Monthly: Febbraio 2021

Sicurezza informatica

Amazon e la truffa dei 30 anni

Sulle più importanti app di messaggistica molti utenti stanno ricevendo in queste ore un messaggio che li invita a festeggiare l’anniversario dei 30 anni di Amazon, attraverso la ricezione di buoni sconto e regali: si tratta di una truffa.

L’obiettivo è semplice: convincere le ignare vittime a consegnare inconsapevolmente i dati della propria carta di credito. Chi ha ideato questa notizia falsa, infatti, inizia una conversazione attraverso le app di messaggistica – in particolare WhatsApp – in cui si celebrano i presunti 30 anni dell’e-commerce. Il messaggio, quindi, invita gli utenti a riscuotere i premi e i buoni a loro dedicati, cliccando su un link che porterà l’utenza su una pagina, creata ad arte dai cybercriminali.

Amazon festeggia il suo 30esimo anniversario… regali gratis per tutti” si legge nel testo che molti utenti stanno ricevendo in queste ore su WhatsApp. Subito sotto, c’è poi un link che porta ad un sito dove richiedere il premio. Sulla suddetta pagina, ci sono quattro domande alle quali rispondere per “migliorare la qualità del servizio”. Il focus sono l’età, il sesso e un voto al servizio offerto da Amazon. C’è poi un’ultima domanda, la più pericolosa: il sito chiede se si sta utilizzando un iPhone o uno smartphone Android. Il portale in questione ha anche installato un timer, per dare alla persona un senso di urgenza nelle risposte.

Amazon e l’anniversario dei 30 anni: la truffa su buoni e regali

Il quiz

Una volta aver completato il questionario, la vittima si trova davanti a quattro premi tra cui scegliere. Cliccando su uno di essi, viene chiesto di condividere il quiz con 5 gruppi WhatsApp o 20 chat individuali. Inutile dire che il regalo non verrà mai inviato, ma anzi la persona che ci casca resterà intrappolata in un circolo vizioso senza via d’uscita. Questo è il link incriminato: https://ccweivip.xyz/amazonhz/tb.php?v=ss1616516. Se vi appare anche a voi, uscite immediatamente in quanto si tratta di una truffa.

A questo punto, i presunti vincitori devono pagare una piccola somma per poter ricevere il proprio regalo. È proprio in quel momento – a seconda del metodo di pagamento scelto – che gli ideatori della truffa entreranno in possesso dei dati di accesso di carte e conti bancari delle vittime.

Non esiste alcuna promozione relativa ai 30 anni di Amazon, anche perché l’azienda statunitense ha festeggiato nel 2019 25 anni di attività.

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Formazione

Earth 2: cos’è e come funziona il nuovo mondo virtuale

Il sito ufficiale lo descrive come “l’inizio della futura esistenza virtuale del nostro mondo“, e sostiene che abbiamo la “possibilità di possedere parte di questo incredibile futuro“.

In realtà al momento le cose sono molto più semplici di quanto sembrino. In quella che attualmente viene definita come “Fase 1”, Earth 2 è un servizio che replica il mondo 1:1 in una rappresentazione digitale e lo divide in tessere di approssimativamente 10 x 10 metri: ognuna di queste aree, che corrisponde alla stessa zona presente nella realtà, può essere acquistata a una cifra stabilita ed eventualmente rivenduta ad altri utenti a cifre superiori attraverso negoziazioni.

Earth 2 ricrea la Terra in modo dettagliato, con costruzioni, edifici, terreni e vegetazione, attraverso più di 5 trilioni di tessere uniche: queste sono visualizzabili attraverso una mappa online Mapbox (in stile Google Maps), dove è possibile trovarne tutte le caratteristiche, tra cui dimensioni fisiche, valore attuale, proprietario attuale, storico dei valori o altri dettagli.

Come si guadagna su Earth 2?

Earth 2 è costruito per generare un guadagno per coloro che possiedono i territori. Al momento sono tre i metodi per avere qualche ritorno economico, ma in futuro le cose potrebbero cambiare:

  1. guadagnare attraverso la compravendita: il prezzo delle singole tessere parte da cifre bassissime (anche da 0,10 dollari agli inizi) ed è destinato a fluttuare nel tempo con l’evoluzione del mercato; questo può dipendere dal numero di tessere già acquistate all’interno di un Paese e non solo;
  2. imposta sul reddito (“Land income tax“), che viene calcolata per proprietà in base alla classe di terreno per Paese e alle vendite di tessere nello stesso Paese;
  3. codice referral 5%: ogni utente ha a disposizione un codice che potrà essere inviato ad amici o altri utenti per l’acquisto di tasselli con il 5% di credito in cambio.

Metodi di pagamento e come prelevare i soldi

Earth2.0 | LinkedIn

Per acquistare tessere libere, ovviamente dopo essersi registrati, è disponibile la sezione “Buy Land“, mentre la sezione “Marketplace” costituisce una sorta di market secondario, dove poter acquistare terreni già di proprietà di altri e messi in vendita (a cifre probabilmente più alte, ma non necessariamente superiori a quelle di mercato).

L’acquisto di terreni può avvenire tramite PayPal (dal quale si possono aggiungere crediti), oppure attraverso i crediti presenti nel saldo del conto, aggiunti in precedenza. Il prelievo dei soldi presenti sull’account per lo spostamento sul conto bancario avviene al momento in un modo abbastanza complesso, anche se gli sviluppatori hanno assicurato che in futuro le cose miglioreranno.

Potete trovare tutte le informazioni che servono nella sezione “Settings > Withdraw Funds“: come potete leggere nelle istruzioni, è necessario inviare manualmente un messaggio e-mail dallo stesso indirizzo usato per l’account Earth 2 con diverse informazioni (nome completo, indirizzo, nome dell’account, indirizzo e-mail, nome che appare sul conto bancario, numero di conto, numero di telefono e cifra che si desidera prelevare).

I vostri soldi potrebbero essere convertiti in criptovaluta

Attenzione ad una postilla dei termini e condizioni di utilizzo del servizio:

We reserve the right in the future to convert your holding of Virtual Land (or any equivalent credits held in the Earth2 platform) to an equivalent value of a crypto-currency that we may create in the future. Any conversion would be conducted at a valuation reasonably determined by us.

secondo quanto riportato infatti l’azienda si riserva il diritto di convertire le Terre Virtuali (i possedimenti) o gli equivalenti crediti posseduti in una criptovaluta dal valore equivalente che il servizio potrebbe creare in futuro (e valutare economicamente). Questo potrebbe comportare il rischio di vedersi trasformati i propri soldi o revenue in una criptovaluta potenzialmente senza valore (o con un certo valore per chi vuole vederla più ottimisticamente)

Il futuro di Earth 2 in Fasi

Per il futuro gli sviluppatori promettono grandi cose ed Earth 2 dovrebbe diventare un vero e proprio gioco e mondo virtuale: purtroppo però non sono stati rilasciati dettagli e il tutto rimane avvolto nel “mistero”; sul sito possiamo leggere che il mondo di Earth 2 vedrà progressivamente altre Fasi con diversi livelli di gioco e gli utenti saranno in grado di costruire qualcosa nei luoghi acquistati.

