo di abbinamento con lo smartphone è semplicissimo: scaricate l’app dei Pixel Buds-A e aprite la custodia con il Bluetooth dello smartphone attivo; in pochi e semplici passi tutto viene configurato in automatico.
L’integrazione con i servizi Google funziona molto bene e non poteva essere altrimenti: l’Assistente Google può essere invocato dagli auricolari e se utilizzate questa tecnologia allora questi auricolari vi risulteranno molto utili e pratici. I Pixel Buds-A sono molto leggeri e possono essere indossati per lunghi periodi di tempo senza avvertire disagio. Purtroppo la vestibilità non è adatta a chi pratica sport intensi, ma con un po’ di cerotto adesivo è possibile fissarli alle orecchi e uscire a correre senza preoccupazioni.
Conclusioni
I Pixel Buds-A di Google aspirano a replicare l’esperienza d’uso degli Appie AirPods e, a dire il vero, non sono lontani dall’obiettivo. L’integrazione con Android è ottima così come il supporto all’Assistente Google. Diverso il discorso musicale: la tecnologia Adaptive Sound funziona, ma il risultato non è paragonabile a quello di un ANC puro.
Questo sito consente l'invio di Cookie di terze parti al fine di migliorare la navigazione offrendo servizi correlati. Premendo il tasto "Accetta" Cookie accetti l'utilizzo dei cookie. Per ulteriori informazioni su come questo portale utilizza i Cookie puoi selezionare il tasto Leggi di più. Puoi modificare il consenso premendo il tasto Impostazioni.
Questo sito Web utilizza i cookie per migliorare la tua esperienza durante la navigazione nel sito Web. Di questi, i cookie classificati come necessari vengono memorizzati nel browser in quanto sono essenziali per il funzionamento delle funzionalità di base del sito Web. Utilizziamo anche cookie di terze parti che ci aiutano ad analizzare e capire come utilizzi questo sito web. Questi cookie verranno memorizzati nel tuo browser solo con il tuo consenso. Hai anche la possibilità di disattivare questi cookie. Ma la disattivazione di alcuni di questi cookie potrebbe influire sulla tua esperienza di navigazione.
I cookie necessari sono assolutamente essenziali per il corretto funzionamento del sito web. Questa categoria include solo i cookie che garantiscono funzionalità di base e caratteristiche di sicurezza del sito web. Questi cookie non memorizzano alcuna informazione personale.
Cookie
Durata
Descrizione
__hssrc
sessione
This cookie is set by Hubspot whenever it changes the session cookie. The __hssrc cookie set to 1 indicates that the user has restarted the browser, and if the cookie does not exist, it is assumed to be a new session.
_GRECAPTCHA
6 mesi
This cookie is set by the Google recaptcha service to identify bots to protect the website against malicious spam attacks.
cookielawinfo-checkbox-advertisement
1 anno
Set by the GDPR Cookie Consent plugin, this cookie is used to record the user consent for the cookies in the "Advertisement" category .
cookielawinfo-checkbox-analytics
11 mesi
This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookie is used to store the user consent for the cookies in the category "Analytics".
cookielawinfo-checkbox-functional
11 mesi
The cookie is set by the GDPR Cookie Consent plugin to record the user consent for the cookies in the category "Functional".
cookielawinfo-checkbox-necessary
11 mesi
This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookies is used to store the user consent for the cookies in the category "Necessary".
cookielawinfo-checkbox-non-necessary
11 mesi
Set by the GDPR Cookie Consent plugin, this cookie is used to record the user consent for the cookies in the "Non-necessary" category .
cookielawinfo-checkbox-others
11 mesi
Set by the GDPR Cookie Consent plugin, this cookie is used to store the user consent for cookies in the category "Others".
cookielawinfo-checkbox-performance
11 mesi
This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookie is used to store the user consent for the cookies in the category "Performance".
Qualsiasi cookie che potrebbe non essere particolarmente necessario per il funzionamento del sito Web e viene utilizzato specificamente per raccogliere dati personali dell'utente tramite analisi, pubblicità, altri contenuti incorporati sono definiti come cookie non necessari. È obbligatorio ottenere il consenso dell'utente prima di eseguire questi cookie sul tuo sito web.
Functional cookies help to perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collect feedbacks, and other third-party features.
Cookie
Durata
Descrizione
__cf_bm
30 minuti
This cookie, set by Cloudflare, is used to support Cloudflare Bot Management.
__hssc
sessione
HubSpot sets this cookie to keep track of sessions and to determine if HubSpot should increment the session number and timestamps in the __hstc cookie.
Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.
Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.
Cookie
Durata
Descrizione
__hstc
sessione
This is the main cookie set by Hubspot, for tracking visitors. It contains the domain, initial timestamp (first visit), last timestamp (last visit), current timestamp (this visit), and session number (increments for each subsequent session).
_ga
2 anni
The _ga cookie, installed by Google Analytics, calculates visitor, session and campaign data and also keeps track of site usage for the site's analytics report. The cookie stores information anonymously and assigns a randomly generated number to recognize unique visitors.
_ga_78N9WP2E3X
2 anni
This cookie is installed by Google Analytics
CONSENT
2 anni
YouTube sets this cookie via embedded youtube-videos and registers anonymous statistical data.
hubspotutk
sessione
HubSpot sets this cookie to keep track of the visitors to the website. This cookie is passed to HubSpot on form submission and used when deduplicating contacts.
Advertisement cookies are used to provide visitors with relevant ads and marketing campaigns. These cookies track visitors across websites and collect information to provide customized ads.
Cookie
Durata
Descrizione
VISITOR_INFO1_LIVE
6 mesi
A cookie set by YouTube to measure bandwidth that determines whether the user gets the new or old player interface.
YSC
sessione
YSC cookie is set by Youtube and is used to track the views of embedded videos on Youtube pages.
yt.innertube::requests
Mai
This cookie, set by YouTube, registers a unique ID to store data on what videos from YouTube the user has seen.