Earth 2 è affidabile? Dubbi e rischi

E qui arriviamo alla questione più annosa: Earth 2 è affidabile? I soldi “investiti” nel mondo virtuale sono al sicuro o potrebbero sparire nel nulla attraverso una ben elaborata truffa “interplanetaria”? Al momento non ci sentiamo di fornirvi una risposta secca né di garantirvi che spendere denaro in Earth 2 sia necessariamente una scelta saggia, però possiamo fare un paio di verifiche.

Nella sezione “Our team” si possono trovare alcune informazioni sul fondatore, l’australiano Shane Isaac, e sugli altri componenti della squadra Earth 2 sparsi per il mondo (alcuni sono anche nomi piuttosto noti nel mondo tech, come ad esempio il co-fondatore di Oculus VR): sono presenti anche i link ai vari profili LinkedIn, nei quali è possibile curiosare per scoprire qualcosa in più sul team. Il co-fondatore di Oculus VR, Dillon Seo, segue Earth 2 dal suo account Facebook privato e conferma la sua collaborazione su LinkedIn stesso; il CEO di Mapbox (utilizzato per ricreare la mappa del mondo) Eric Gunderson segue Earth 2 su Twitter con un account verificato. Negli ultimi giorni il team è anche andato in diretta su twitch col canale ufficiale.

Negli ultimi giorni il servizio sembra soffrire di vistosi rallentamenti o blocchi, a detta del team a causa dell’intenso volume di traffico che si sta generando.

Insomma, al momento su Earth2 ci sono ben poche certezze e al netto di aver aggiornato la pagina contatti, sembra uno staff ancora troppo poco strutturato. Il nostro consiglio, se volete provare ad acquistare qualche casella sul servizio, è eventualmente quello di investire poco denaro e vedere come funziona e come procede; non fatevi ingolosire subito andando a spendere migliaia di euro, perché qualche rischio può esserci. Potrebbe trattarsi infatti di un servizio legittimo e sicuro ma anche di un classico schema piramidale. 

Speriamo di avere dissolto i vostri più grandi dubbi su cosa sia Earth 2 e su come funzioni: è probabile che ritorneremo sull’argomento, quindi continuate a seguirci per ulteriori indicazioni o aggiornamenti. Avete già investito qualcosa o non siete convinti? Fateci sapere la vostra nel solito box qui sotto.

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Sicurezza informatica

Il nuovo virus Huracan: attacca i conti correnti

Il virus Huracan, un’evoluzione di Anubis,da cui deriva, è un trojan bancario per Android con elevate potenzialità, come afferma chi sta provando a venderlo sul Dark Web elencando una lunghissima serie di azioni che possono essere svolte da remoto sul dispositivo infettato.
Tutto credibile, visto che già Anubis era (ed è tuttora) uno strumento di spionaggio molto efficace.

Cosa può fare Huracan?

Spiare l’utente dello smartphone fino a quando non inserisce i dati di accesso al conto corrente online. Non appena lo fa, il virus registra questi dati e li invia al server di controllo per metterli a disposizione dell’hacker. Che li userà per sottrarre denaro dal conto della vittima.
Stando a quanto dichiarato nell’ offerta pubblicata sul Dark Web, Huracan può fare una lunga lista di cose sullo smartphone Android infetto, tra le quali (ma non solo):

  • Inviare SMS
  • Ricevere e leggere SMS
  • Lanciare applicazioni
  • Cancellare applicazioni
  • Leggere la lista della app istallate
  • Attivare/disattivare CryptoLocker
  • Mostrare e gestire messaggi e notifiche
  • Registrare dal microfono
  • Registrare lo schermo
  • Registrare video
  • Scattare foto
  • Fare telefonate
  • Aprire il browser e cliccare su link

Perché Huracan è pericoloso?

Già la lista delle azioni che può compiere Huracan senza che l’utente si accorga di nulla dimostra quanto è pericoloso questo malware. Ma il rischio più grande è il fatto che si tratta di un virus nuovo.

La maggior parte degli antivirus commerciali per Android è in grado di intercettare Anubis e di bloccarlo, ma non è detto che sia in grado di fare lo stesso anche con Huracan. Affinché questo dubbio venga sciolto, purtroppo, è necessario aspettare che questo virus si diffonda nei Paesi in cui l’utilizzo degli antivirus è più alto.

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Internet

Reti 5G per un mondo sempre connesso.

Riguardo alla rete 5G ci sono opinioni disparate: per alcuni è considerato come una sorta di messia digitale, per altri come la bestia di Satana.
Cercheremo in questo articolo di fare un po’ di chiarezza.

Tecnicamente il 5G è lo standard di quinta generazione per le connessioni internet e telefonia mobile che permette una connessione di gran lunga superiore a quelle attuali – si parla di 2 Gigabit al secondo che potrebbero diventare potenzialmente 20 contro i 100 Megabit dell’attuale 4G – con una velocità di risposta almeno cinque volte più rapida e una capacità dieci volte superiore, che permette quindi di mantenere connessi contemporaneamente un numero di dispositivi dieci volte più grande rispetto ad ora.

L’internet delle cose

Soprattutto quest’ultimo aspetto permetterà l’evoluzione del cosiddetto Internet of Things (IoT), ovvero una costante interconnessione non solo di computer e telefoni ma di qualunque tipo di oggetto che possa essere trasformato in “smart object”. Per fare degli esempi pratici, oltre a una completa domotizzazione di case e uffici – con televisori, condizionatori, elettrodomestici totalmente gestibili da un unico terminale come un tablet o il proprio telefonino anche a chilometri di distanza –potremmo avere confezioni che avvisano quando il prodotto sta per scadere, frigoriferi che avvisano quando un determinato alimento manca, Bimby connessi al frigorifero che possono consigliare le ricette possibili con quello che c’è in dispensa o in frigo, sveglie che cambiano dinamicamente orario di notifica a seconda del traffico nel tragitto o del ritardo dei mezzi che ci porterebbero a lavoro, macchinari da ginnastica connessi ai sensori di monitoraggio che possono configurarsi dinamicamente. Il che oltre che a vantaggi evidenti porta anche a problematiche non banali ma di complessa analisi che però in pochi sembrano voler affrontare. C’è poi l’annosa discussione sulla pericolosità dell’inquinamento elettromagnetico e sugli eventuali rischi per la salute. 

5G e rischi per la salute

In realtà il dibattito sugli effetti del 5G sulla salute è molto più complesso, così come ogni questione riguardante l’aspetto scientifico che purtroppo nell’era internet della tuttologia e dei semicolti vede sempre più illustri sconosciuti parlare di argomenti che non possono essere studiati tramite google e wikipedia.

I principali studi su effetti negativi per la salute dell’esposizione a onde elettromagnetiche ad alta frequenza sono stati condotti dal Programma Nazionale di Tossicologia degli Stati Uniti e dal nostro Istituto Ramazzini, che hanno constatato una maggior incidenza di disfunzioni cardiache e tumori rari nei soggetti esposti.

Ma l’Icnirp (Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni non Ionizzanti), la commissione internazionale che detta le linee guida per la sicurezza alle esposizioni alle radiazioni, avrebbe pubblicato una nota e concluso che essi non forniscono una base affidabile per la revisione delle linee guida esistenti sull’esposizione alla radiofrequenza a causa di incongruenze e limitazioni che influenzano la validità dei loro risultati.

A chi dare ragione? Ovviamente i media mainstream reputano l’Icnirp più affidabile e più autorevole, ma abbiamo già visto sulla nostra pelle quanto a volte sia troppo facile e soprattutto pericoloso affidarsi tout court alle opinioni dei cosiddetti “esperti”. La sensazione è che ciascuno trovi più affidabile quello che dà maggior voce alle proprie convinzioni personali, ma senza una adeguata e approfondita preparazione scientifica è molto difficile capire quali dati siano effettivamente più affidabili.

Quello che però appare lampante seguendo il dibattito è che gli effetti a lungo termine, soprattutto a microonde ad altissima frequenza come quelle del 5G, siano piuttosto sconosciuti e che insomma l’uso così massivo del 5G possa essere una specie di “salto nel buio”. Gli allarmismi che invece negli ultimi giorni hanno intasato i canali video perché si stanno riscontrando misurazioni di campo elettrico leggermente superiori a 6V/m, che in Italia è il limite stabilito dalla norma legislativa, lasciano il tempo che trovano. Il resto dell’Europa ha assunto come valore limite quello stabilito dall’Icnirp ovvero di 60V/m, quindi dieci volte superiore a quello italiano, un valore comunque 50 volte inferiore al valore considerato limite per la salute. E questo non ha fatto riscontrare una minor incidenza di malattie in Italia o una maggior incidenza nel resto d’Europa.

Un mondo sempre connesso. Ma è quello che vogliamo?

Immaginiamo un mondo sempre connesso, immaginiamo ogni persona collegata a tutti gli oggetti intorno a sé tramite una rete globale che interconnette contemporaneamente a tutte le persone e tutti gli smart-object del mondo. 
Al di là della previsione di come sarebbe l’uomo perennemente connesso, una pericolosa possibile involuzione antropologica rispetto a quello attuale che già non brilla per slancio eroico, al di là del fatto che le peggiori distopie cyberpunk si farebbero improvvisamente molto più attuali di quanto non lo siano mai state, diventerebbero reali anche molte fantasie narrative che si intravedevano in molti thriller o film di spionaggio, con un controllo remoto centralizzato che permetteva accesso a satelliti, telecamere, telefoni e qualunque smart-object diffuso in giro.

Avete presente la AI di Person of Interest? Diverrebbe realtà, così come diverrebbe realtà l’incubo da Grande Fratello di controllo continuo. E non è becero complottismo. Se c’è stato uno scandalo per la profilazione fatta da facebook – e non solo – che basava inserzioni personalizzate grazie all’analisi sulle ricerche google effettuate dal singolo utente o all’analisi delle parole che ogni utente utilizzava su Messenger o Whatsapp nei messaggi privati, immaginiamo quanto sarebbe facile una profilazione basata sull’utilizzo quotidiano dell’immensa quantità di smart-object che presto inonderanno il mercato. Ogni nostra azione verrebbe registrata in rete, per non parlare del continuo tracciamento di movimenti e posizione. Cosa di cui tra l’altro già si è iniziato a parlare proprio grazie al Covid-19, quando si è parlato del tracciamento tramite droni e app della popolazione per identificare i positivi o individuare gli assembramenti. Come se volessero farci passare il tracciamento come qualcosa che è per il nostro bene, così come avviene sempre quando si tratta di limitazioni progressive della libertà.

Il grosso problema politico e strategico del 5G

Ma tutto questo si somma a un altro grave problema che è del tutto politico. Chi controllerebbe tutto questo? Chi avrebbe le chiavi della connessione? Chi insomma sarebbe capace di profilare, controllare, tracciare e di accedere ai dati della rete? E anche qui pericolosissimamente il cyberpunk ci viene in aiuto. Non saranno certo gli Stati o i governi ma i privati, ovvero gli operatori a cui gli Stati si affideranno per la gestione, configurazione e costruzione della rete 5G. La stessa natura del 5G è poi molto pericolosa per la sicurezza dei dati. La grande velocità che la rete raggiungerà sarà ottenuta grazie a un approccio algoritmico chiamato network slicing, ovvero uno spacchettamento di dati che dà priorità ai dati ritenuti più importanti per ogni singola operazione o comando o richiesta. Mentre una volta ogni dato veniva “trattato” allo stesso modo, ora invece ogni operatore dovrà in qualche modo conoscere il contenuto delle informazioni che i propri clienti fanno viaggiare per poter applicare la gerarchizzazione che ottimizzi il tempo di trasmissione.

Il che se non è un problema quando passano richieste per dare comandi al robottino che pulisce casa, diventa un serissimo problema quando a transitare sono dati industriali, militari o strategici. Inoltre il network slicing rende di fatto la rete molto più vulnerabile. Essendo molto più ramificata e avendo tantissimi nodi che servono per lo spacchettamento, presenta di fatto più finestre di accesso per un possibile attacco informatico per accesso ai dati. O la possibilità di avere molte più backdoor di accesso da parte di chi ha configurato la rete “garantendo” allo Stato di non entrarci. Il che ovviamente regala le chiavi di tutti i propri dati a terzi non controllabili.

Se già un Zaia aveva preventivato di affidare agli israeliani il tracciamento della popolazione – cosa che purtroppo non ha alzato il dovuto sdegno da parte di tutto il mondo politico – immaginate cosa potrebbe succedere se davvero l’Italia, come sembra, affidasse la sua rete 5G alla cinese Huawei, che già era stata accusata dai servizi tedeschi di aver avuto rapporti con le agenzie di spionaggio cinese. Un problema non facilmente risolvibile visto che l’Italia da tempo ha svenduto o depotenziato i settori tecnologici più importanti e quindi non ha la forza di affrontare da sola una sfida come quella della rete 5G.

Social media

Clubhouse: ecco tutto quello che dovete sapere sul nuovo social

È un nuovo social. Diverso dagli altri perché permette di utilizzare solamente la voce. In una ”stanza virtuale” potete parlare (ad alzata di mano), potete ascoltare e niente altro. Tutto però in diretta e tutto con la libertà che comporta questo tipo di utilizzo.

Clubhouse è senza dubbio la parola più ricercata e utilizzata del momento. Chiaramente non stiamo parlando di un bar o di un qualche locale dove ritrovarsi, anche se come vedremo non si differenzierà poi troppo da questi, bensì stiamo parlando del nuovo social network che sta imperversando un po’ ovunque in queste ultime settimane. Che poi tanto nuova non è perché in USA è già attiva da circa un anno, con addirittura 2 milioni di utenti e 100 milioni di dollari di investimento dalla nota società di venture capital Andreessen Horowitz.

La sua caratteristica principale è quella di semplificare al massimo tutti gli artefizi che troviamo su altri social network in giro. Niente foto da scattare, niente video da condividere, niente post da scrivere. Solo una foto profilo, una piccola biografia (se la si vuole) e la possibilità di entrare in una stanza (o room come viene denominata in Clubhouse) per ascoltare gli altri o per dire anche la propria, raccontando quello che si vuole o quello che riguarda l’argomento della conversazione. Tutto qui. Un vero e proprio grande “circolo” (appunto Club) in cui creare stanze dove rinchiudersi per parlare proprio come si farebbe fisicamente in una casa con amici o magari all’università.

Al momento però Clubhouse è accessibile solo agli utenti iOS ossia con un iPhone o un iPad. E non solo perché è possibile accedere al social solo tramite un invito di chi è già in possesso di un account attivo all’interno di Clubhouse. Questo significa che per il momento la nuova piattaforma possiede un accesso limitato, una specie di Beta che permetterà agli sviluppatori di sistemare il tutto per poi promuovere il social in futuro anche ad utenti Android e senza inviti.
In questo articolo vi spieghiamo come funziona, per chi è fatta e soprattutto quale sarà il suo futuro soprattutto in concorrenza con i vari Facebook, Instagram, LinkedIn e chi più ne ha più ne metta.

La storia del nuovo ”audio” social

Partiamo innanzitutto dal capire come è nato Clubhouse. L’idea è partita da due sviluppatori, Paul Davison e Rohan Seth, che nel 2011 si sono conosciuti grazie all’amore condiviso per i social. All’epoca, Rohan stava lavorando ad alcune app per aiutare gli amici a ritrovarsi nelle loro città e Paul stava creando un’app chiamata Highlight per aiutare le persone a stringere amicizie. Come spiegano loro stessi “Nei dieci anni successivi abbiamo entrambi continuato a lavorare su prodotti social, sperimentando nuove app, fallendo e ricominciando.” Nell’autunno del 2019, si sono ritrovati e hanno deciso di collaborare e creare un qualcosa insieme.

Dopo molte iterazioni nello spazio audio hanno partorito Clubhouse nel marzo dello scorso anno. Il loro obiettivo era creare un’esperienza social che sembrasse più umana possibile, dove invece di postare pensieri o foto, sarebbe stato possibile riunire le persone con altre persone e parlare. “La nostra stella polare era creare qualcosa per cui una volta chiusa l’app al termine della sessione, ci si sarebbe sentiti meglio di quando era stata aperta, perché avevi stretto amicizie, incontrato nuove persone e imparato molte cose”. Questo era l’obbiettivo di Clubhouse e dei suoi realizzatori.

E il successo degli ultimi mesi ha premiato i due fondatori. Clubhouse infatti, avvantaggiata sicuramente dalla pandemia e dalla necessità di dover stare in casa forzatamente a causa del distanziamento sociale, è riuscita in pochissimo tempo a divenire già una comunità di oltre due milioni di persone in tutto il mondo dai musicisti, scienziati, creatori, atleti, comici, genitori, imprenditori, operatori di borsa, leader senza scopo di lucro, autori, artisti, agenti immobiliari, appassionati di sport e altro. Tutti sono entrati in Clubhouse per parlare, imparare, ridere, intrattenere, incontrare e connettersi. Praticamente una famiglia digitale (ma poi nemmeno tanto) dove poter parlare liberamente.

Come funziona Clubhouse?

Clubhouse dunque è un nuovo tipo di social basato sulla voce. La sua struttura è decisamente semplice ma anche immediata e comoda per tutti, anche per i meno conoscitori dei mezzi digitali. La home si divide in modo abbastanza netto, mettendo in primo piano le stanze suggerite: non appena si fa tap su una di queste si entra nella conversazione ed è possibile ascoltare fin da subito cosa stanno dicendo gli utenti al loro interno. Entrare dunque in ogni stanza è come diventarne parte anche se di default come spettatore, perché in questo caso non si ha la possibilità di interagire ma solo di ascoltare.

Se l’argomento è interessante e si ha la volontà di dire la propria, ecco che basterà tappare sull’icona a forma di mano e come per magia si farà capire al moderatore della stanza che si vuole prendere la parola. A questo punto, se il moderatore lo vorrà, ci si trasformerà in ”Speaker” ossia un membro della stanza con la possibilità di parlare. In questo caso si avrà la possibilità di attivare il microfono e dunque di poter interagire con la stanza e gli altri membri sempre nel rispetto delle regole di Clubhouse e soprattutto nel rispetto anche del moderatore, il quale in qualunque momento potrà comunque togliere la voce agli speaker.

La base dunque su cui è stata creata Clubhouse è quella delle ”Rooms” ossia delle stanze. Una casa con tante stanze dove poter parlare di argomenti differenti in ognuna. Chiunque avrà la possibilità di creare una propria stanza dove avere i poteri di moderatore (poteri che potrebbero anche essere donati ad altri membri della stanza). Tre le differenti modalità con cui creare la nuova room: Open, Social e Closed. I nomi parlano chiaro perché si avrà la possibilità di aprire una stanza completamente pubblica dove tutti potranno entrare liberamente. Se invece si vorrà creare una stanza solo per pochi intimi ossia dove le persone potranno entrare solo ed esclusivamente se invitate si dovrà creare una stanza Closed e in questo caso la stanza non sarà visibile agli altri pubblicamente. E poi la Social che sarà invece visibile solo alle persone interconnesse tra di loro ossia quelle che ogni utente segue.

Le varie stanze vengono proposte sulla Home principale dell’applicazione in una sorta di lista verticale con in alto, fissati, gli appuntamenti della giornata per le stanze che sono state ”programmate”. E poi via via tutte le altre rooms già attive in quell’istante. Facile trovare quella più interessante visto che ogni stanza potrà menzionare il proprio topic, ossia l’argomento su cui basare la conversazione. Oltre a questo è presente in alto l’icona della lente che permetterà di fare una ricerca specifica per trovare gli utenti su Clubhouse o anche per le stanze su di un argomento specifico.

C’è poi anche la sezione degli inviti. Sì, perché come detto in apertura per il momento Clubhouse è un ”circolo per pochi eletti” che possono entrare solo se vengono invitati dagli altri già dentro. Ogni nuovo utente ha la possibilità di sfruttare 2 o 5 inviti personali da donare a chi meglio vuole. C’è anche la sezione ”Upcoming” ossia una pagina in cui l’app non fa altro che riepilogare tutte le stanze e le conversazioni in programma durante la giornata. Una sorta di agenda che permetterà di non perdere mai una conversazione di interesse. E infine la campanella che indica la sezione “Activity” ossia la vera sezione delle notifiche dove vengono menzionati all’utente tutti i nuovi follower ma anche tutte le conversazioni a cui lui stesso ha chiesto la notifica.

Privacy e sicurezza: più facile con la sola voce?

Quando si parla di Social non si può non pensare subito alla Privacy e alla sicurezza per gli utenti. In questo caso Clubhouse sembra partire avvantaggiata visto che l’esperienza vocale è più semplice da proteggere rispetto ad una piattaforma dove tutto viene scritto e reso visibile. Se l’utente è un mero ”ascoltatore” chiaramente l’applicazione lo lascia in muto e non interviene nell’attivare il suo microfono. Di fatto se l’ascoltatore diviene uno speaker tutte le conversazioni risultano criptate e si dissolvono nel momento in cui la stanza viene disattivata e quindi chiusa.

Chiaramente le regole sono quelle di un classico social. L’iscrizione avviene con il proprio nome e cognome e numero di telefono ed è possibile solo dopo aver compiuto 18 anni. In essa non sono consentiti “abusi, bullismo e molestie nei confronti di nessuna persona o gruppo”. Tutti possono segnalare queste situazioni. In questo caso seppure violenza e incitamento all’odio siano vietati, come detto, le eventuali infrazioni devono sempre passare da una segnalazione egli utenti. E visto che alla chiusura della stanza il social cancella gli audio, i tempi e i modi di una possibile indagine sono ristretti. Sarà dunque efficace effettuare una segnalazione in tempo reale durante la conversazione. Secondo il regolamento, nel caso in cui l’indagine interna desse esito positivo, la piattaforma prevede una serie di provvedimenti, che vanno dall’ammonimento alla sospensione, fino all’espulsione e alla segnalazione alle forze dell’ordine.

Clubhouse e il suo futuro

Tutto bello o forse non tutto. Se da una parte Clubhouse sembra aver catturato l’attenzione di tutti coloro ingordi di social network è altrettanto palese che ci sono dei limiti che al momento l’applicazione non risolve e che riguardano non solo cose pratiche come l’esistenza solo su iOS ma anche cose più legali come il GDPR. Da una parte infatti la nuova piattaforma è per ora disponibile solo sugli smartphone di Apple, come spesso accaduto anche con altre applicazioni in sviluppo. La volontà degli sviluppatori è chiaramente quella di ampliare l’accesso anche a coloro che sono in possesso di uno smartphone Android ma i tempi non sono ancora noti. Questo aspetto chiaramente taglia, e di molto, l’accesso alla maggior parte degli utenti che magari sono in possesso di un solo smartphone e per giunta Android.

Altro limite è senza dubbio quello degli inviti. Gli utenti che posseggono già un account e sono entrati in Clubhouse hanno a disposizione un numero fortemente limitato di inviti per altre persone. In questo caso 2 o al massimo 5. Tutto ciò comporta una limitazione forte per quanto concerne l’espansione del social in tempi in cui invece è proprio la velocità di diffusione che rende una piattaforma più o meno interessante per i nuovi digital.

Altro aspetto importante riguarda anche l’impossibilità, più o meno generica, di moderare “super partes” una stanza e i loro argomenti. Sì, il moderatore può togliere la parola ad uno speaker ma non c’è modo di evitare che vengano create delle rooms in cui magari si diffondono fake news o si discutono argomenti poco legali. È accaduto già che in alcune stanze create ad hoc si parlasse di attentati terroristici in cui sono uscite affermazioni poco veritiere o addirittura pericolose. Il piano per moderare meglio queste situazioni non è chiaro e questo potrebbe essere poco vantaggioso per l’intera piattaforma, una volta presa d’assalto.

E poi c’è anche la questione dei contatti. L’applicazione infatti, come altri social, non fa che chiedere in fase di registrazione di poter accedere alla rubrica completa presente nel proprio smartphone in modo da poter rendere più facile l’invio degli inviti ai propri amici o conoscenti o colleghi. A detta di esperti di cybersecurity, Clubhouse non rispetterebbe i requisiti del Regolamento europeo sulla privacy, il GDPR. Questo perché nella dichiarazione del social sulla protezione dei dati degli utenti non viene menzionata una spiegazione su dove finiscano i dati importati della rubrica.

Di fatto, almeno al momento, Clubhouse sembra essere più che una mera piattaforma social, un vero e proprio club di esperti digital, imprenditori, marketer, esperti tech e altri del settore che si incontrano, chiedono consigli, parlano delle loro esperienze e mettono sul tavolo delle rooms argomenti più o meno interessanti. C’è quel sapore di podcast ”live”, quella volontà di creare un evento a cui partecipare ma da smartphone e c’è anche quell’essenza di nuovo che poi tanto nuovo forse non è.

Per ora però sembra funzionare: l’app si ascolta bene, il sistema è fluido e tutti sembrano essere davvero contenti di poter parlare con altri anche a distanza di chilometri e non davanti ad una classica videocamera del proprio computer.

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Smartphone

Samsung Galaxy S21 Ultra 5G vs iPhone 12 Pro Max

La storica battaglia tra Apple e Samsung nel settore smartphone si è spostata in ambito fotografico, come dimostrano i modelli usciti nel 2020: le differenze tra schermo, prestazioni e qualità costruttiva stanno diventando sempre più trascurabili. Persino iOS e Android, i sistemi operativi adottati dalle due aziende, condividono ormai buona parte delle funzionalità. Per questo abbiamo deciso di confrontare iPhone 12 Pro Max e Galaxy S21 Ultra proprio sulle rispettive capacità nello scatto delle fotografie e nella registrazione dei video.

Non ha senso decretare un vincitore, quanto piuttosto individuare gli utilizzi in cui l’iPhone è superiore al Galaxy e viceversa. Lo smartphone Apple, per esempio, riesce ad avere una marcia in più nello scatto dei selfie, nella registrazione dei video e nelle fotografie in notturna. Il modello di Samsung invece ha uno zoom migliore, realizza foto in diurna superiori e vanta un software per la parte fotografica decisamente più ricco del rivale.

Una configurazione simile ma con qualche differenza

Entrambi vantano tre fotocamere posteriori. Per quanto riguarda il Galaxy S21, donano una meravigliosa versatilità di utilizzo a questo smartphone: si vuole ritrarre un monumento senza allontanarsi troppo? C’è il sensore grandangolare da 12 Megapixel; il piccolo scoiattolo che ci viene a trovare sul ramo di un albero nel nostro giardino merita una fotografia? Basta utilizzare lo zoom da 64 Megapixel (fino a 3X), così da immortalarlo da lontano senza spaventarlo; e poi c’è il sensore principale da 12 Megapixel, in grado di tirar fuori una grande quantità di dettagli dalle immagini.

Discorso analogo per iPhone 12 Pro, con una differenza sostanziale. Tutti e tre i sensori posteriori (principale, grandangolo e teleobiettivo per lo zoom) sono da 12 Megapixel. Torna dunque in auge la “battaglia dei Megapixel”, su cui è bene fare alcune precisazioni.

La tendenza ormai dominante è quella di aumentare di generazione in generazione la quantità di Megapixel dei sensori delle fotocamere degli smartphone. Chiariamo subito un aspetto: il pixel è un unità di misura che indica quanti puntini di colore ci sono a formare un’immagine. Un Megapixel indica dunque un milione di pixel. Com’è ovvio lo spazio nei telefoni è molto risicato e dunque l’aumento dei Megapixel in un sensore riduce inevitabilmente la dimensioni di ogni singolo pixel. Ecco perché un sensore da 64 Megapixel non è necessariamente migliore di uno da 12 Megapixel.

Più i pixel sono piccoli infatti, più è facile che si creino artefatti video come rumore digitale e aberrazioni. Il sensore in sé per sé, ovvero la componente che trasforma la luce in impulsi elettrici, rimane l’elemento da prendere maggiormente in considerazione. Potete immaginarlo come una griglia di pixel, ognuno dei quali assorbe una determinata quantità di luce che viene poi elaborata per essere riprodotta nell’immagine. Ciò significa che più è grande il sensore, maggiore è la quantità di luce che riesce ad assorbire e migliore è la qualità della foto (e la differenza si vede specialmente in condizioni di scarsa luminosità). E questo è indipendente dal numero di Megapixel.

Infine, influisce moltissimo la stabilizzazione: ne esistono due tipi di stabilizzazione, quella elettronica (EIS, Electronic Image Stabilization) e quella ottica (OIS, Optical Image Stabilization). La prima, attraverso un piccolo zoom, elimina la parte più esterna dell’immagine, compensando i micromovimenti in maniera totalmente digitale. La stabilizzazione ottica è invece più precisa. Un meccanismo bilancia movimenti anche più ampi del tremolio e permette di non perdere alcun dettaglio dell’immagine. Torna utile dunque sia per le foto che per i video. iPhone 12 Pro e Galaxy S21 possono contare su sensori (principale e teleobiettivo per lo zoom) stabilizzati otticamente.

I selfie

Partiamo dai selfie, ormai un vero e proprio fenomeno di costume che non accenna a placarsi, in assoluto tra gli scatti più diffusi sui social network. Come detto in apertura iPhone 12 Pro vince a mani basse in questo caso e il merito è certamente dei sensori che principalmente servono a far funzionare il Face ID, ovvero il riconoscimento facciale. Questi infatti affiancano la fotocamera anteriore da 12 Megapixel anche nelle fotografie e svolgono un ruolo chiave per gli autoscatti: consentono allo smartphone di stabilire la posizione precisa del soggetto (il volto in questo caso) e questo permette, ad esempio, di realizzare immagini in modalità ritratto (soggetto a fuoco e sfondo sfocato) particolarmente convincenti.

In questo caso la differenza tra iPhone 12 Pro (galleria fotografica soprastante) e Galaxy S21 (galleria fotografica sottostante) è netta, specie in notturna con poca luce. La capacità dello smartphone Apple di catturare i dettagli, isolare il viso rispetto all’ambiente circostante, riprodurre il colore della pelle con tonalità vicine a quella naturale è superiore rispetto a quella del dispositivo Samsung, che comunque lavora bene.

Lo zoom

Il Galaxy S21 può ingrandire la scena fino a tre volte, mentre iPhone 12 Pro fino a due volte. In entrambi i casi si tratta di uno zoom ottico, ovvero in grado di avvicinare fisicamente il soggetto dell’immagine utilizzando elementi meccanici per accorciare o allungare la lunghezza focale. Questa tipologia di zoom, almeno sulla carta, dovrebbe mantenere intatta la qualità della fotografia, senza farle perdere dettaglio. È esattamente così per tutti e due i modelli, ma quello Samsung riesce a offrire una qualità complessivamente maggiore.

Questo è evidente negli scatti che abbiamo realizzato, tanto in diurna quanto in notturna. Nelle due gallerie (soprastante iPhone 12 Pro, sottostante Galaxy S21)  le prime due immagini sono realizzate con lo zoom ottico ed è netto il miglior mantenimento dei dettagli nello smartphone Samsung. Il terzo scatto invece è stato immortalato dallo zoom digitale, che ingrandisce l’immagine utilizzando un software. Con questa tecnologia l’S21 può spingersi fino a 30X, mentre la creatura Apple si ferma ai 12X.

Le fotografie in notturna

La modalità notte, ovvero la funzionalità studiata appositamente per scattare con poca luce, è presente ormai anche sugli smartphone di fascia bassa. La logica di funzionamento può essere differente a seconda dei modelli ma, nel caso di iPhone 12 Pro e Galaxy S21, è perfettamente identica e dunque facilmente confrontabile. Gli algoritmi di intelligenza artificiale capiscono automaticamente quando è il caso di attivarla e, a quel punto, entrambi i dispositivi aumentano l’esposizione: il diaframma dell’obiettivo rimane aperto per quale secondo catturando la maggior quantità di luce possibile; la fotocamera scatta una serie di immagini a diverse esposizioni in maniera simile a quanto già viene fatto con la modalità HDR, consentendo al telefono di estrarre da ciascuna di esse le parti migliori della scena e poi combinarle insieme in un unico scatto.

La foto che ne risulterà sarà un’immagine prodotta dagli algoritmi di Apple e Samsung che regolano il colore, eliminano il rumore e migliorano la resa del fotogramma per offrire uno scatto carico di dettagli che sarebbero impossibili da catturare dalla modalità di scatto classica nelle medesime condizioni di luce. Tutto questo avviene in pochi secondi e in maniera totalmente automatica. La difficoltà per gli smartphone, al buio, è quella di riuscire a illuminare la scena mantenendo il più possibile inalterati i colori. In tal senso iPhone 12 Pro (galleria fotografica soprastante) ha certamente una marcia in più rispetto a Galaxy S21 (galleria fotografica sottostante).

Le fotografie in diurna

Qui il livello si alza tantissimo. Le differenze nelle fotografie di giorno sono davvero minime: entrambi riescono a catturare un’enorme quantità di dettagli e, prendendo un po’ la mano, è possibile ottenere delle eccellenti immagini. In questo caso però riteniamo leggermente superiore il Galaxy S21 grazie soprattutto alla resa del sensore grandangolare e a una migliore gestione dei colori, che appaiono un po’ più naturali. La prima galleria fotografica è con iPhone 12 Pro, la seconda con Samsung.

Come già detto però si tratta davvero di inezie. Entrambi realizzano immagini di primissimo livello di giorno.

La registrazione dei video

Un aspetto su cui iPhone, storicamente, ha sempre avuto una marcia in più. Anche in quest’ambito Apple ha scelto un approccio molto concreto: la risoluzione massima dei video è il 4K a 60 fps (frame per secondo); le modalità di registrazione sono fondamentalmente tre e dunque, oltre alla classica, c’è a disposizione lo slow-motion (video rallentato) e il time-lapse (video accelerato). Tutto qui, niente di più. La qualità complessiva però, allo stato attuale, non ha eguali sul mercato per fluidità, stabilizzazione e dettagli catturati, tanto in diurna quanto in notturna.

Galaxy S21, come buona parte degli Android top di gamma, offre la possibilità di registrare video in 8K che però, in questo momento, rappresentano più una trovata marketing che altro. Del resto gli schermi su cui potersi godere un video in 8K sono molto costosi e poco diffusi. I filmati dello smartphone Samsung sono comunque di buon livello, ci sono una serie di funzionalità aggiuntive (che vedremo  in seguito) ma rimangono un passo indietro rispetto ad iPhone 12 Pro.

Le funzionalità software

Qui non c’è storia e gli iPhone necessiterebbero di una piccola rivoluzione. Se da una parte la semplicità dell’interfaccia fotografica è uno degli elementi cardine dell’esperienza utente degli smartphone Apple, dall’altra parte le molte funzionalità offerte da Android rappresentano oggi un plus non da poco. iPhone 12 Pro permette di scattare fotografie in modalità standard, ritratto e panorama, mentre per i video ne abbiamo parlato nel paragrafo precedente. Pensate, Galaxy S21 offre solo per i filmati ben 7 modalità: video, video verticale (per le Stories di Instagram), video pro, super slow-motion, rallentatore, hyperlaps e vista da regista.

Tutto questo senza contare le diverse modalità per scattare fotografie. Samsung ha peraltro rivisto l’interfaccia di Android, rendendola comunque semplice e intuitiva nonostante le molte funzionalità. Da questo punto di vista non c’è partita e l’offerta dell’azienda sudcoreana è nettamente superiore.

Software

Microsoft, in arrivo Office 2021: quali sono le novità?

È dal 2019 che si attende un aggiornamento di Office, la suite per la produttività di Microsoft nata nel 1990. Da una parte infatti c’è Microsoft 365, tutta una serie di app tra cui Word, Excel e Power Point che girano sul cloud e sono in abbonamento, dall’altra c’è Office propriamente detto, quello che usiamo da ben 31 anni ed è una copia fisica che gira sul computer anche senza connessione.

Quest’ultima che dopo la release del 2019 si rinnova sia su Mac che PC ma senza cambiare formula: si acquista con il classico sistema delle licenze e senza alcun abbonamento.

Office 2021 è pronto, arriverà entro fine anno su PC e Mac e non sarà in cloud

Un’altra novità è Ltsc per le imprese

Ancora non sono state svelate le novità di Office 2021 ma Microsoft ha raccontato qualcosa di più di Office Ltsc, la variante dedicata alle imprese. L’acronimo sta per Long-Term Servicing Channel, sappiamo che sarà supportata per 5 anni (contro i sette canonici di Office) ed è pensata per quei dispositivi che per motivi di sicurezza o per il luogo in cui si trovano non hanno accesso alla Rete.

Sappiamo che Ltsc avrà alcuni miglioramenti in termini di accessibilità, capacità come Dynamic Arrays e Xlookup in Excel oltre a una caratteristica di sicuro interesse: la modalità scura. Come già visto sugli smartphone e in diversi software, grazie a un tasto il programma virerà i colori mostrati passando a uno schermo nero. Nel caso di un file testuale, per esempio, la pagina diventerà scura e il testo bianco. Per il resto Microsoft mantiene il massimo riserbo ma tanto c’è tempo per conoscere le altre novità visto. Sia Office Ltsc che Office 2021 sono previsti per la seconda metà del 2021 con il primo che avrà anche una preview in aprile.

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Formazione

Riconoscere il testo da un’immagine

Le fotocamere integrate dei nostri smartphone non si limitano a riprendere immagini o video, ma possono funzionare come veri e propri scanner, in grado di digitalizzare qualsiasi documento cartaceo e individuarne e salvarne ii contenuto testuale come file di Word. In realtà i sistemi OCR (acronimo di Optical Character Recognition), cioè riconoscimento ottico dei caratteri) esistono da anni.

Risultato immagini per Riconoscere il testo da un'immagine

Solo che fino a qualche tempo fa bisognava prima scansire il documento da catturare con uno scanner e quindi usare un software di riconoscimento ottico per convertire in testo. Oggi tutto questo può essere svolto in maniera automatica dalla fotocamera dello smartphone in combinazione con app che identificano e convertono i testi.

Addirittura ci sono app, come Google Traduttore, che funzionano in tempo reale traducendo i testi presenti su insegne o cartelli non appena vengono inquadrati dalla fotocamera. Si tratta di una possibilità estremamente utile soprattutto per chi si trova in nazioni con alfabeti diversi dal nostro come i paesi arabi, la Cina, il Giappone o la Russia.

Elaborazione remota

Per poter riconoscere il testo presente in un’immagine servono programmi
e computer particolarmente potenti che difficilmente potrebbero essere integrati in uno smartphone. II problema viene perciò risolto risalendo alla
“fonte”, cioè facendo convertire i testi presenti nelle immagini dai potenti computer presenti nei server di Google, Microsoft e più in generale di chi gestisce il servizio. Le immagini saranno caricate online automaticamente, elaborate in remoto e quindi scaricate, ii tutto in qualche secondo. L’unico limite è la necessità di avere una connessione Internet ovunque ci troviamo e quindi anche nei paesi dove magari abbiamo a disposizione una connessione con traffico dati limitato.

Risultato immagini per Google Lens

L’app di Google per individuare e catturare il testo presente nelle immagini è Google Lens che può essere scaricata direttamente dagli store di Android e iOS. Se per fotografare usiamo Google Fotocamera troveremo Lens già integrata all’interno dell’app, dovremo solamente selezionarla tra le funzioni disponibili. Google Lens si trova anche integrata in Google Keep, l’app per prendere appunti di Google che permette di salvare note e cose da fare.

Risultato immagini per microsoft Lens

Anche Microsoft mette a disposizione negli store di Android e iOS l’app Microsoft Office Lens che e in grado di riconoscere sia il testo stampato che quello scritto a mano e di salvarlo in automatico come documento di Word, PowerPoint o come PDF. lnoltre permette di salvare ii documento anche nel cloud di OneDrive. Naturalmente dovremo avere installato ii pacchetto Office che e disponibile gratuitamente sia per i dispositivi Android che per quelli iOS.

Sistemi

Controllare un pc da remoto… gratis!

Il browser di Google, Chrome, può trasformarsi in un client e un server per l’accesso remoto: si tratta di una funzionalità poco nota (peraltro anche poco “pubblicizzata”) che permette di amministrare da qualsiasi luogo ogni tipo di dispositivo.
Per gestire un dispositivo tramite Internet è sufficiente il solo Chrome mentre per renderlo accessibile da remoto è necessario installare un’apposita estensione sviluppata e aggiornata da Google.

Chrome Remote Desktop è migliorata molto nel corso del tempo e consente di impostare una connessione remota su qualunque tipo di sistema, anche con una configurazione non presidiata. In altre parole Chrome Remote Desktop può essere impostato per lasciare che sia l’utente ad autorizzare ciascuna richiesta di connessione in ingresso oppure fare in modo che sia possibile collegarsi al sistema in qualsiasi momento, digitando un codice PIN.

La soluzione per il controllo remoto proposta da Google consente, una volta stabilita la sessione di accesso remoto, di ridurre a icona Chrome e di utilizzare liberamente il sistema avviando e chiudendo qualunque programma in esecuzione.

Come configurare accesso remoto con Chrome Remote Desktop

Per impostare il desktop remoto di Google è sufficiente assicurarsi di aver installato l’ultima versione di Chrome quindi portarsi in questa pagina.

Alla comparsa della schermata in figura, sul dispositivo che dovrà essere amministrato in modalità remota, si dovrà fare clic sulla freccia in corrispondenza di Ricevi assistenza e installare l’estensione Chrome Remote Desktop.

chrome remote desktop


Dopo aver fatto clic su Accetta e Installa sarà necessario acconsentire all’installazione di un componente software aggiuntivo esterno a Google Chrome e indispensabile per condividere la sessione nella sua interezza.

chrome remote desktop


Alla comparsa del messaggio “Vuoi consentire a Chrome Remote Desktop di aprire…” si dovrà rispondere affermativamente ed avviare il file eseguibile.

L’icona dell’estensione Chrome Remote Desktop viene mostrata a destra della barra degli indirizzi del browser: basterà cliccarla per accedere rapidamente alla pagina che consente di accettare richieste di connessione o fornire assistenza a terzi.

Al termine dell’installazione, per consentire l’accesso remoto, è quindi sufficiente cliccare su Genera codice in corrispondenza del riquadro Ricevi assistenza per produrre un codice da comunicare, attraverso il mezzo che si riterrà più opportuno (ad esempio per via telefonica oppure mediante software di messaggistica), a chi dovrà fornire supporto.

chrome remote desktop


Per controllare il computer remoto è adesso possibile portarsi sull’altra macchina, visitare questa pagina da Google Chrome, cliccare sul riquadro Dai assistenza e inserire il codice di 12 cifre generato in precedenza.

chrome remote desktop


A questo punto sul PC remoto comparirà il messaggio “Vuoi consentire a (…) di visualizzare e controllare il tuo computer“? Cliccando su Condividi, la sessione di lavoro sarà condivisa e controllabile a distanza.

chrome remote desktop


Sulla destra, sul PC utilizzato da chi fornisce supporto, compariranno una serie di controlli per gestire l’accesso remoto.
Cliccando su Abilita la sincronizzazione degli appunti è possibile fare in modo che i dati copiati negli appunti (CTRL+C) possano essere incollati anche sul computer remoto amministrato attraverso Chrome Remote Desktop (CTRL+V).

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Connessioni desktop remote senza la necessità di autorizzazione preventiva

Se si prevedesse di usare lo stesso account Google per amministrare più dispositivi, sul dispositivo da amministrare, collegandosi da Chrome con questa pagina, è possibile impostare una password (o meglio un codice PIN composto da almeno 6 cifre) per abilitare connessioni remote non presidiate.

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Cliccando su Attiva in corrispondenza di Configura l’accesso remoto, verrà richiesto di assegnare un nome al PC da amministrare e impostare un codice PIN di protezione.

chrome remote desktop


Una volta configurato l’accesso remoto, sul PC usato per amministrare l’altro sistema, il dispositivo risulterà online.


Basterà farvi clic da Chrome per avviare una sessione di accesso remoto previo inserimento del PIN corretto. L’utilizzo del PIN per attivare sessioni remote potrà essere bloccato in qualunque momento cliccando sulla piccola icona raffigurante un cestino.

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Sicurezza informatica

PostePay: attenzione alla finta email che sottrae dati e soldi

Gli hacker hanno preso nuovamente nel mirino gli utenti che utilizzano una PostePay, la carta ricaricabile prepagata di Poste Italiane. Una finta email inviata da malintenzionati che si celano dietro al nome di PostePay tenta di sottrarre dati e soldi agli utenti ignari del rischio.

Si tratta di una grossa campagna di attacchi di phishing, con i cyber criminali che avrebbero già mietuto diverse vittime. La finta email di PostePay gira ormai da diverse settimane e minaccia gli utenti di non poter più utilizzare la carta prepagata di Poste Italiane se non accetteranno le modifiche al loro servizio PosteID abilitato per l’identità digitale SPID. Ovviamente, si tratta solo di un raggiro, ma la presenza dei loghi dell’azienda ha fatto sì che in molti vi cascassero. Ecco allora alcuni consigli per difendersi da questi attacchi di phishing e tenere al sicuro i propri dati e il proprio conto corrente.

PostePay, la finta email per sottrarre i dati

Risultato immagini per phishing

Da alcune settimane viene segnalata la circolazione di una finta email di Poste Italiane, in particolare che si rivolge a chi possiede una PostePay.
Il contenuto della mail sostiene che se non si clicca sul link presente e si inseriscono i propri dati, si perderà la possibilità di utilizzare la propria carta prepagata. Ecco il testo della finta email da cui difendersi:

“Gentile Cliente,

Ti comunichiamo la modifica delle Condizioni Generali del Servizio di Identità Digitale “PosteID abilitato a SPID” nella nuova versione.

Cosa cambia per te?

Il servizio base, cosi come descritto nelle Condizioni Generali del Servizio, è gratuito per le persone fisiche. Non ci sono modifiche per quanto riguarda le funzionalità e l’utilizzo dell’Identità Digitale.

Eventuali future modifiche alle Condizione Generali del Servizio saranno rese note ai Titolari, con congruo anticipo, tramite apposita informativa sul Sito o in Bacheca o con ulteriori canali o modalità che Poste ritenesse di adottare.

RICORDA CHE,

Non puoi più utilizzare la tua carta PostePay se non accetterai le modifiche contrattuali. Inoltre abbiamo bisogno della tua collaborazione, dovrai aggiornare le informazioni del tuo profilo online entro 48 dalla ricezione di questa comunicazione”.

Phishing, i consigli di Poste Italiane per difendersi

Dopo le diverse campagne di phishing che hanno preso di mira i clienti di Poste Italiane, la società ha realizzato una apposita pagina web “Come difendersi dalle truffe online e in app” pubblicata sul proprio sito web.
Il rischio più grande, spiegano, è quella di vedersi sottrarre i propri dati personali, che potrebbero essere utilizzati per svuotare il conto corrente o, in questo caso, le carte PostePay.

Risultato immagini per phishing

Gli utenti devono sapere che Poste Italiane e PostePay non chiedono mai i dati riservati né via email, sms, chat di social network e operatori di call center. Se qualcuno chiede queste informazioni, potrebbe trattarsi di un tentativo di frode e non bisogna mai rivelarli. Per questo motivo, è bene non cliccare mai sui link sospetti in email e SMS, e controllare sempre l’attendibilità del messaggio: verificare se il mittente è un indirizzo o un numero ufficiale, se ci sono errori di ortografia e in caso di presenza di allegati, non bisogna mai aprirli. Chi ricevesse la finta email di PostePay potrà segnalare il tentativo di frode all’indirizzo [email protected]. Poi, cestinare la email e cancellarla dal cestino.

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